Donne, famiglia e lavoro una questione cruciale

Da una parte si assiste ad una crescita più complessa del lavoro professionale, che diventa più esigente e anche stressante, dall’altra, per quanto riguarda il lavoro di cura famigliare, ad un aumento più progressivo delle attività da svolgere e dei rapporti da tenere con altri soggetti.
Questo comporta ad una rinuncia inevitabile da parte della donna di dimensioni e tempi propri. Le donne così risultano più esposte al rischio della disoccupazione e della precarietà. Con maggiore difficoltà riescono a valorizzare le proprie competenze; fanno meno carriera; guadagnano meno e sono oggetto di segregazione professionale.
“Le donne sono escluse dal lavoro – ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il suo discorso di insediamento – e la marginalità femminile rallenta lo sviluppo, oltre che essere un ritardo civile e umano”.
Sulla base di ciò, ci sono alcune questioni che vanno evidenziate maggiormente. Innanzitutto la famiglia spesse volte cessa di esistere agli occhi delle imprese e delle istituzioni. Il “carico” di famiglia è visto come un vincolo per la fluidità dei processi produttivi, salvo poi accorgersi che, come emerge in non pochi casi di welfare aziendale, la famiglia più che un peso è una riserva di flessibilità; di capacità di ammortizzazione e di spirito d’iniziativa su cui vale la pena investire.
Pochi interventi finanziari di sostegno; poche opportunità di conciliazione tra responsabilità famigliari e partecipazione attiva al mercato del lavoro e pochi servizi reali per la prima infanzia. Uno stato di cose enfatizzato da impostazioni di politica sociale scarsamente attente alle esigenze delle famiglie, specialmente per quelle con figli piccoli a carico.
A tutto ciò bisogna anche aggiungere il persistere delle diseguaglianze tra uomini e donne nell’ambito delle professioni lavorative sia esse di organizzazioni pubbliche che private. L’eliminazione del divario di genere favorisce, invece, la crescita complessiva. Da uno studio predisposto per la Commissione Europea risulta che una reale parità sul fronte dell’occupazione tra uomo e donna farebbe crescere il prodotto loro della Ue del 27%. Nello specifico, per l’Italia l’aumento sarebbe del 32%.
Bisogna dunque riflettere sulle condizioni necessarie affinché la conciliazione tra famiglia e lavoro possa diventare un gioco a somma positiva nell’economia e nel contesto sociale grazie a mentalità e culture rinnovate in grado di dare vita a nuovi comportamenti, strutture e modalità organizzative. Per poter fare accadere ciò, bisogna partire da un dato di fatto riguardante il fatto che le giovani donne nel nostro Paese intendono lavorare di più e meglio e lo fanno con un bagaglio di conoscenze, competenze ed abilità superiore a quello degli uomini.
Dall’esperienza faticosa e sofferta delle donne deriva un messaggio fondamentale: c’è la volontà di conciliare il ruolo di moglie, compagna e madre con la valorizzazione piena dei propri talenti nel contesto del lavoro extradomestico e anche dell’impegno civile.
Il mondo del lavoro e dell’economia richiede umanizzazione; ricomposizione di aspetti e dimensioni per lungo tempo separati; attenzione alle attese della gente e dell’ambiente e, infine, sintonia con i valori della vita privata e sociale.
In questo contesto, il Family Act, attualmente in discussione al Senato, può rappresentare un punto di svolta e fornire un quadro organico nel quale inserire le misure adottate in questi ultimi tempi, come l’assegno unico ed i congedi parentali.
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