Ocse: produzione globale perderà 2.800 miliardi a causa di guerra, inflazione e tassi

Queste le nuove stime Ocse, rilasciate lunedì scorso, mettono in evidenza le conseguenze economiche della guerra provocata da Mosca, in aggiunta all’impennata dei prezzi e alla stretta delle Banche centrali.
“Guerra, alti prezzi dell’energia e dei generi alimentari, politica zero Covid della Cina freneranno la crescita, – ha detto Mathias Cormann, Segretario Generale dell’Ocse –, mentre l’inflazione sarà più alta e persistente”.
Tra i Paesi che subiranno maggiormente questa situazione, c’è al primo posto la Germania, che l’anno prossimo avrà una contrazione del Pil dello 0,7%, dopo la crescita dell’1,2% registrata nel 2022; gli Stati Uniti, che secondo le previsioni, subirà una drastica frenata del Pil all’1,5% nel 2022 e allo 0,5% nel 2023.
Per l’Eurozona, l’Ocse prevede una crescita del 3,1% nel 2022, a cui seguirà una stagnazione nel 2023, nel momento in cui il Pil aumenterà solo dello 0,3%. Qualora si presenteranno ulteriori shock su forniture e prezzi del gas, nel 2023 il Pil dell’Eurozona potrebbe perdere oltre 1,2 punti percentuali in più. Questo comporterebbe un anno pieno di recessione in gran parte delle sue economie.
La crescita della Cina, invece, dovrebbe rallentare al 3,2% quest’anno, dovuto alle misure d’emergenza adottate in forza della politica “Zero Covid” e della crisi del mercato immobiliare. Le misure di sostegno varate dal Governo, che valgono fino al 2% del Pil, dovrebbero accelerare l’anno prossimo con una crescita al 4,7%.
Per poco si salva l’Italia, dove la crescita prevista dall’Ocse per il 2022 è ancora un solido 3,4%, che crolla però allo 0,4% nel 2023.
“Un fattore chiave che rallenta la crescita mondiale – spiega l’Ocse – è il continuo e generalizzato inasprimento della politica monetaria nella maggior parte delle economie, in risposta all’inflazione”. L’erosione del reddito reale disponibile, la bassa fiducia dei consumatori e i prezzi elevati dell’energia, in particolare il gas naturale in Europa, peseranno su consumi ed investimenti.
La Russia, che ha scatenato la guerra in Ucraina, dovrebbe registrare una contrazione del Pil del 5,5% quest’anno e del 4,5% nel 2023.
L’inflazione dovrebbe raggiungere il picco nel trimestre in corso nella maggior parte delle principali economie e diminuire nell’ultima parte dell’anno e per tutto il 2023. Nonostante ciò, nel 2023 rimarrà ben al di sopra degli obiettivi delle Banche centrali quasi ovunque.
Mentre negli Stati Uniti, dove l’inasprimento della politica monetaria è cominciata prima e dove l’inflazione potrebbe aver già toccato il picco, la frenata dell’indice core sarà più rapida fino a scendere al 2,7% a fine anno; in Europa, invece, dove la stretta monetaria è partita più tardi e dove l’aumento dei costi sta contagiando tutti i settori, l’inflazione core toccherà il 4,5% intorno alla fine del 2022 e scenderà sotto al 4% durante la seconda metà del 2023.
Stando a quanto detto dall’Ocse, per poter abbassare l’inflazione in modo duraturo, occorre un’ulteriore inasprimento della politica monetaria, anche se questo porterà ad un periodo di crescita al di sotto dei trend.
“E’ necessaria una politica monetaria più rigorosa per ripristinare la fiducia delle famiglie e delle imprese. Se non lo si fa ora – ha detto Cormann – il rischio è che più avanti si debbano adottare misure più dolorose e costose”.
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