Dal 23 giugno tre mostre alla Galleria d’Arte Moderna

LABORATORIO PRAMPOLINI#2
DISEGNI, TACCUINI E PROGETTI INEDITI DAL FUTURISMO ALL’ART CLUB
A Roma, Galleria d’Arte Moderna, dal 23 giugno 2023 al 14 gennaio 202Enrico Prampolini e il suo eclettismo sono i protagonisti della mostra dal titolo Laboratorio Prampolini#2. Disegni, taccuini e progetti inediti dal Futurismo all’Art Club, alla Galleria d'Arte Moderna di Roma dal 23 giugno 2023 al 14 gennaio 2024, nell’ambito di una serie d’iniziative espositive della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali legate agli artisti del Futurismo italiano presenti nelle collezioni d’arte capitoline.
La mostra è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura. A cura di Alessandra Cappella, Claudio Crescentini, Flavia Pesci, Federica Pirani, Gloria Raimondi e Daniela Vasta. Radio partner: Dimensione Suono Soft. Catalogo: Silvana editoriale.
L’esposizione è concepita come un progetto esclusivo per mezzo del quale s’intende riportare l’attenzione sul multilinguismo artistico e l’interdisciplinarietà di Enrico Prampolini, nell’arco di tempo che va dagli anni Trenta ai Cinquanta del Novecento, all’apice quindi della carriera e dell’esuberanza progettuale dell’artista.
In mostra opere, disegni, materiali grafici e documentali poco conosciute o totalmente inediti provenienti dalle diverse donazioni degli eredi Prampolini alla Sovrintendenza Capitolina che sono andati a formare l’Archivio Prampolini conservato all’interno del CRDAV Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive di Sovrintendenza. Si tratta di donazioni iniziate nel 1992 e protrattesi fino al 2020 e di cui il nucleo iniziale è già stato in parte presentato al pubblico nella mostra dal titolo Laboratorio Prampolini, presso il MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma, nel 2016.
Questo nuovo progetto espositivo dedicato all’artista emiliano torna anche a recuperare la tesi che lo spazio del laboratorio si sovrappone allo spazio dell’archivio e la messa in scena dell’uno si realizza attraverso i materiali dell’altro, partendo proprio dal cospicuo fondo oggi conservato dalla Sovrintendenza.
Dopo un periodo di studio e approfondimento dei nuovi materiali acquisiti e proseguendo nella valorizzazione del materiale, in continuità con la mostra del 2016, si è voluto tornare a rafforzare il senso del carattere laboratoriale e interdisciplinare dell’arte di Prampolini, fra pittura, scenografia, architettura, arti applicate e grafica, senza dimenticare gli allestimenti delle grandi mostre di Regime, l’editoria, fino alla riflessione teorica, alla promozione e all’organizzazione culturale, fra cui l’attività critica e l’insegnamento focalizzati sui decenni Trenta, Quaranta e Cinquanta.
In primo piano la presenza e il confronto di numerosi suoi disegni preparatori con dipinti, progetti artistici e/o architettonici e teatrali, in un percorso totalmente inedito nel suo genere e di particolare importanza scientifica, dato anche il valore unico della collezione artistica e documentale acquisita da Roma Capitale. Tra il materiale esposto, inediti album da disegno (fine anni Venti, anni Trenta e Quaranta), progetti architettonici e sketchbooks (anni Trenta-Cinquanta) contenenti elaborati grafici, schizzi e rapide composizioni, che bene esemplificano il grande lavoro progettuale dell’artista oltre alla sua creativa estroversione artistica.
Un potente corpus grafico posto in mostra anche attraverso la creazione di percorsi grafici e parallelismi iconografici con le opere pittoriche dello stesso Prampolini, provenienti dalla Galleria d’Arte Moderna e da altre importanti collezioni d’arte pubbliche (Galleria Nazionale d’Arte moderna e contemporanea, MART di Rovereto, Museo del Novecento di Firenze e Collezione Roberto Casamonti di Firenze), e private, oltre alle opere messe gentilmente a disposizione dagli eredi stessi di Prampolini.
