Conversazione con il Maestro Paolo Terdich

Quest’ultima si ricollega a uno dei filoni tematici dell’intera esposizione, quello del viaggio inteso metaforicamente come superamento oltre l’umano e scoperta di un terreno identitario diverso che va abbracciato e accettato. Illuminante a tal proposito la “Poetica della Relazione” o la “Filosofia della Relazione” dell’intellettuale martinicano Edouard Glissant, dove ogni viaggio equivale a migrare verso nuove identità e riscoperti rapporti. Così l’acqua, per Paolo Terdich, è funzionale alla «morte dell’immagine, con la sua scomposizione e alterazione», come scritto da Stefania Pieralice, e ancora i «nuotatori sott’acqua sono testimoni della loro dissoluzione, dove la consistenza si spezza e si disintegra, dove l’identità annega».
L’appuntamento, ad ingresso libero, è presso il Giardino Bianco Art Space in via G. Garibaldi 1814, in zona Castello (Venezia).
Abbiamo avuto l’occasione di intervistare il Maestro per comprendere maggiormente la sua ricerca.
Quale significato attribuisce all’acqua, presente in molte sue opere?
Ho iniziato a dedicarmi alla composizione di soggetti nell’acqua da circa diciassette anni, per combinare una rappresentazione realistica della figura con l’effetto del mezzo, che con la sua fluidità, le sue rifrazioni, trasfigura i contorni dei personaggi rappresentati. Con la rappresentazione dell’acqua e i suoi giochi di luce, che genera schemi insoliti, distorti e complessi, alterando la percezione delle immagini quotidiane, cerco di rendere la composizione complessiva meno definita, più misteriosa, talvolta quasi surreale, metafisica. In questi lavori faccio leva sulla mia espressività per realizzare, mediante il visibile, l’esperienza dell’invisibile. Mi cimento così, con composizione piuttosto complesse in una delle sfide più difficili per un pittore: la resa dell'acqua, il racconto dello scintillio della luce su una superficie perennemente in movimento. L’acqua, protagonista principale della narrazione, si fonda con la figura umana, vestendola di nuova vita. Immersa nel liquido trasparente, la cui componente simbolica affonda le radici nella sacralità del battesimo, della purificazione, della rinascita, della trasformazione, della riflessione, la figura umana si perde in essa lasciando che l'acqua ne alteri i contorni. Le mie trasparenze esplorano le possibilità della percezione del reale e il campo del visibile diventa così lo spazio della visione e del colore. L’acqua diviene quindi contenitore di luce, territorio di visione, narrazione misteriosa di nodi interiori.
Guardando la sua produzione l’opera Acqua 43 ha una prospettiva, nel soggetto raffigurato, diversa rispetto a tutte le altre, ne può parlare?
Nell’ambito della serie Acqua, quest’opera è piuttosto singolare e la sua peculiarità risiede nel taglio fotografico particolare che la contraddistingue. La figura è rappresentata solo parzialmente, in obliquo e in primo piano, diventando un elemento fortemente caratterizzato e non facilmente definibile ad un primo colpo d’occhio. Tale composizione e la sua integrazione con il mezzo che lo contiene, vuole trasmettere un senso di confinamento positivo, di protezione, in un'atmosfera serena e di libertà, in assenza di peso. Lo sfondo fornisce dinamismo alla composizione, con la figura che si rispecchia, frammentata sulla superficie dell’acqua. Il quadro invita a “riflettere” sul fatto (rappresentato dal soggetto in primo piano) che veniamo spesso compresi solo parzialmente e che abbiamo una parte profonda più complessa, talvolta oscura, di non immediata comprensione (lo sfondo con le sue frammentazioni, rifrazioni e dinamismo). Non ultima, la posizione quasi fetale del soggetto ritratto richiama al simbolismo dell’acqua come elemento di nascita primordiale, di ricerca di luce, verso una dimensione di conoscenza della verità o dell’insondabile. Ritengo che quest’opera rappresenti un punto d'arrivo importante nella mia poetica, in cui, sparita la fedeltà al modello, tutto diviene più fluido e immaginifico.
Che tecnica utilizza per raggiungere gli effetti iperrealistici delle sue opere?
Come medium, utilizzo in prevalenza l’olio, come supporto, la tela. Nel caso delle nature morte e dei ritratti, spesso adopero una tela a trama più fine, per una migliore resa dei dettagli, e per i lavori con l’acqua a volte utilizzo l’acrilico per rafforzare l’effetto di trasparenza, di rifrazione e di profondità. Le figure che vi sono immerse sono realizzate ad olio, per evidenziare i valori tonali, i riflessi e gli effetti di luce sulla pelle. In genere lavoro per velature sovrapposte per una migliora resa della trasparenza.
Il colore blu, protagonista dell’opera in diversi toni e sfumature, ha una particolare funzione simbolica per lei?
Premesso che ho una naturale predilezione per il colore blu, nelle sue molteplici varianti e sfumature, in effetti, utilizzo in prevalenza tale colore, soprattutto per la serie Acqua, per il suo valore simbolico di tranquillità e armonia. Le velature, sovrapposte in tonalità diverse, generano trasparenze che sembrano esplorare le possibilità della percezione del reale. Il campo del visibile diventa così lo spazio della visione e del colore. Anche nella realizzazione delle nature morte, è presente il blu, che, a mio parere contribuisce a generare un sostanziale equilibrio emotivo e a trasmettere sensazioni di quiete e serenità. L’impiego del blu, delle sue trasparenze, della luce tagliente, pura, scultorea, forniscono un dinamismo ad opere di per se statiche, che si trasformano così in presenze metafisiche, emblemi di uno stato d’animo.
Il titolo dell’esposizione del Padiglione Nazionale Grenada è “An Unknown that Does Not Terrify”. A tal proposito Lei, avendo vissuto all’estero per diversi anni, che approccio adotta nella relazione con le altre culture?
Ho avuto l’opportunità di vivere all’estero in Paesi molto diversi fra loro (dal Nord Europa all’Africa) per una quindicina d’anni, potendomi così confrontare con culture profondamente differenti dalla nostra. Ho cercato, per quanto possibile, di comprendere le culture e gli usi dei Paesi in cui ho vissuto, integrandomi con le persone del luogo. Ho potuto così confrontarmi con artisti che utilizzano un linguaggio pittorico molto differente dal mio, arricchendo il mio bagaglio artistico. Queste esperienze hanno, a vario grado, permesso di ampliare e raffinare lo spettro della mia sensibilità artistica, pur mantenendo fede ad una personale linea artistica ben definita. Ritengo che queste occasioni di incontro potranno avere un maggior impatto, in termini di espressione ed esecuzione pittorica, soprattutto in un nuovo progetto (di interesse biografico) a cui sto incominciando a lavorare, focalizzato sulle tensioni e i tormenti delle popolazioni costrette ad abbandonare le proprie terre. Nel lavoro che realizzerò, prevedo di utilizzare un approccio tecnico nuovo per me, distaccandomi dalla rappresentazione fedele del reale, pur ricercando una sfida tecnica nell’esecuzione delle opere.
Intervista a cura di Erminia Proietti
Alessandro Poggiani
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