Trump saluta gli accordi di Parigi

Donald Trump Donald Trump M. Ravagli
Il Presidente americano Donald Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall'accordo di Parigi sul clima.
 
"Gli Stati Uniti cominceranno a negoziare un nuovo accordo sul clima", ha detto Trump. "Vogliamo un accordo che sia giusto. Se ci riusciremo benissimo, altrimenti pazienza", ha aggiunto. "Gli Usa non onoreranno più le parti non vincolanti dell'accordo di Parigi a partire da oggi".
 
"Gli Stati Uniti si ritireranno dall'accordo di Parigi, ma avvieranno trattative per rientrare nell'accordo o per farne uno interamente nuovo che abbia i termini giusti per gli Stati Uniti, le aziende, i lavoratori e i contribuenti", ha affermato Trump, definendo l'accordo di Parigi "negativo" per gli americani. "Non posso in buona coscienza sostenere un accordo che punisce gli Stati Uniti, che è quello che l'accordo di Parigi fa".
 
Gli Usa smetteranno quindi immediatamente di contribuire al 'Green Climate Fund' delle Nazioni Unite.
Il Presidente ha però “assicurato che gli Stati Uniti saranno amici dell'ambiente”, ma senza danneggiare l'occupazione. Trump, impegnandosi a lavorare da subito con i democratici per l'avvio di nuove trattative sul clima, ha precisato che l'accordo sul clima di Parigi costerebbe agli Stati Uniti posti di lavoro che "non possiamo permetterci di perdere".
 
I partner europei hanno comunicato immediatamente il loro rammarico, fermi però sul rifiuto di rinegoziare gli accordi al ribasso.
 
Diverse le previsioni di esperti e opinionisti: dall’imminente isolamento anche economico degli USA, ad un più stretto rapporto tra Europa e Cina, passando per una “fuga” delle multinazionali verdi statunitensi, vittime da domani di un ritorno al passato in termini di investimenti energetici, per finire all’inutilità in termini occupazionali di questa manovra di Trump, che sembra abbia l’odore dell’ennesimo tentativo di cancellare l’eredità Obama (oltre che di enorme favore alle lobby del carbone).
 
 
Gli Stati Uniti sono il secondo produttore mondiale di gas serra, con il 15% delle emissioni globali (dati 2015). Il primo produttore è la Cina, con il 29%. Nel 2015 le emissioni cinesi sono calate dello 0,7% e nel 2016 di un altro 0,5%. Nei dieci anni precedenti, la produzione di gas climalteranti cinesi aumentavano in media del 5% ogni anno. Il calo è dovuto alla chiusura di centrali a carbone e all'apertura di centrali nucleari, rinnovabili e a gas. La Cina, priva di petrolio e avvelenata dal carbone, ha convenienza a puntare su eolico e fotovoltaico e sta investendo in questi settori in modo massiccio. Gli Usa nel 2015 avevano tagliato le emissioni del 2,6% e nel 2016 dell'1,7%, grazie a notevoli investimenti sulle rinnovabili, favoriti dall'amministrazione Obama. Il terzo produttore mondiale di gas serra è l'Unione europea, con il 10%. Negli ultimi vent'anni le sue emissioni sono scese costantemente, grazie al ruolo delle rinnovabili, ma nel 2015 sono salite dell'1,4%. I problemi vengono dall'India, che contribuisce per il 6,3% alle emissioni globali e nel 2015 ha aumentato la sua produzione di gas serra del 5,2%. La scelta di Trump potrebbe infine spingere anche New Delhi a rallentare il suo impegno nella riduzione delle emissioni.
Giovanni Currado

Responsabile editoriale dell'agenzia Agr Srl.
Giornalista e fotografo, autore di diversi reportages in Asia e Africa. Responsabile dello studio dell'immenso archivio fotografico Riccardi e curatore della collana "Fotografici" per Armando Editore.

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