Ormai tutta la critica è concorde nel ritenere che Prampolini occupa un posto a sé nel panorama europeo dell'arte astratta, caratterizzato dal suo profondo interesse per la sperimentazione, per il dinamismo e l'organicismo che si manifesta, negli anni Trenta e Quaranta, in visioni cosmiche, oniriche e nelle compenetrazioni meccaniche bene documentate, allo stato iniziale di ideazione e progettazione, proprio dai disegni contenuti nei suoi taccuini di studio presenti in mostra. Un ottimale elemento per comprendere ancora meglio i passaggi di studio e ideazione di Prampolini ma anche l’emblema rappresentativo della nuova frontiera della ricerca avanguardistica internazionale di cui l’artista faceva sicuramente parte.
All’interno della mostra particolare cura è dedicata all'accessibilità. Per le persone con disabilità visiva è stato infatti progettato un percorso dedicato, dotato di disegni a rilievo e relative audiodescrizioni. Saranno inoltre disponibili visite tattili gratuite, guidate da operatori specializzati.
EVENTI E INCONTRI
A corollario della mostra sarà organizzata una serie di incontri culturali, readings ed eventi di compendio alle tematiche e ai linguaggi artistici utilizzati da Prampolini e affrontati nella mostra.
ENRICO PRAMPOLINI
di Vittorio Orazi (Alessandro Prampolini)
Enrico Prampolini è nato a Modena il 20 aprile 1894 ed è morto a Roma il 17 giugno 1956. È uno dei maggiori rappresentanti del rinnovamento artistico del nostro tempo. Nella sua prima giovinezza ha frequentato le Scuole Tecniche di Torino, poi, per breve tempo, l’Accademia di Belle Arti di Roma, uscendone clamorosamente nel 1912 con un manifesto di protesta contro il conformismo dell’insegnamento. Nello stesso anno ha aderito al Movimento Futurista, creato da F.T. Marinetti, ed ha cominciato ad esporre quadri futuristi con Giacomo Balla, di cui frequentava lo studio (1913). Nel 1916 Prampolini esponeva già all’estero (con i Dadaisti, nella Svizzera). Con la rivista d’arte “NOI” – da lui fondata e diretta (1917-1925) e con numerosi viaggi all’estero (Svizzera, Austria, Germania, Boemia, Belgio, Olanda, ecc.), tra il 1920 e d il 1925, egli si era messo a contatto con gli artisti più significativi e con le correnti d’avanguardia di tutta Europa, partecipando ad esposizioni ed organizzandole, intervenendo a convegni, pubblicando articoli polemici e teorici. Lo troviamo a Zurigo, con Tristan Tzara ed Arp; a Berlino col “November-Gruppe”; a Weimar, con Gropius e gli artisti della “Bauhaus”; in Olanda, col gruppo “De Stijl”; a Berlino, ancora, col gruppo “Die Abstrakten”; più tardi farà parte della “Section d’Or” di Parigi; del “Cercle et Carré” di Parigi; prenderà parte alla fondazione (1931) di “Abstraction et Creation (con Herbin, Vantongerloo, Arp); e della “Union des Artistes Modernes” (1932).
Con parecchi esponenti dell’Avanguardia europea Prampolini stringerà legami di amicizia: con Picasso, Cocteau, Léger, Archipenko, Strawinsky, Max Jacob, Mondrian, Gropius, Walden, Kandinsky, Van Doesburg, ecc.
A questa fitta rete di relazioni, Prampolini affiancherà un’intensa attività creatrice ed una concomitante stesura e pubblicazione di “Manifesti” teorici, non limitando il campo alla sola pittura di cavalletto, ma operando ed affermandosi anche nella scenografia e nella scenotecnica, nella plastica, nella decorazione murale, nell’architettura. Alla scenografia dedicherà gran parte della sua attività, creando scene e costumi e spesso curando la regia teatrale. Realizzerà così ben centotrenta opere teatrali – rappresentate in Italia e all’estero - ed esporrà in numerosi scritti teorici le sue idee innovatrici (nel 1920 era “Maestro delle Scene” nel Teatro del Colore di Ricciardi; nel 1927 creava e dirigeva a Parigi il “Teatro della Pantomima Futurista” che rappresentava una serie di “ballets” d’avanguardia al Théâtre de la Madeleine; nel 1949 dirigeva i “Ballets Alanova”, ecc.).
