Tre cose vuole il campo | Performance live streaming di Barbara Lalle su FB

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Secondo un un antico proverbio, per un buon raccolto, “Tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme, buon tempo”. Due di esse dipendono esclusivamente “dalle nostre scelte personali di lavoro, impegno, di qualità e sostenibilità: essere buoni lavoratori, selezionare un buon seme che possa portare un buon frutto e permettere, in tempo di raccolta, di riempire i nostri cesti, colmi e traboccanti, giusto compenso per la dedizione e la passione. Il proverbio, tuttavia, annuncia un terzo elemento, il tempo. Il tempo, e non solo quello metereologico, era ed è ancora benigno e funesto: soffio vitale che regola le cose e enigmatico distruttore di tante fatiche e investimenti”.
Nella performance “Tre cose vuole il campo”, Barbara Lalle consegna al fuoco purificatore, produttore di energie, calore e luce e elemento plasmante di nuove forme, una serie di cesti di vimini, tutti vuoti, simbolo di quel raccolto inesistente che soprattutto quest’ultimo anno ha evidenziato con tanta chiarezza. Diciotto cesti, da quelli più piccoli contenenti solo una mollica di pane - le scelte individuali - , a quelli più grandi destinati ai frutti - le scelte globali. Dal rito del fuoco nasce una vita nuova, una nuova possibilità, l’inizio di un nuovo viaggio che non dimentica quello precedente ma da esso trae forza e insegnamento. Nell’accensione del fuoco che esorcizza l’inverno e rigenera la terra, il calore che si sprigiona invita al ritorno preponderante della comunità come struttura necessaria, alla potenza delle scelte del singolo, mette in fuga il gelo della solitudine e tenta di ricostruire una umanità persa.
Così i cesti vuoti o i cesti pieni del nostro raccolto “sono anche le conseguenze delle scelte operate sia sulla macroscala dai governi e delle nazioni, sia dai singoli individui nel micro-territorio e nella comunità. Oggi, nel 2020, a distanza di 10 anni dal raggiungimento dei 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, abbiamo ritrovato i nostri cesti vuoti e abbiamo riconosciuto che noi stessi siamo stati la causa della nostra povertà. Non rimane altro che fare come il buon agricoltore ma, questa volta, con delle armi in più: utilizzare le incredibili forze del pensiero e della mente, in grado di inventare e scoprire, e la capacità di agire come singoli e come una collettività coesa e creativamente unita, per riconnettersi con quel soffio vitale, rintessere la perduta intesa, orientando le scelte verso il benessere di un ecosistema nel quale l’uomo è parte con la natura stessa”.
Barbara Lalle, terapista per la riabilitazione neurologica post‐traumatica e docente impegnata quotidianamente nell’integrazione delle disabilità gravi, mossa da una “emergenza di dire”, come artista, “attraverso le forme della pittura e della performance, esplora le modalità in cui disagio, deprivazione, dolore possano essere compresi, narrati, superati”.

Alberto Esposito
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