Mai più ghetti, la petizione anticaporalato raggiunge quota 20 mila firme

Ghetto di Borgo Mezzanone Ghetto di Borgo Mezzanone Foto di Rossano Colagrossi
Ha raggiunto quota 20 mila firme la petizione “Mai più ghetti” lanciata due mesi fa dalla Fai-Cisl per impegnare la politica a superare il degrado delle baraccopoli. Tra i firmatari, anche Don Luigi Ciotti, fondatore e Presidente di Libera, il Segretario generale della Cisl Luigi Sbarra e molti altri sindacalisti, diversi parlamentari, leader politici, manager e imprenditori, giornalisti, attivisti della società civile.

La petizione, che può essere sostenuta sulla piattaforma change.org con pochi semplici passaggi, fa seguito all’omonima mozione che il sindacato ha redatto per chiedere ai parlamentari di impegnare il prossimo esecutivo nella lotta al caporalato. “In Italia, ogni giorno – si legge nel testo della petizione – migliaia di immigrati regolari o irregolari trovano rifugio nei ghetti delle campagne e dei sobborghi urbani: in condizioni disumane, sono costretti a inaccettabili e degradanti condizioni di vita, senza alcun rispetto della dignità della persona e dei propri diritti umani fondamentali. La Fai Cisl sottopone una mozione all’attenzione dei membri del Parlamento italiano, con l’auspicio che se ne facciano promotori, per ridare dignità alle persone attraverso il ripensamento delle politiche migratorie e dei procedimenti amministrativi necessari all’ottenimento dei permessi di soggiorno, e il completamento della mappatura degli insediamenti non autorizzati esistenti. Gli occasionali, seppure importanti, interventi locali, non bastano più”.

Intanto, un primo censimento ufficiale degli insediamenti è stato appena concluso dal Ministero del Lavoro con l’Anci nell’ambito del Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato. È emerso che 38 comuni hanno segnalato la presenza di 150 insediamenti informali o spontanei non autorizzati, con almeno 10 mila lavoratori, quasi tutti immigrati, che vivono in sistemazioni che vanno dalle poche unità registrate nei micro insediamenti, alle migliaia di persone nei ghetti più noti alle cronache. Alcune aree del Sud guidano la classifica delle 11 regioni coinvolte, ma il fenomeno interessa tutto il Paese.

“Questo rapporto non è la semplice mappatura di come i migranti vivono e lavorano nei nostri campi, ma restituisce in maniera più ampia il modo in cui sui nostri territori, oggi, riconosciamo o neghiamo dignità a quelle vite e a quel lavoro”, scrivono nella prefazione dell’indagine il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando e il presidente dell’Anci, Antonio Decaro. “Riconsegniamo ovunque alle parole ‘casa’ e ‘lavoro’ il senso che dovrebbero avere”.

Per il Segretario Generale della Fai-Cisl, Onofrio Rota, la ricerca conferma che “le baraccopoli continuano a crescere nonostante rappresentino una chiara violazione dei diritti umani che le istituzioni devono aiutarci a eliminare definitivamente con una nuova politica migratoria e con risposte strutturali a tutela della dignità dei lavoratori”. Tra le prime misure da intraprendere, i progetti da finanziare con i 200 milioni di euro del Pnrr previsti per superare questi insediamenti: “Speriamo siano solo il primo di tanti altri investimenti da concertare con le parti sociali”, ha detto Rota.