Gabriella Tolli e il fuoco sacro dell’Arte

Nessun ambiente potrebbe essere più congeniale all’artista romana Gabriella Tolli se non quello newyorkese, patria dell’Espressionismo astratto cui è largamente ispirata gran parte della sua produzione. La conferma all’interno dell’edizione 2023 dell’Atlante dell’Arte Contemporanea, progetto della società Start Group, questa volta suona come una consacrazione per la Nostra, dal momento che la prestigiosa e storica iniziativa editoriale, nata nel lontano 1940, vanta il patrocinio del Metropolitan Museum di New York, fra i più importanti enti museali al mondo, con una collezione che spazia dall’età preromana al contemporaneo, con capolavori di Goya, Rembrandt, Vermeer, Courbet, Monet, Sargent, Pollock, solo per citarne alcuni. D’altronde Gabriella è da sempre stata impegnata nella valorizzazione della conoscenza tramite l’associazione di cui è presidente, “Ghellarte”, il cui intento precipuo è il ritorno alla cultura quale «espressione delle esigenze e delle dinamiche sociali», come si legge nel relativo statuto.
Forte della formazione presso la Scuola delle Arti Ornamentali San Giacomo di Roma (che ha visto come allievi Boccioni, Mafai, Scipione, Severini, Fazzini, etc.) e presso la scuola Nicola Zabaglia, sempre nella Capitale, l’artista ha maturato una visione personale, la cui espressione stilistica ha trovato uno sbocco naturale nell’astrazione, capeggiata dal colore illuminato dalla luce. Come una figura soprannaturale capace di ossimori, ella riunisce in sé i contrasti, tra fluttuazioni libere gestuali di materia cromatica e campiture ben definite di impostazione geometrica, seppur queste sembrino essere animate, ben lontane dalla staticità delle figure piane di Mondrian. Ciò per via di quei tocchi di colore, di “svirgolature” - ovverosia segni rapidi e curvilinei - in grado di vivificare la superficie, attraverso cui la Nostra riesce a superare la bidimensionalità della tela.
Fra i suoi mentori, sicuramente Pollock, che le ha indicato la strada, un Maestro ideale da cui G. Tolli impara a vagare libera nell’infinità dei colori, con una indiscutibile verve dettata dal dinamismo del gesto pittorico. Le incursioni di materia quale gesso, graniglia e malta ritmano ulteriormente le tele, eredità di quei momenti unici, repertorio dell’anima. Spicca, nella produzione più recente, un altro riferimento dotto all’artista francese Yves Klein, in particolare alla sua produzione iniziale dei dipinti monocromi; ciò è visibile, nello specifico, in Bioluminescenza, realizzata da Tolli in tecnica mista. Che sia un condensato della porzione più alta della sfera celeste o della profondità degli abissi, la luce di tale manufatto non può lasciare indifferente, ipnotico nel suo assolo cromatico, nel suo monologo. Tutta la tensione dell’artista verso la purezza, verso la sintesi sembra condensarsi in tale opera, la quale riesce tuttavia a risultare vibrante, magma glaciale che scorre dinanzi agli occhi dell’astante, con un rifiuto coerente nei riguardi di una timbrica monocorde cui è vicino, al contrario, il Suprematismo sovietico.
articolo a cura di Ariadne Caccavale
Alessandro Poggiani
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