Immigrazione, Rota: 'politiche adeguate contro sfruttamento e lavoro nero'

Onofrio Rota Onofrio Rota Foto Giovanni Currado © AGR
“Con un aumento delle giornate di lavoro a 122.174.248 e con 358.314 lavoratori stranieri impiegati, l’agricoltura italiana si è confermata nel 2021 un driver della ripresa post-pandemica e dell’inclusione socioeconomica: ora servono politiche più adeguate di programmazione – ha dichiarato il Segretario generale della Fai-Cisl, Onofrio Rota, commentando i dati del nuovo Dossier statistico immigrazione, curato da Idos con Centro Studi Confronti e Istituto di studi politici “S. Pio V”, presentato nella giornata di ieri in tutta Italia – per rendere strutturale il contributo dell’immigrazione, a partire dallo snellimento burocratico rispetto ai permessi di soggiorno, se vogliamo colmare la mancanza di manodopera denunciata dalle imprese e contrastare sfruttamento e lavoro nero”.

Stando a quanto emerge dal Dossier, i lavoratori stranieri impiegati in agricoltura hanno registrato un lieve aumento nel 2021, essendo stati 357.768 nel 2020: “sulla totalità delle giornate di lavoro – ha detto Onofrio Rota – quelle relative agli stranieri sono 37.184.001, cioè il 30,4%. Anche questo è un dato in crescita costante e dimostra il ruolo determinante dell’immigrazione nel comparto primario, legato anche al mancato ricambio generazionale rispetto ai lavoratori italiani: sempre più giovani infatti si avvicinano all’agricoltura con obiettivi imprenditoriali, molto meno nell’ambito del lavoro dipendente. Diminuiscono – prosegue il sindacalista – lievemente i lavoratori rumeni, polacchi, slovacchi, ma anche marocchini e senegalesi, comunità presenti costantemente nel settore ma evidentemente più attratte dal ritorno nel proprio Paese o da altri settori diventati recentemente più remunerativi, come edilizia e trasporti. Mentre aumentano bangladesi, albanesi, pakistani, nigeriani, malesi, gambiani”.

Aggiunge, poi, affermando come questa tendenza “riflette in parte il generale cambiamento dei flussi migratori verso l’Italia, ma che richiede anche politiche specifiche per incentivare in agricoltura la formazione professionale e il lavoro di qualità, l’inclusione sociale e culturale, la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: sarà molto importante, da questo punto di vista, che il nuovo governo ci aiuti a contrastare e prevenire ogni forma di sfruttamento discriminazione, anche attraverso i fondi già previsti dal Pnrr, e che come parti sociali – conclude il sindacalista – si valorizzi il ruolo degli enti bilaterali territoriali sulla scia di quanto già fatto, in modo virtuoso, con diversi progetti pilota”.

Già qualche giorno prima il Segretario generale della Fai-Cisl aveva ribadito, nel suo intervento a Roma in occasione degli “Stati generali del mondo del lavoro agrifood”, come “il mercato del lavoro è un problema serio sia nell’industria alimentare, dove mancano decine di migliaia di tecnici specializzati, sia in agricoltura, dove l’incontro tra domanda e offerta di lavoro non funziona. I centri per l’impiego intercettano meno del 2% della manodopera agricola e inoltre rimane urgente riformare gli ingressi dei lavoratori immigrati, visto che quelli comunitari sono meno attratti oggi dal lavoro in Italia mentre gli extracomunitari spesso sono penalizzati dalla burocrazia e finiscono nei circuiti del lavoro nero e delle baraccopoli”.

C’è bisogno, come ha detto il sindacalista, di “uno sforzo condiviso tra sindacati, imprese e istituzioni per fare più formazione e qualificare il lavoro, sostenere la partecipazione dei lavoratori, lo sviluppo della contrattazione, il ricambio generazionale, ma soprattutto dobbiamo rafforzare il ruolo degli enti bilaterali territoriali per rispondere alla mancanza di manodopera favorendo un migliore incrocio tra domanda e offerta di lavoro, come avviene positivamente già in alcuni progetti pilota e come indicato dalla stessa Legge 199 del 2016 contro il caporalato”.