Effetto Ucraina: difficoltà anche per il settore agroalimentare e siderurgico italiano

Effetto Ucraina: difficoltà anche per il settore agroalimentare e siderurgico italiano
L'allarme sulle forniture si allarga dal gas ad altre materie prime come l’acciaio, il mais ed il grano.

Infatti, a seguito dell'interruzione del gasdotto Yamal-Europa come risposta di Mosca alle sanzioni e i prezzi del gas in continuo aumento nel vecchio continente, le conseguenze della guerra in Ucraina iniziano a palesarsi anche in Italia. Basti vedere come, nel settore agroalimentare, i prezzi rischiano di salire a discapito dei consumatori, mentre in quello siderurgico si registrano i primi stop alla produzione.

Ad Amsterdam le quotazioni del gas sono volate alla cifra record di 208 euro al megawattora. Una delle soluzioni messe in campo dal Governo per liberare l'Italia da Putin è l'aumento delle forniture dall'Algeria, dalla quale dovremmo ricevere presto due miliardi di metri cubi in più rispetto ai volumi attuali.

La scarsità di metalli importati proprio dalle zone di guerra, invece, rischia di stoppare la siderurgia: se da un lato le acciaierie Ferriere Nord e le fonderie Zanardi hanno annunciato i primi fermi, dall’altro lo stabilimento Stellantis di Melfi chiuderà la prossima settimana a causa delle difficoltà di rifornire le centraline a motore.

Ulteriore problema dovuto al blocco delle importazioni dall'Ucraina riguarda i prezzi di mais e grano, fondamentali per gli allevamenti e l'industria agroalimentare, schizzati in alto.

Ucraina e Russia rappresentano quasi un terzo del commercio mondiale di grano (29%), che sulla borsa di Parigi ha raggiunto il prezzo record di 400 euro per una tonnellata, con un incremento del 38% in una sola settimana. Mentre il mais, viene scambiato sulla piazza di Chicago a 773 dollari allo staio e il frumento a oltre 1.225. L'Ucraina è il secondo fornitore di mais per l'Italia (il 20% del totale importato proviene da lì). In generale, l'Italia importa il 64% del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44% di grano duro necessario per la pasta, il 47% di mais ed il 73% della soia. Questi ultimi due prodotti sono fondamentali soprattutto per l'alimentazione animale.

La CAI, acronimo di Consorzi Agrari d'Italia, sottolinea che il costo dei prodotti agricoli incide sul 10% del prezzo del prodotto finale al consumatore. Di conseguenza, eventuali aumenti nel breve periodo di prodotti derivanti dal grano tenero, come pane, farine e biscotti, sarebbero dovuti principalmente al caro energia e ai rincari di trasporti, imballaggi e carburante.

Si è potuto infatti notare la mancanza di pasta ed altri prodotti sugli scaffali italiani dovuta più per lo sciopero degli autotrasportatori in questi giorni piuttosto che per la crisi in Ucraina.

"Le scorse settimane – spiega pastificio Rummo – abbiamo dovuto rallentare la produzione a causa dello stop degli autotrasportatori in quanto non abbiamo uno stoccaggio tale di materia prima che ci possa consentire di garantire la produzione senza un costante rifornimento. Produzione che è ripresa a pieno regime lunedì scorso".

"La guerra non mette in crisi la produzione della pasta in quanto dall'Ucraina proviene soprattutto grano tenero e non colpisce direttamente il sistema pastaio”, precisa Rummo, che inoltre aggiunge come "potrebbe colpire di più i panifici e i biscottifici. Sebbene a lungo andare potrebbero esserci dei sobbalzi a livello mondiale questi sono da escludere nel breve periodo".

Rummo utilizza grano italiano 100 per cento per le produzioni biologiche e grano italiano ed estero per le altre produzioni, "ma si tratta di grano proveniente da altre regioni del mondo come Australia e Arizona”. "E' chiaro – conclude – che laddove troviamo grano italiano sul mercato che rispetta i nostri standard qualitativi lo compriamo in quanto è anche più economico rispetto a quello proveniente dall'estero".