Fra le decorazioni murali futuriste di maggior mole si ricordano quelle di Parigi, all’Esposizione Coloniale del 1931; della Triennale di Milano; dell’E.U.R. a Roma; della Mostra d’Oltremare a Napoli; del Palazzo delle Poste a La Spezia; del Municipio di Aprilia, ecc.
Anche in fatto di architettura Prampolini ha detto la sua parola innovatrice: basti rammentare il Padiglione Futurista da lui realizzato alla V Triennale milanese (1933) e quello costruito a Torino nel 1928. Ed è da notare che i primi arredamenti futuristi risalgono alla “Casa d’Arte Italiana”, da lui fondata col critico d’arte Recchi nel 1916, a Roma.
Nel corso della sua molteplice attività artistica Enrico Prampolini ha esposto opere di pittura in 460 mostre (personali o collettive), italiane o straniere; ha conseguito sedici premi di Pittura, sei di Scenografia, due di architettura. Oltre a numerosi articoli e “manifesti” ha pubblicato i seguenti testi: “La Scenotecnica” (1940); “Picasso scultore” (1944); “L’Arte Polimaterica” (1944); “Lineamenti di Scenografia Italiana” (1950); “Concezione dello spazio nelle arti plastiche” (1955).
Numerose sono state le cariche da lui ricoperte in istituzioni italiane e straniere. Ricordiamo: che fu Presidente dell’”Art Club” di Roma, Consigliere del “Centro di Ricerche Teatrali” di Roma, Consigliere dell’“Istituto Europeo d’Arte Drammatica” di Anversa; Segretario del “Sindacato Scenografi” di Roma; Commissario (nel 1952) della Commissione Esecutiva della Biennale di Venezia; Segretario Nazionale del “Sindacato Arti Non-Figurative” (1953); Vicepresidente del Comitato delle Arti Plastiche dell’UNESCO; Vicepresidente del gruppo “Mac –Espace” di Milano.
Nominato, in seguito a regolare Concorso, titolare della Cattedra di Scenografia all’Accademia Belle Arti di Brera, a Milano, veniva anche insignito della Medaglia d’Oro dei Benemeriti dell’Arte e della Cultura Nazionale (aprile 1956). Nello stesso anno (1956) moriva a Roma, per infarto cardiaco.
Osvaldo Peruzzi – Splendore geometrico futurista
A quasi vent’anni dalla scomparsa si celebra l’artista livornese con un’ampia testimonianza del suo operato e uno studio approfondito sul suo ruolo all’interno del panorama futurista
La Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e gli Archivi Gerardo Dottori celebrano, alla vigilia dei vent’anni dalla scomparsa, l’arte del pittore futurista Osvaldo Peruzzi (1907-2004), uno degli ultimi futuristi a divulgare le tesi rivoluzionarie del movimento marinettiano, con una mostra sintetica ma esaustiva della sua parabola espressiva dal titolo Osvaldo Peruzzi – Splendore geometrico futurista, in programma alla Galleria d’Arte Moderna dal 23 giugno al 15 ottobre 2023.
La mostra è promossa e organizzata da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con gli Archivi Gerardo Dottori e il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura. È curata da Massimo Duranti e Andrea Baffoni i quali si sono avvalsi della collaborazione del Comune di Livorno, dalla Fondazione Primo Conti di Fiesole che possiede l’Archivio Peruzzi donato direttamente dall’artista, dall’Archivio di Stato di Milano che conserva suoi preziosi documenti e suoi interessanti disegni degli esordi artistici, e dalla Fondazione Livorno, che, a seguire, in occasione del 20° anniversario della scomparsa del futurista livornese, ospiterà presso i propri spazi espositivi la presente rassegna ampliata con tutti i dipinti della loro collezione.
