15 anni senza Richard Harris, l’uomo chiamato cavallo e Marco Aurelio di Il gladiatore

Nato a Limerick - in Irlanda - nell’ottobre 1930, figlio di proprietari di un mulino, cresce in una fattoria - sviluppando quell’amore per l’ambiente e per gli animali che conserverà anche nel corso della sua intera vita - e all’età di nove anni comincia a giocare a rugby, sport a cui subito si appassiona.
Nel ’54 una leggera forma di tubercolosi lo costringe ad abbandonare il rugby - che ormai praticava a livelli agonistici - e, seguendo il consiglio di un’amica, si iscrive ad una scuola di recitazione, rivelando fin da subito un ragguardevole talento. Un talento che non passa inosservato.
Dopo circa tre anni di teatro - attività che proseguirà in modo piuttosto regolare per oltre trent'anni - nel ’58 esordisce al cinema in un ruolo secondario in Alive and Kicking di Cyryl Frankel ed in televisione in un episodio di ITV Play of the Week e ITV Television Playhouse.
Dopo alcuni incisivi ruoli secondari (Il fronte della violenza - 1959 - di Michael Anderson, in cui lavora con James Cagney, Don Murray e Glynys Jones, I giganti del mare - 1959 -, anch’esso diretto da Michael Anderson ed in cui recita con Gary Cooper - al suo penultimo film -, Charlton Heston, Virginia McKenna e Michael Redgrave, Cospiratori - 1960 - di Tay Garnett, con Robert Mitchum, il bellico I cannoni di Navarone - 1961 - di Jack Lee Thompson, con Gregory Peck, David Niven, Anthony Quinn, Irene Papas, Anthony Quayle e Stanley Baker, La pattuglia dei 7 - 1961 - di Leslie Norman, Gli ammutinati del Bounty - 1962 - di Lewis Milestone, con Marlon Brando e Trevor Howard), nel ’63 interpreta il suo primo ruolo da protagonista: l’irruento e autodistruttivo giocatore di rugby in Io sono un campione di Lindsay Anderson, considerato uno fra i capolavori del Free Cinema inglese degli anni Sessanta, e con cui ottiene una Nomination all’Oscar come Miglior Attore Protagonista e vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes.
Nel ’64 è in Italia ed interpreta il ruolo dell’architetto amante di Monica Vitti in Deserto rosso di Michelangelo Antonioni. Dal grande regista ferrarese verrà diretto anche l’anno seguente in Gli amanti celebri, episodio di I tre volti (1965).
Dopo il suo “periodo d’oro”, in cui interpreta sia ruoli da coprotagonista (il bellico Gli eroi di Telemark - 1965 - di Anthony Mann, interessante film sulla lotta di resistenza dei norvegesi contro i tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, ed in cui lavora con Kirk Douglas, il western Sierra Charriba - 1965 - di Sam Peckinpah, con Charlton Heston, James Coburn e Warren Oates, Hawaii - 1966 - di George Roy Hill, con Julie Andrews, Max von Sydow e Gene Hackman, La Bibbia - 1966 - di John Huston) sia da protagonista (Camelot - 1967 - di Joshua Logan, in cui interpreta Re Artù di Camelot - ruolo che riprenderà più volte anche a teatro -, e con cui vince un Golden Globe, Caprice - La cenere che scotta - 1967 - di Frank Tashlin, I cospiratori - 1970 - di Martin Ritt, in cui recita con Sean Connery in una “gara di bravura” in cui, obiettivamente, stabilire un “vincitore” sarebbe impresa piuttosto ardua, Cromwell - 1970 - di Ken Hughes, con Alec Guinness, il celebre western Un uomo chiamato cavallo - 1970 - di Elliott Silverstein, considerato - insieme ai quasi coevi Ucciderò Willy Kid di Abraham Polonsky, Piccolo grande uomo di Arthur Penn, Soldato blu di Ralph Nelson e Corvo rosso… non avrai il mio scalpo! di Sydney Pollack - come uno fra i migliori western della cosiddetta “New Hollywood” di fine Sessanta/inizio Settanta, Un uomo in vendita - 1971 -, scritto - insieme a Wolf Mankowitz - e diretto - insieme a Uri Zohar - dallo stesso Harris, e con cui ottiene una candidatura all’Orso d’Oro al Festival di Berlino, il western Uomo bianco… va col tuo Dio! - 1971 - di Richard C. Sarafian, rifatto nel 2015 con Revenant - Redivivo di Alejandro Gonzales Inarritu, con Leonardo Di Caprio -, La rossa ombra di Riata - 1973 - di Barry Shear e Samuel Fuller, Il gabbiano Jonathan Livingston - 1973 - di Hall Bartlett, tratto dal celebre libro omonimo di Richard Bach del '70, ed in cui presta la sua voce al gabbiano Jonathan, il poliziesco Attento sicario: Harry Crown è in caccia - 1974 - di John Frankenheimer, il claustrofobico thriller Juggernaut - 1974 - di Richard Lester, con Omar Sharif e Anthony Hopkins, il drammatico Echi di una breve estate - 1975 - di Don Taylor, con una giovanissima Jodie Foster, Cassandra Crossing - 1976 - di George Pan Cosmatos, con Sophia Loren e Burt Lancaster, Robin e Marian - 1976 - di Richard Lester, con Sean Connery, Audrey Hepburn, Robert Shaw e Nicol Williamson, La vendetta dell’uomo chiamato cavallo - 1976 - di Irving Kershner, L’orca assassina - 1977 - di Michael Anderson, con Charlotte Rampling e Will Sampson, I quattro dell’Oca selvaggia - 1978 - di Andrew V. McLagen, con Richard Burton, Roger Moore e Hardy Kruger, Il gioco degli avvoltoi - 1979 - di James Fargo, Gli sciacalli dell’anno 2000 - 1979 - di Richard Compton, Un uomo chiamato uomo - 1980 - di Roy Boulting, Il trionfo dell’uomo chiamato cavallo - 1982 - di John Hough), nel corso degli anni Ottanta ha un periodo di crisi e lavora soprattutto a teatro.
