Sbarra: 'un nuovo patto sociale' per la ricostruzione del Paese

Luigi Sbarra Luigi Sbarra Foto G. Currado © AGR
All’Italia “serve una vera e propria ricostruzione”, partendo da un nuovo patto sociale tra imprese, governo e sindacati e da una nuova politica dei redditi, basato su lavoro di qualità, stabile, sicuro e non povero; crescita dei salari e recupero del potere d’acquisto eroso dall’inflazione agendo sul fisco e sulla contrattazione; riforme ed investimenti con l’utilizzo delle risorse del Pnrr e maggiore flessibilità per le pensioni.

Un “nuovo modello di sviluppo” basato sul valore del lavoro perché gli anni drammatici della pandemia dimostrano che “è il lavoro che ha salvato l’Italia e l’Europa” e “che non può bastare un algoritmo a far girare il mondo”.

Così il Segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, delinea la rotta del sindacato durante il XIX Congresso, tenutosi la scorsa settimana a Roma, nel quale è stato rieletto all’unanimità dal Consiglio generale per altri quattro anni.

Con il governo Draghi “ci sono stati riscontri forti e positivi. Si è finalmente aperto un dialogo sociale”, fa sapere Sbarra nella relazione introduttiva del Congresso. Ma adesso bisogna fare un passo avanti, recuperando “lo spirito del 1993 col governo Ciampi” per arrivare a “un nuovo patto sociale” tra Governo, imprese e sindacati.

Partendo da un approccio contrattualista e partecipativo, dice no al “salario minimo di Stato” e lancia una raccolta di firma affinché i lavoratori siano rappresentati negli organismi direttivi delle aziende, a partire da quelle pubbliche. Dopo il Covid, con la guerra in corso ed il boom dell’inflazione siamo “nel mezzo di una tempesta perfetta”, che – avverte Sbarra – “da qui a Dicembre graverà sulle famiglie e sui bilanci per 70-100 miliardi”.

Il no al salario minimo legale è motivato dal rischio che “milioni di persone escano dalle buone tutele dei contratti”. Per Sbarra, la via da seguire è quella “pattizia, dell’estensione dei migliori contratti”.

Come prima cosa, bisogna difendere i consumi e l’occupazione nella fase di emergenza, poi in prospettiva dare respiro ai redditi con una riforma del fisco e il rinnovo dei contratti. “Dopo decenni di perdita salariale, non possiamo accontentarci di riallineare i redditi all’inflazione – afferma il leader della Cisl –, dobbiamo elevare il potere reale d’acquisto di lavoratori, pensionati e famiglie”, rivedendo “i criteri di distribuzione della produttività” e “l’indici di rivalutazione dei salari”, anche alla luce del caro energia ma “senza automatismi anti-storici”.

Proprio una riforma delle pensioni è tra le priorità della Cisl con la richiesta rilanciata di uscire dopo 41 anni di contributi o dai 62 anni di età, evitando lo “scalone” di 5 anni che si produrrà dal 2023, e con una particolare attenzione all’attuazione del Pnrr che dovrà contribuire ad aumentare l’occupazione, soprattutto femminile e giovanile, e a ridurre le diseguaglianze.

Apertura anche agli altri sindacati, dopo la rottura sullo sciopero generale di Cgil e Uil lo scorso dicembre, che non significa però “omologazione a un pensiero unico”. “L’unità non è un feticcio fine a se stesso, deve essere invece costruzione di sintesi avanzate”. Un disegno di un sindacalista “autonomo, contrattualista, riformista e pragmatico” che, spiega Sbarra, “non rinuncia al conflitto quando è necessario ma che ambisce ed è capace di essere strumento di trasformazione in senso solidale partecipativo”.

Durante il Congresso, sono stati inviati un messaggio di papa Francesco, che invitava il sindacato a una “rinnovata attenzione alla centralità della persona umana”, e del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che indica “nella dignità del lavoro il motore del progresso dell’intera società”.