Osvaldo Peruzzi è stato un personaggio non secondario degli sviluppi del Futurismo degli anni Trenta e primi anni Quaranta del Novecento per la sua spiccata e originale personalità maturatasi già sullo scorcio dei Venti e l’esordio dei Trenta, quando Marinetti lo battezzò futurista alla Galleria Pesaro di Milano. Il percorso espositivo, studiato dai due curatori Duranti e Baffoni, propone opere provenienti da collezioni pubbliche e private, oltre a quelle storiche e significative poco conosciute al grande pubblico messe a disposizione dalla famiglia dell’artista, grazie alla preziosa collaborazione delle figlie Stella e Cristina.
Nel percorso espositivo è possibile ammirare anche Aeropittura del 1934, di proprietà della Sovrintendenza Capitolina, Galleria d’Arte Moderna, una delle opere più conosciute dell’artista livornese e una fra le aeropitture dell’inizio degli anni Trenta più rappresentative delle nuove teorie estetiche futuriste, non a caso esposta al Guggenheim di New York nella grande mostra sul Futurismo del 2014. Un preciso segno distintivo del Futurismo a cavallo fra la prima stagione “eroica” e gli sviluppi successivi che porta direttamente alla fase dell’idealismo cosmico e ai preludi astratti.
A completare la mostra, oltre ai dipinti di Peruzzi, anche una sua tela tarda che ritrae il collega e amico futurista Gerardo Dottori e un gruppo di dodici disegni, comprendenti cinque cartoline postali, con disegni sul retro datati tra 1929 e il 1932, inviate all’epoca all’amico Armando Silvestri e oggi conservate presso l’Archivio di Stato di Milano. In ultimo, sarà possibile anche ammirare una serie di documenti inediti in prestito dalla Fondazione Primo Conti di Fiesole.
Particolare attenzione, infine, è stata dedicata all'accessibilità in mostra: per le persone con disabilità visiva sono stati realizzati, in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, un disegno a rilievo e un'audiodescrizione su audiopen, che consentono l'esplorazione tattile dell'opera Aeropittura del 1934. Saranno inoltre programmate visite tattili gratuite, guidate da operatori specializzati.
OSVALDO PERUZZI
Osvaldo Peruzzi nasce a Milano il 25 maggio 1907. L’anno successivo si trasferisce con la famiglia a Livorno dove consegue il diploma all’Istituto tecnico industriale (1924). A Milano frequenta il Politecnico laureandosi in ingegneria (1932). Quattro anni prima, aveva aderito al Futurismo, avendo conosciuto Filippo Tommaso Marinetti, Enrico Prampolini e Bruno Munari. Dal 1929 intreccia una fitta corrispondenza col collega Armando Silvestri disegnando una serie di cartoline postali che costituiscono gli esordi artistici del futurista livornese.
Alla fine del 1932 tiene la sua prima mostra personale nella sala del bar Taveggia con tredici pastelli ispirati al cinema americano e al jazz. Nel ‘33 partecipa alle mostre Omaggio futurista a Umberto Boccioni, alla Galleria Pesaro di Milano e a Palazzo Ferroni a Firenze. Partecipa inoltre alla Prima mostra nazionale d'arte futurista di Roma e alla grande mostra collettiva dei futuristi a Livorno.
Tra 1933 e il ‘35 collabora alle riviste La città nuova e Stile futurista, mentre nel 1934 espone alla Mostra di Aeropittura futurista ad Amburgo e a Les aeropeinters futuristes italiens, Hotel Negresco, Nizza. Nel 1937 è tra gli artisti che rappresentano l’Italia all'Expo' 37 di Parigi. Partecipa in quel periodo a tutte le più importanti iniziative del gruppo marinettiano.
Nel 1940 è chiamato alle armi. Prosegue comunque la sua attività pubblicando nel 1941 il manifesto “Plastica della essenza individuale” mentre, l’anno successivo, sue opere figurarono alla III Mostra del Sindacato nazionale di belle arti di Milano e alla XIII Biennale di Venezia. Nel 1943 il suo studio di Livorno viene bombardato e lui fatto prigioniero ad Hammamet in Tunisia. Deportato negli Stati Uniti nel campo di prigionia di Weingarten (Missouri) riprende a dipingere e allestisce due mostre personali (1943-44). Una terza esposizione è realizzata al Rotary Club di Bonne Terre, sempre nel Missouri (1945).
