Dal 15 ottobre obbligo green pass sui luoghi di lavoro

E’ questo quanto previsto dal nuovo decreto sul Green pass, che ha ricevuto il via libera all’unanimità dal Consiglio dei ministri.
Ci sono volute settimane di trattative con le forze sociali, le imprese ed i partiti. I sindacati hanno preteso (e ottenuto) che il green pass non sia un mezzo per licenziare. Matteo Salvini si è opposto fino all’ultimo, ma si è ritrovato isolato e ha dovuto incamminarsi sulla via di Palazzo Chigi e del ministero della Salute.
Raccontano che nella giornata di mercoledì scorso, al tavolo con i vertici di Cgil, Cisl e Uil, Giancarlo Giorgetti sia stato “perfettamente in linea con Draghi e gli altri ministri presenti”, Speranza, Orlando e Brunetta. Il responsabile della Pubblica amministrazione, che da giorni si batteva per un decreto unico con dentro tutto il mondo del lavoro, ha insistito nel dire che bisogna “fare presto, bene e con intelligenza”. E più tardi, da fuori, il segretario del Pd Enrico Letta ha lodato Giorgetti per “il modo corretto di stare dentro il governo in una fase complessa per il Paese”.
La svolta dell’estensione generalizzata è stata pensata per incrementare il più possibile le vaccinazioni, prima che arrivi il freddo e la pandemia rialzi la testa. L’obiettivo di Draghi, che non ha paura di fare “anche più del necessario”, è raggiungere in tre, massimo quattro settimane, un numero di persone immunizzate così alto da consentire al nostro Paese di entrare “in una zona di sicurezza”, fondata sui numeri del commissario Figliuolo: 44 milioni di italiani vaccinati sui 54 vaccinabili, quindi cinque in più dei 39 milioni che hanno già avuto la seconda dose. Nelle prossime settimane il governo continuerà a monitorare la curva del Covid. E se con l’arrivo dell’inverno i dati dovessero peggiorare nonostante l’imposizione del pass a milioni di lavoratori, si prenderà in considerazione una stretta ulteriore: il vaccino obbligatorio per tutti.
Nei giorni scorsi il confronto con i leader sindacali è stato serrato e anche aspro, ma il presidente Mario Draghi ha tirato dritto.
Ai sindacati il premier ha spiegato la filosofia di fondo: “Dobbiamo tornare alla normalità, con la ripresa delle attività in presenza. Abbiamo deciso di estendere il green pass perché è uno strumento che funziona, accettato dalle persone e monitorato”. Una soluzione “accomodante rispetto all’obbligo”, che è più divisivo e dirompente.
Nel decreto, inoltre, è previsto che sia i lavoratori che non mostrano il certificato che quelli che omettono i dovuti controlli saranno sanzionati da 600 a 1.500 euro, ma non saranno licenziati.
Per quanto riguarda i tamponi, però, è scontro. Pierpaolo Bombardieri, Maurizio Landini e Angelo Colombini hanno chiesto che siano a carico dello Stato fino al 31 dicembre e quando Draghi ha detto che non se ne parla perché “si ridurrebbe la propensione degli italiani al vaccino”, Maurizio Landini ha alzato la voce.
“Siccome è reso obbligatorio per tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati, e siccome per avere il green pass si prevede anche il tampone, - dichiara Landini al termine dell’incontro con il Presidente del Consiglio Mario Draghi – noi abbiamo ribadito che le persone non devono pagare per andare a lavorare. Perché qui stiamo parlando del green pass per lavorare non per andare al ristorante o andare al cinema o allo stadio”.
Il leader della Cgil ha invocato l’obbligo vaccinale, “altrimenti si scarica tutto il peso sul mondo del lavoro” e ha insistito nel chiedere che sia lo Stato a pagare i test. Ma non c’è stato nulla da fare. La risposta del premier è stata che “gli oneri dei tamponi saranno a carico di chi non vuole vaccinarsi, non certo della collettività”. Speranza ha aggiunto un’altra motivazione, cioè che “l’incentivo a immunizzarsi serve ora, perché a dicembre rischia di essere tardi”.
Il governo ha bocciato anche la richiesta di azzerare il costo dei test almeno per alcuni giorni, ma ha promesso che verranno incoraggiate a calmierare i prezzi le farmacie che non lo hanno già fatto. Una possibile via di uscita l’ha proposta Brunetta, in asse con la Cisl: “Per superare l’impasse della gratuità dei tamponi si potrebbe usare lo strumento degli enti bilaterali”, ossia affidare la soluzione del rebus alla collaborazione tra datori e lavoratori.
Il meccanismo dei controlli inserito nel decreto del governo, sarà uguale a quello già in vigore per i settori dove il green pass è stato reso obbligatorio per i lavoratori. La procedura per i dipendenti pubblici e per quelli privati sarà dunque come quella prevista per il personale scolastico.
All’ingresso degli uffici e delle aziende i dipendenti dovranno esibire la certificazione verde e il responsabile delle verifiche sarà un capo ufficio o un capo reparto che dovrà essere individuato dai vertici aziendali proprio come avviene adesso nelle scuole e nelle università con il dirigente che accerta se i docenti e i dipendenti siano “in possesso della certificazione”.
Al momento dell’ingresso chi non ha il green pass non potrà essere ammesso all’interno delle aziende e viene considerato assente ingiustificato.
Dopo cinque giorni di assenza ingiustificata “il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti retribuzione e altri compensi o emolumenti”. La riammissione in servizio è subordinata al possesso di valida certificazione verde.
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