15 anni senza Sydney Pollack

Sydney Pollack in "Michael Clayton" di Tony Gilroy Sydney Pollack in "Michael Clayton" di Tony Gilroy
Quindici anni fa moriva il grande regista, produttore ed attore americano noto per aver diretto film quali “Joe Bass l’implacabile”, “Ardenne 44, un inferno”, “Non si uccidono così anche i cavalli?”, “Corvo rosso… non avrai il mio scalpo”, “I tre giorni del Condor”, “Il cavaliere elettrico”, “Diritto di cronaca”, “Tootsie”, “Il socio”, “The Interpreter” e molti altri.

«Nei film quel che mi affascina è la ricerca del carattere umano, della pace, della tranquillità e della priorità dell’esistenza rispetto al resto. È l’unica ragione per cui faccio film. Io guardo i film degli altri, e magari mi piacciono: solo, io non saprei mai farli così» (Sydney Pollack)

«Elegante ed eufemistico, Pollack non è un regista dei nostri anni. Amante di Kazan e Stevens, non può non trovarsi fuori posto in un mondo che ha dimenticato il senso delle proporzioni, del corpo, dell’umanesimo, e naturalmente dei sentimenti. Per sua stessa dichiarazione, scava i generi dall’interno, senza radicalizzare alcunché; i suoi esperimenti sono costruiti sulla grazia della composizione, non sulla giustapposizione degli incongrui. Autore attratto dall’obliquità, l’odierno cinema dell’effettistica e della spettacolarità non può che essergli estraneo» (Franco La Polla in Franco La Polla - a cura di -, Sydney Pollack. Cineasta e gentiluomo, Lindau, Torino 1997)

 

Nato a Lafayette - nell’Indiana - nel luglio 1934, già attore sul piccolo schermo - compreso The Contest For Aaron Gold (1960) diretto da Norman Lloyd, episodio della serie Alfred Hitchcock Presents -, attore esordiente (insieme a Robert Redford) in Caccia di guerra (1962) di David Sanders, Sydney Pollack esordisce con personalità nella regia cinematografica fra melodramma psicologico, - La vita corre sul filo (1965) -, con Sidney Poitier, Anne Bancroft e Telly Savalas - ed affresco sociale d’ispirazione letteraria - Questa ragazza è di tutti (1966), tratto da Tennessee Williams ed interpretato da Nathalie Wood e Robert Redford.

Acuto esploratore dei generi, sfrutta le loro caratteristiche peculiari in chiave metaforica. E così il western picaresco sottende il confronto razziale - Joe Bass, l’implacabile (1968), con Burt Lancaster, Ossie Davis e Telly Savalas -,  il film bellico, anche attraverso la stilizzazione figurativa, richiama il drammatico confronto di valori imposto dalla guerra - Ardenne 44, un inferno  (1969), con Burt Lancaster, Patrick O’ Neal e Jean-Pierre Aumont -, lo sguardo insistito su un rito sociale del passato, nella sua dimensione di angosciante claustrofobia, rinvia alla condizione culturale del presente - il drammatico Non si uccidono così anche i cavalli? (1969), con Jane Fonda, Michael Sarrazin e Susannah York, e che segna la vera affermazione del Pollack regista.

Dirigendo l’amico Robert Redford (otto film nei circa venticinque anni compresi fra il ’66 e il ’90), maschera del progressismo americano degli anni Settanta, è fra i pionieri del western filoindiano ed antimilitarista - Corvo rosso… non avrai il mio scalpo! (1972), considerato quasi all’unanimità - insieme ai coevi Ucciderò Willy Kid di Abraham Polonsky, Un uomo chiamato cavallo di Elliott Silverstein, Piccolo grande uomo di Arthur Penn, Soldato blu di Ralph Nelson e Uomo bianco, va col tuo Dio! Di Richard C. Sarafian - come uno fra i migliori western della cosiddetta New Hollywood di fine anni Sessanta/inizio Settanta -, così come nello sguardo “di sinistra” sulla storia americana dagli anni Trenta ai Cinquanta (ovverosia da Roosevelt fino al maccartismo) attraverso la fusione fra amore e politica - Come eravamo (1973), con Barbra Streisand e R. Redford.

Negli anni successivi percorre il thriller spionistico di denuncia con il celebre I tre giorni del Condor (1975), tratto dal libro di James Grady I sei giorni del Condor ed interpretato da Robert Redford, Faye Dunaway, Max von Sydow, Cliff Robertson e John Houseman, o attualizza il western in chiave crepuscolare con l’ottimo - e purtroppo ingiustamente sottovalutato - Il cavaliere elettrico  (1979), con Robert Redford, Jane Fonda e John Saxon, mentre diventa produttore dei suoi film a partire da opere “sotto le righe” - Yakuza (1975), con Robert Mitchum e Brian Keith, Un attimo, una vita (1977), tratto dal libro di Eric Marie Remarque Il cielo non ha preferenze ed interpretato da Al Pacino e Marthe Keller.