Tornato a Livorno, riorganizza lo studio e la vetreria che guiderà fino al 1971. Nel 1967 aderisce al manifesto Futurismo-oggi di Enzo Benedetto e all’omonima rivista. Nel 1981 Marzio Pinottini cura Peruzzi futurista, la prima monografia dell’artista pubblicata da Scheiviller e dal 1983 ha stretti rapporti con Massimo Duranti che gli curerà numerose mostre, a Perugia e a Cortina d’Ampezzo, oltre alla monografia post mortem Osvaldo Peruzzi l’ultimo futurista in occasione dell’antologica a Latina. Enrico Crispolti nel 1988 cura la mostra a Livorno, Villa Mimbelli.
Peruzzi in questi anni stringe un sodalizio con la Galleria San Carlo di Milano, poi con Lidya Palumbo Scalzi dell’omonima galleria d’arte di Latina, con la Narciso di Torino, Arte Centro di Milano, Marescalchi di Bologna e Cortina, Il Gianicolo e Spazio Arte di Perugia e, a Livorno, con le gallerie Giraldi e Guastalla.
Nel 1997 Peruzzi dona il suo archivio alla Fondazione Primo Conti di Fiesole e nel 2014 Dario Matteoni cura il Catalogo generale dell’opera pittorica dell’artista (Electa).
Osvaldo Peruzzi muore a Livorno nel 2004.
L’Allieva di danza di Venanzo Crocetti. Il ritorno
Dopo oltre due anni di restauro la scultura sarà esposta alla Galleria d’Arte Moderna dal 23 giugno 2023 al 14 gennaio 2024
Dopo oltre due anni di un accurato e specialistico restauro da parte dei tecnici dell’ICR, torna ad essere esposta al pubblico, dal 23 giugno al 14 gennaio 2024 alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, l’Allieva di danza (1958-59), una delle prime grandi opere scultoree di Venanzo Crocetti (1913-2003) sul tema della danza.
La mostra è promossa e organizzata da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, con Ministero della Cultura - Istituto Centrale per il Restauro e Fondazione Venanzo Crocetti. Supporto organizzativo Zètema Progetto Cultura. A cura di Claudio Crescentini, Carla Ortolani e Livia Sforzini.
La scultura di Crocetti è entrata nella collezione d’arte del Comune di Roma nel 1960 a seguito dell’acquisto alla VIII Quadriennale Nazionale d’Arte (1959-60), rassegna nella quale l’opera era esposta (sala XXVI). Successivamente la scultura ha fatto parte della selezione ufficiale dei capolavori d’arte dell’allora denominata Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, tenutasi presso il Palazzo delle Esposizioni (1963).
L’opera rappresenta una delle prime sculture di Crocetti di grande formato dedicate al tema della danza, tematica che già compare in vari bozzetti degli anni Quaranta e che, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, diventerà tema ricorrente all’interno della sua produzione. Le sue ballerine divennero, in breve tempo, un’icona simbolo per molti scultori figurativi del secondo Novecento, così come bene evidenziato in mostra mediante il confronto visuale con la scultura Bambina seduta (1955) di Giacomo Manzù, altra opera della collezione capitolina. I corpi adolescenziali delle due ragazze si guardano e riflettono l’una nella struttura dell’altra, ambedue immortalate in un definito momento di riposo.
L’Allieva di danza è l’unica scultura di Crocetti nelle collezioni capitoline e dal 1963 non è più stata esposta a causa delle gravi lesioni che interessavano la parte inferiore dell’opera e che la rendevano strutturalmente instabile. La Galleria d’Arte Moderna di Roma ha chiesto all’ICR di eseguire il restauro della scultura, affinché l’opera potesse finalmente essere riesposta e di nuovo apprezzata dal pubblico.
