I lavoratori agricoli scendono in piazza: “prima essenziali, ora dimenticati”

 Giovanni Mininni, Onofrio Rota, Stefano Mantegazza Giovanni Mininni, Onofrio Rota, Stefano Mantegazza Foto M. Riccardi © AGR
Prosegue la mobilitazione, iniziata sabato 10 aprile davanti la Prefettura, dei lavoratori agricoli con lo sciopero indetto per venerdì 30 aprile.

“La mobilitazione dunque prosegue – affermano i segretari generali di Fai-Cisl, Flai-Cgil e Uila-Uil, Onofrio Rota, Giovanni Mininni e Stefano Mantegazza – “le lavoratrici e i lavoratori agricoli sciopereranno in tutta Italia venerdì 30 aprile per protestare contro le iniquità contenute nel Decreto Sostegni, ma anche contro i mancati rinnovi dei contratti provinciali, la mancanza della Naspi per i dipendenti delle cooperative e dei loro consorzi, l’assenza di una cassa integrazione stabile per i lavoratori della pesca, di una clausola di condizionalità sociale nella Politica agricola comune (PAC), di tutele per i lavoratori agricoli nelle zone colpite da calamità naturali. E al loro fianco, ci saranno anche gli operai idraulico forestali, privati del contratto nazionale dal 2012 e dunque in agitazione già da mercoledì 14 aprile con presìdi sotto la sede della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome”.
 
I lavoratori agricoli si sentono privati dei sostegni e dei diritti e si mobilitano per chiedere al Governo una parità di trattamento con altri settori e la possibilità di ricevere bonus commisurati alle tante giornate di lavoro perse in questo anno.
 
C’è da considerare che in Italia ci sono un milione di lavoratori nel settore agricolo, tra questi 100 mila sono a tempo indeterminato, mentre la stragrande maggioranza sono stagionali. I due terzi sono italiani, di età spesso avanzata e con un livello di scolarizzazione basso, mentre gli immigrati sono al momento un terzo della forza lavoro, ma la percentuale sta crescendo perché per le basse retribuzioni e gli elevati livelli di fatica provocano la fuga degli italiani dai campi. E ciò accade perché, come spiega Rota “vengono considerati lavoratori di serie B, con questi stipendi converrebbe ricorrere al reddito di cittadinanza”.
 
Le organizzazioni sindacali, infatti, evidenziano come ci sia stata una gravità delle discriminazioni a danno delle lavoratrici e dei lavoratori agricoli che hanno ricevuto, dall’inizio della pandemia che aveva trovato il settore agroalimentare in una situazione di emergenza per alcuni problemi specifici come la Xylella in Puglia e la cimice asiatica in Emilia Romagna, solo due misure di sostegno a marzo con un bonus di 600 euro e ad aprile del 2020 con un bonus di 500 euro.
 
“Ma a parte questi due bonus – spiega il Segretario Generale della Fai Cisl – sono rimasti sempre esclusi, così come quelli di altri due settori quello agrituristico e quello floro-vivaistico. Nonostante siano state perse oltre due milioni di giornate di lavoro nel 2020”.
 
Per questo motivo, chiedono un incontro urgente con le commissioni Agricoltura e Bilancio per modificare in corsa il decreto Sostegni e riuscire a colmare questo gap.
 
Gli interventi, destinati alle imprese e ai lavoratori e messi in campo del Governo, sono stati sproporzionati: i lavoratori hanno subìto un calo delle giornate lavorative molto significativo e non hanno beneficiato di nulla, neanche della possibilità di richiedere l’ammortizzatore sociale.
 
Nel concreto, la lista delle discriminazioni evidenziate dai sindacati è lunga. Come prima richiesta c’è il riconoscimento per l’anno 2020 delle stesse giornate di lavoro del 2019 e l’introduzione del bonus per i lavoratori stagionali agricoli insieme alla sua compatibilità con il reddito di emergenza. Si aggiungono, poi, l’estensione della Naspi ai dipendenti delle cooperative e dei loro consorzi; il riconoscimento di una cassa integrazione stabile per i lavoratori del settore pesca; l’introduzione della “clausola di condizionalità sociale” nella PAC e la garanzia di tutele per i lavoratori agricoli nelle zone colpite da calamità naturali fino ad arrivare al rinnovo del CPL per gli operai agricoli della Provincia di Latina scaduto il 31/12/2019.
 
“Il governo – affermano i sindacati – deve ascoltare il grido di rabbia e di dolore che viene da questi lavoratori che oggi si sentono dimenticati dopo essere stati, per tanti mesi, considerati essenziali”.