Negli anni Sessanta e Settanta merita d’esser ricordata anche la sua carriera da cantante, con canzoni quali MacArthur Park (1968), My Boy (1971) e Jonathan Livingston Seagull (1973), che, fra il ’68 e l’82, porta in tournée in giro per gli Stati Uniti ed anche in Europa.
Fra il 1985 ed il 1991 vive in Europa - in Inghilterra e in Irlanda - lavorando a teatro, insegnando recitazione - dal 1986 al 1988 - scrivendo una raccolta di poesie e di racconti (pubblicati nel libro Honor Bound) ed interpretando il celebre commissario francese - creato da Georges Simenon - Jules Maigret in Maigret (1988) di Paul Lynch, film televisivo nato come pilot di una miniserie che R. Harris aveva accettato di interpretare, ma che non verrà mai realizzata.
Nel ’90 avviene la sua “resurrezione” cinematografica, con il ruolo da protagonista ne Il campo di Jim Sheridan, con cui ottiene una Nomination all’Oscar come Miglior Attore Protagonista e la Palma d’Oro al Festival di Cannes.
Grazie a tale performance, anche Hollywood - da cui era lontano da circa un decennio - si ricorda di lui e lo ingaggia per incisivi ruoli da maturo coprotagonista per film quali Gli spietati (1992) di Clint Eastwood, con Gene Hackman, Morgan Freeman e lo stesso C. Eastwood, Giochi di potere (1992) di Phillip Noyce, con Harrison Ford, Ricordando Hemingway (1993) di Randa Haines, con Shirley MacLaine, Robert Duvall ed una giovane Sandra Bullock, Silent Tongue (1993) di Sam Shepard.
Negli anni successivi, il navigato R. Harris continua a lavorare sia in televisione (Abramo - 1994 - di Joseph Sargent, The Great Kandinsky - 1995 - di Terry Winsor, Grizzly Falls - La valle degli orsi - 1998 - di Stewart Raffill, girato in Canada) sia al cinema. Lo ricordiamo in Il senso di Smila per la neve (1997) di Billie August, tratto dal libro omonimo del danese Peter Hoeg ed in cui lavora con Julia Ormond, Gabriel Byrne, Tom Wilkinson e Robert Logga, nel documentario To Walk with Lions (1998) di Carl Schult, girato in Kenya, nel russo Il barbiere di Siberia (1998) di Nikita Mikhalhov, fino ad arrivare ai suoi ultimi ruoli, quelli per cui è maggiormente noto fra il “grande pubblico” più giovane: quello di Marco Aurelio nel celebre Il gladiatore (2000) di Ridley Scott, con Russell Crowe, Joaquin Phoenix e Oliver Reed (al suo ultimo film) dell’Abate Faria nel film tv Montecristo (2001) di Kevin Reynholds, tratto (in modo piuttosto “libero” - volendo usare un generoso eufemismo) da Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas ed in cui recita con Jim Caviezel, e quello del mago Albus Silente, preside della scuola di magia nei primi due film della saga di Harry Potter (Harry Potter e la pietra filosofale - 2001 - e Harry Potter e la camera dei segreti - 2002 - di Chris Columbus). A partire dal terzo film della serie verrà sostituito da Michael Gambon.
Nel 2005, in occasione di quello che sarebbe stato il suo settantacinquesimo compleanno, lo scultore Seamus Connolly realizza una statua in bronzo a grandezza naturale che raffigura R. Harris diciottenne mentre gioca a tennis. Tale scultura, scoperta da Russell Crowe nella cerimonia d’inaugurazione, si trova a Kilkee, in Irlanda. Un'altra statua a grandezza naturale del grande attore irlandese, realizzata da Jim Connolly e raffigurante il suo Re Artù in Camelot, è stata realizzata nel centro di Limerick.
Nel 2010, forse per “rimediare” al fatto che l’Academy Awards non lo hai mai premiato con un Oscar - neppure quello alla Carriera - anche negli Stati Uniti vengono organizzate alcune retrospettive in cui vengono proiettati moti suoi film.
Alessandro Poggiani
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