Il lungo intervento di restauro ha anche consentito un approfondito studio dell’opera, non solo dal punto di vista conservativo, ma anche per gli aspetti tecnico esecutivi. Nonostante la tecnica impiegata nella realizzazione dei grandi bronzi sia rimasta fondamentalmente la stessa nel corso dei secoli, ovvero la fusione a cera persa, il restauro dell’opera di Crocetti ha costituito un importante momento di approfondimento, permettendo di individuare gli accorgimenti tecnici, del tutto peculiari, posti in essere dal Maestro al momento della realizzazione dell’opera. Lo studio e la ricostruzione delle tecniche di esecuzione della scultura si sono basati sull’analisi visiva delle tracce di lavorazione, sugli approfondimenti scientifici e sulle ricerche documentali. Questo ampio e articolato lavoro multidisciplinare è stato realizzato grazie alla fitta rete di collaborazione dei Laboratori dell’ICR con altri enti quali: l’UOSD di Diagnostica per Immagini in Emergenza ed Urgenza, Dipartimento di Scienze Radiologiche, Oncologiche ed Anatomopatologiche del Policlinico Umberto I – Sapienza Università di Roma, il Museo Fondazione Crocetti e la Galleria d’Arte Moderna.
Con il supporto del Dipartimento di Scienze Radiologiche del Policlinico è stato possibile effettuare una tomografia computerizzata (TC) della scultura, che si è rivelata estremamente utile per definire la tecnica usata da Crocetti per la realizzazione dell’opera.
In relazione alla particolare attenzione dedicata all'accessibilità da parte della GAM, per le persone con disabilità visiva, verranno esposte le riproduzioni dei modelli 3D dell’intera scultura e della sezione tomografica, realizzati dall’ICR, che permetteranno un percorso inclusivo tattile di conoscenza dell’opera stessa, abbinati a un'audiodescrizione su audiopen, realizzata in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, che consente l'esplorazione uditiva dell'opera di Crocetti.
Saranno inoltre programmate visite tattili gratuite, guidate da operatori specializzati.
La Fondazione Museo Crocetti, che da sempre costituisce il prolungamento dell’opera e delle volontà di Venanzo Crocetti nel tempo e nello spazio, ha contributo attivamente a questo lungo lavoro di ricerca, mettendo a disposizione materiale d’archivio, testimonianze e soprattutto dando accesso allo spazio ancora vivo e narrante dell’atelier del Maestro.
A corredo della mostra la trasmissione del documentario di Franco Simongini Scultori d’oggi: Venanzo Crocetti (novembre 1984), estrapolato dall’enorme serbatoio di filmati sull’arte di RAI TECHE e facente parte della serie L’ottavo giorno. Scultori d’oggi dello stesso Simongini che intervista e visita lo studio di Crocetti.
La mostra dell’opera di Crocetti anticipa anche le celebrazioni del Centenario della Galleria d’Arte Moderna di Roma (1925-2025) attraverso le quali s’intenderà valorizzare la propria collezione contemporanea con una serie di mostre, eventi ma anche di restauri eccellenti.
La Fondazione, erede universale del Maestro, è stata fortemente voluta dall’ artista di cui porta il nome per dar vita a uno spazio che potesse conservare e tutelare la sua ricca produzione scultorea. In osservanza alle volontà testamentali del Maestro, inoltre, incentiva e sostiene l’arte moderna e contemporanea attraverso ricerca, innovazione, laboratori, mostre, concorsi e borse di studio: una piccola città dell’arte. Per il raggiungimento di questi obiettivi la Fondazione negli anni, oltre all’aspetto espositivo, si è dedicata alla riorganizzazione interna dal punto di vista documentale, strutturale, educativo e promozionale: si è lavorato alla creazione di servizi quali la biblioteca, l’archivio storico e la mediateca oltre che all’apertura al pubblico di spazi quali la casa museo e l’atelier d’arte; iniziative distinte ma complementari, unitamente mirate al raggiungimento di una maggiore offerta culturale per utenti e studiosi. La Fondazione, dunque, rappresenta il prolungamento nel tempo dell’opera di Venanzo Crocetti, agendo sul molteplice piano di custodia e diffusione della memoria attualizzata, nonché della formazione di nuove generazioni di artisti, ricercatori, appassionati e chiunque voglia approfondire il panorama storico-artistico del secolo scorso.
