Obbligo green pass dal 15 ottobre, ma le aziende sono ancora impreparate

Obbligo green pass dal 15 ottobre, ma le aziende sono ancora impreparate
In attesa degli emendamenti che potranno essere presentati fino al 15 ottobre, con conseguenti possibili modifiche alla norma base che prevede l’obbligo di Green pass sui luoghi di lavoro, le aziende sono alle prese con una serie di nodi da sciogliere: dalla questione privacy che pende sui controlli fino alle probabili contestazioni da parte di alcuni dipendenti.

Quattro decreti, due leggi, otto voci all’articolo nove sulle norme per il Green Pass obbligatorio nei luoghi di lavoro dal 15 ottobre e ci sono ancora tanti cavilli che creano vuoti ed incertezze.

E’ stato stabilito cosa accade a quattro categorie, come per esempio al personale delle pubbliche amministrazioni o per quelle imprese con meno di 15 dipendenti dove, a seconda delle giustificazioni, c’è la possibilità di assenza ingiustificata o la conservazione del posto di lavoro con sospensione dello stipendio.

Ma per tre categorie, come chi fa formazione e volontariato per gli enti della pubblica amministrazione, non c’è nessun tipo di indicazione.

Nei seminari, tenuti dall’ex pm Raffaele Guariniello, sono tante le domande che gli vengono rivolte che dimostrano la necessità di aiutare le aziende ad avere un quadro più chiaro. Tra i problemi sollevati, quello che più desta preoccupazione, è quello che riguarda la sorte di alcuni lavoratori di cui non vi è nessun tipo di menzione in queste norme.

Nello specifico, non si dice nulla di come si devono comportare quei lavoratori esenti dal vaccino sulla base di certificazioni mediche. Le sanzioni non possono essere loro applicabili.

L’unica soluzione possibile, consigliata da Guariniello, è quella di “applicare la norma generale del testo unico per la sicurezza sul lavoro. Prevede che ci sia il giudizio del medico competente sull'idoneità del lavoratore a continuare a svolgere le proprie funzioni oppure adibirlo ad altra attività ove possibile. La giurisprudenza – afferma l’ex pm – dice che se non è possibile si può perdere il lavoro. Mi auguro dunque che venga inserita una norma apposita che chiarisca quale sia il loro futuro”.

Il datore di lavoro, dal canto suo, ha l’obbligo di fare controlli, anche a campione. Sono previste anche sanzioni amministrative pecuniarie da parte del prefetto. Ma anche su questo aspetto sorgono dei problemi.

Spiega, infatti, Raffaele Guariniello: “nei decreti legge si dice infatti che si applicano le sanzioni amministrative previste da un dl del 2020. Il quarto comma dice espressamente "salvo che il fatto non costituisca reato": secondo il testo unico, però il datore di lavoro ha l'obbligo di vigilare sull'osservanza delle norme vigenti e il lavoratore ha l'obbligo, sempre penalmente sanzionabile, di osservare le disposizioni del datore di lavoro in tema di sicurezza”.

Stando al quarto comma, è chiaro come il lavoratore sia perseguibile penalmente. Infatti, gli ispettori sono tenuti a segnalare al prefetto, ma anche alle procure, le prescrizioni emanate.

Un altro aspetto da chiarire è che qualcuno crede che l’obbligo di Green Pass si estenda solo nelle aziende. Ma non è così. “Il luogo di lavoro – spiega Guardiniello – si estende a qualsiasi posto in cui è svolta un'attività professionale. Anche l'auto e il percorso per lavoro, anche la propria casa dove si sta facendo smart working. Non solo: rientrano anche i luoghi delle pause, secondo la Cassazione. E quindi anche le mense aziendali, che per il testo unico sono inseriti proprio tra gli ambienti di lavoro”.

E’ da segnalare, poi, un ultimo aspetto. Il garante della privacy lo scorso 13 agosto ha detto che solo il medico competente e mai il datore di lavoro deve trattare i dati sulle vaccinazioni. Tuttavia ai datori di lavoro si affida il controllo del green pass.