Licenziamenti, pesa il doppio effetto “guerra e covid”

Dopo il covid, che ha portato tante aziende piccole e medie a ricorrere alla cassa integrazione per Covid-19 e altri ammortizzatori sociali, riducendo così gli stipendi di lavoratori e lavoratrici, altra pesante tegola cade con la guerra russa in Ucraina.

La crisi c’è, si sente e comincia a gravare: cittadini già alle prese con gli aumenti dell’ultimo periodo, che hanno messo a dura prova la stabilità economica di singoli e di famiglie. In questo quadro, a dir poco disastroso, si sono aggiunte anche le aziende che, in assenza di misure dall’alto nonostante i vari appelli d’aiuto nei mesi scorsi, non trovano alternativa alla scelta peggiore, se non quella di mettere alla porta i propri lavoratori.

«La situazione è del tutto precipitata», evidenzia il coordinatore territoriale della Fai Cisl IrpiniaSannio, Alfonso Iannace, «e il primo segnale arriva dall’avvio della procedura di licenziamento di Nestlè».

Infatti, già lo scorso 11 marzo con una nota per il tramite dell’Unione Industriali di Benevento, l’azienda Nestlé aveva comunicato l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per settantotto lavoratori, nonostante nei mesi scorsi ci siano stati degli incontri in Confindustria con i sindacati per tentare di sospendere o rivedere questo provvedimento senza, però, trovare adeguate soluzioni condivise da tutti.

Con l’aumento del costo dell’energia e della mancanza di materie prime, le aziende si trovano in grosse difficoltà e a breve questa situazione comporterà ampie problematicità. Infatti, già molte aziende stanno utilizzando la cassa integrazione; altre hanno manifestato notevoli ristrettezze a poter continuare l’attività e dichiarato, come il Pastificio Rummo, che a breve sono costretti a fermare l’attività o a ridurre il personale a causa sia degli eccessivi costi energetici e sia per la mancanza di materie prime.

Un altro caso è stato quello dell’azienda “Unilever Manufacturing” di Caivano, in provincia di Napoli, che ha mandato nove lettere di licenziamento. Una situazione che però i sindacati di categoria – Flai Cgil, Fai Cisl, Uila Uil e Ugl Agro Alimentari con le Rsu aziendali - denunciano per «il mancato confronto sull' introduzione di un sistema non previsto dal Contratto di lavoro», ovvero la “turnazione a scorrimento” che era stata introdotta a partire da febbraio, in maniera unilaterale - secondo i sindacati - e in aggiunta alla turnazione prevista dal Contratto nazionale di lavoro degli alimentari, che prevede quaranta ore settimanali su quindici turni dal lunedì al venerdì.

«L'azienda», affermano i sindacati, «nel comunicare l'introduzione di questa turnazione l'aveva subordinata ad un accordo con i sindacati che però non c'è stato, introducendolo e facendo partire le lettere di contestazione e, infine, quelle di licenziamento nei confronti di nove dei ventuno dipendenti dello stabilimento di Caivano. I sindacati, proprio per questo motivo, chiedono l'immediato ritiro dei licenziamenti, ritenuti "immotivati, spropositati e pretestuosi ed il rispetto degli accordi e del contratto collettivo nazionale di lavoro».

La situazione attuale è fortemente a rischio. Le aziende italiane sono ormai in ginocchio e l’innalzamento dell’inflazione e l’aumento dei costi dell’energia stanno mettendo a rischio la fase di ripresa. E a rischiare di pagare questa situazione sono i lavoratori, i precari, le famiglie monoreddito, i pensionati ed i disoccupati.