Il complesso museale si compone di spazi pensati e costruiti in periodi diversi. Ogni struttura è stata concepita, disegnata e progettata dal Maestro nonché realizzata anche con le sue mani servendosi della collaborazione di maestranze esterne: un luogo dove la figura dell’abitante coincide con quella dell’architetto al fine di costruire un ambiente che rispecchi la sua personalità e la sua attività. La struttura è organizzata in molteplici spazi distinti ma complementari così suddivisi: il Museo Crocetti dove sono esposte 95 sculture e 20 disegni appartenenti alla collezione che comprende 317 statue in bronzo, 16 in marmo, 455 opere su carta, 28 medaglie e monete, 20 oli, 33 gessi, 3 terrecotta, la maggior parte delle quali è custodita in magazzino e vengono alternate nell’ allestimento. La Sala polifunzionale utilizzata per le mostre temporanee e l’organizzazione di eventi con annesso giardino per allestimenti all’aperto. La Biblioteca “Antonio Tancredi” che custodisce pubblicazioni prevalentemente d’arte e dallo scorso anno ha aderito al Polo SBN del Ministero della Cultura “BVE/Biblioteca Nazionale Centrale di Roma”. L’ Archivio “Venanzo Crocetti” -dichiarato dal Mic di interesse storico particolarmente importante- dove sono conservati documenti sulla storia dell’arte nel ‘900. La Casa Museo e l’Atelier, un unicum dove la vita personale e l’attività artistica erano scandite dallo stesso tempo e nello stesso luogo.
“Quando chiudo i cancelli e lascio fuori il tumulto e la confusione della vita moderna, riacquisto la capacità di lavorare e di creare. Qui dentro mi muovo con una gioia e una levità che non riesco ad avere in altri ambienti”, scrive Crocetti nei suoi appunti di vita, anche se oggi i cancelli della Fondazione Museo sono sempre aperti per condividere il benessere e la felicità che ispira e tramette.
SCHEDA DI RESTAURO
L’intervento di restauro sull’Allieva di danza ha rappresentato un’importante occasione di studio e di ricerca. Un percorso che, partendo dall’analisi conservativa dell’opera, necessaria per progettare l’intervento di restauro, ha messo in evidenza la grande capacità tecnica dell’artista. Dall’analisi delle lesioni presenti sulla scultura si è cercato di individuare le cause del danno, non documentate, valutarne l’estensione e comprendere come intervenire per restituire all’opera la sua stabilità strutturale. Tale ricerca ha richiesto molte competenze sia interne all’Istituto, come il Laboratorio di Restauro di Metalli e leghe, il Laboratorio di Chimica e il Laboratorio di Fisica, sia esterne, come la collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna di Roma, il Museo Fondazione Crocetti, che ha messo a disposizione il prezioso materiale d’archivio e consentito l'accesso e la fruizione degli spazi di vita e di lavoro del Maestro, e infine dell’UOSD di Diagnostica per Immagini in Emergenza ed Urgenza, Dipartimento di Scienze Radiologiche del Policlinico Umberto I – Sapienza Università di Roma.
Con il supporto del Dipartimento di Scienze Radiologiche del Policlinico Umberto I - Sapienza Università di Roma è stato possibile effettuare una tomografia computerizzata (TC) della scultura, che si è rivelata estremamente utile per definire la tecnica usata da Crocetti per la realizzazione dell’opera. Tale tomografia ha consentito, inoltre, di avere una valutazione del danno occorso e di indagare la presenza della terra di fusione, ancora parzialmente conservata all’interno della scultura. L’elaborazione dei dati acquisiti tramite la TC, unitamente alla scansione delle superfici esterne, eseguita in ICR dal Laboratorio Metalli, ha permesso la ricostruzione di modelli 3D e la riproduzione in scala di parti strutturali dell’opera da parte del medesimo Laboratorio, per lo studio di stabilità della stessa. Grazie a questa specifica ricerca è stato così possibile individuare le cause del danno e procedere al ripristino della stabilità statica e della continuità formale della scultura. I risultati di questo studio appaiono ancora più significativi se si considera la scarsa documentazione sugli aspetti tecnici legati all’arte di Crocetti, come a molti artisti suoi contemporanei.