AlUla: l’oasi con 7000 anni di storia

Un meraviglioso viaggio in un luogo che vanta un patrimonio umano e culturale di 7000 anni, durante il quale il pubblico si immegerà in un oceano di colori, tradizioni e storia.
Un mondo magico in cui convivono paesaggi straordinari, la regione di AlUla offre uno spettacolo raro, dal verde intenso dell’oasi all’ocra della sabbia, dal rosso dei canyon di arenaria ai toni neri delle rocce vulcaniche, che ospita anche numerose e meravigliose tracce di generazioni di uomini e donne attratte dalle ricchezze di una delle valli più fertili d’Europa.
L’esposizione è un frutto della collaborazione tra due istituzioni culturali, l’Istituto del mondo arabo e la Commissione Reale per AlUla, e celebra il lungo matrimonio scientifico tra i due paesi attraverso un commissionato franco-saudita che riunisce due attori principali di quest’avventura, l’archeologa Laila Nehmé, specializzata nel Medio-Oriente e codirettrice della missione archeologica di Madâin Sâlih, e Abdulrahman Alsuhaibani, professore d’archeologia all’università di King Saud.
Ad AlUla, molte civiltà e società si sono avvicendate: popoli neolitici, regni di Dadan e Lihyén, civiltà nabatea, Impero Romano, Omayyadi e Abbasidi, Ottomani ... Le loro vestigia sono state miracolosamente conservate per arrivare fino a noi in uno stato di conservazione eccezionale.
Come eccezionali sono state le guide in questo viaggio nel passato, durante la presentazione alla stampa della mostra. I due commissari hanno spiegato il loro lavoro e come hanno concepito questa “sintesi” di quasi venti anni di ricerche. La prima parte dell’esposizione è più immersiva, per permettere al pubblico di entrare nell’atmosfera di questo luogo grazie a dei dispositivi digitali, sonori e sensoriali, a immense foto aeree e a dei video inediti realizzati in esclusiva da Yann Arthus-Bertrand.
La seconda sezione è un po’ più classica e presenta reperti archeologici, statue monumentali, colonne, oggetti della vita quotidiana, manufatti, addobbi funebri...Un’animazione permette di assistere a una cerimonia funebre nabatea in una delle famose tombe di Hegra.
La co-commissaria Laila Nehmé ha spiegato come «a causa alla secchezza del clima, gli oggetti contenuti nell’oscurità delle tombe si sono conservati molto bene: tessuti, legno, capelli, pelle umana e di animali ... Questo ci ha permesso di ricostruire l’intero rituale funerario nabateo».
La regione di AlUla ha prosperato fin dall’antichità grazie alla fertilità della sua oasi alla sua posizione di crocevia lungo le tratte delle carovane che attraversavano l’Arabia.
«Un’altra sorpresa, ha aggiunto Laila Nehmé , è stata la scoperta di testimonianze della presenza romana. Era noto da tempo che la regione di Hijaz era stata molto probabilmente integrata all’Impero Romano, ma mancavano le testimonianze. Oggi abbiamo la certezza e finalmente le prove tangibili della presenza di un accampamento romano, grazie al ritrovamento di suppelettili appartenenti ai legionari e ad alcune iscrizioni in latino».
Poco dopo i romani, nel periodo omayyade, una terza oasi, Al-Mabiyat, prende il posto dei due siti antichi di Dadan e Hegra. Aramaico, dadanitico, nabateo, greco, latino, arabo: tante lingue e alfabeti che si avvicendano e mescolano per secoli sulle straordinarie montagne di arenaria. In seguito, la strada dell’incenso diventa quella del pellegrinaggio alla Mecca. AlUla ha visto un susseguirsi di lingue e alfabeti. La mostra presenta per la prima volta un’iscrizione datata 280 d.C., un vero collegamento mancante tra l’alfabeto nabateo e l’alfabeto arabo, una testimonianza unica della nascita della lingua araba.
Nei prossimi mesi il sito archeologico di AlUla dovrebbe essere aperto ai visitatori di tutto il mondo. «La Commissione Reale per AlUla è stata creata sia per sviluppare la regione che per preservare il suo patrimonio, dichiara Abdulrahman Alsuhaibani. Uno dei periodi più importanti è quello dei regni Dadanita e Lihyanita, rappresentati in diversi siti come quelli di Dadan e di Jabel Ikmah. La Commissione intende quindi lavorare allo sviluppo di questi siti e raddoppiare gli sforzi per svelare i misteri che ancora li circondano».