Diritto di cronaca (1981), con Paul Newman, Sally Field, Bob Balaban e Melinda Dillon, è giustamente considerato - insieme a Quarto potere di Orson Welles, L’asso nella manica di Billy Wilder, L’ultima minaccia di Richard Brooks, Un volto nella folla di Elia Kazan, Prima pagina di B. Wilder, Quinto potere di Sidney Lumet, Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula, Sotto tiro di Roger Spottiswoode e Broadcast News - Dentro la notizia di James L. Brooks - come uno fra i migliori film americani sul giornalismo mai realizzati.

Gli anni Ottanta lo rivelano nella commedia al vetriolo - Tootsie (1982), con Dustin Hoffman e Candice Bergen - , ma anche in film più “accademici” – il celebre La mia Africa (1985), tratto dal libro omonimo di Karen Blixen ed interpretato da Meryl Streep e Robert Redford -, sia pur con grande autenticità di fondo.

Leggermente meno “a fuoco” nelle storie sentimentali tormentate - Havana (1990), con Robert Redford e Lena Olin, Destini incrociati (1998), con Kristin Scott Thomas e Harrison Ford - e nel thriller - Il socio (1993), tratto dal libro omonimo di John Grisham ed interpretato da Tom Cruise e Gene Hackman -, dopo Sabrina (1995), con Julia Ormond, Harrison Ford, Greg Kinnear, Fanny Ardant, Angie Dickinson e Richard Crenna - elegante remake del celebre film omonimo (1954) di Billy Wilder con Audrey Hepburn, Humphrey Bogart, William Holden e Martha Hyer -, a partire dagli anni Novanta mette a segno una serie di ottime performances da attore - Mariti e mogli (1992) di e con Woody Allen, I protagonisti (1992) di Robert Altman), culminate in Eyes Wide Shut (1998), di Stanley Kubrick (alla sua ultima regia), e felici intuizioni da produttore - I favolosi Baker (1989) e Omicidi di provincia (1993) di Steve Kloves, o la commedia Sliding Doors (1998) di Peter Howitt.

Da attore appare anche in La morte ti fa bella (1992) di Robert Zemeckis, A Civil Action (1998) di Steven Zaillan, Ipotesi di reato (2002) di Roger Mitchell, Un po’ per caso, un po’ per desiderio (2006) di Danièle Thompson, Un amore di testimone (2008) di Paul Weiland.

Il suo ritorno alla regia (che purtroppo sarà l’ultima) è sotto il segno del thriller - The Interpreter (2005), con Nicole Kidman e Sean Penn, per cui ottiene il permesso di girare alcune scene all'interno del palazzo nelle Nazioni Unite a New York (permesso che, alla fine degli anni Cinquanta, era stato rifiutato ad Alfred Hitchcock per il celebre Intrigo internazionale). Così come la produzione di Michael Clayton (2007) di Tony Gilroy, con George Clooney, Tilda Swinton (Oscar come Miglior Attrice non Protagonista) e Tom Wilkinson, uno fra e più riusciti legal movie d’impronta classica degli ultimi quindici/vent’anni (poco ha da invidiare ai grandi film degli anni Cinquanta, Sessanta, Settanta e Ottanta diretti da grandi registi quali Sidney Lumet, Stanley Kramer, Robert Mulligan, Alan J. Pakula, e lo stesso S. Pollack), in cui appare anche come attore (in un ruolo molto incisivo, una fra le sue migliori performances della sua carriera).

Fra gli altri film da lui prodotti ricordiamo Accordi sul palcoscenico (1980) di Jerry Schatzberg, Successo alle stelle (1984) di Alan Rudolph, Le mille luci di New York (1988) di James Bridges, Presunto innocente (1990) di Alan J. Pakula, tratto dal libro omonimo di Scott Turow ed interpretato da Harrison Ford, Sua maestà viene da Las Vegas (1991) di David S. Ward, L'altro delitto (1991) di Kenneth Branagh, Fuga per un sogno (1992) di Edward Zwick, In cerca di Bobby Fischer (1993) di Steven Zaillan, Ragione e sentimento (1996) di Ang Lee, tratto dal romanzo omonimo di Jane Austen ed interpretato da Emma Thompson, Kate Winslet, Hugh Grant e Alan Rickman, Il talento di Mr Ripley (1998) di Anthony Minghella, Una notte per decidere (2000) di Philip Haas, Blow Dry (2001) di Paddy Breathnach, Birthday Girl (2001) di Jez Butterworth, Heaven (2002) di Tom Twyker, The Quiet American (2002) di Philip Noyce, Ritorno a Cold Mountain (2003) di Anthony Minghella, Forty Shades of Blue (2005) di Ira Sachs, Catch a Fire (2006) di Philip Noyce, Complicità e sospetti (2006) di A. Minghella, The Reader - A voce alta (2008) di Stephen Daldry, Margaret (2011) di Kenneth Lonergan, uscito postumo (tre anni dopo la sua scomparsa).

La sua carriera viene interrotta solo dalla morte, che lo coglie dopo una breve malattia all’età di settantatré anni, quando era ancora in piena attività su tutti i fronti.

 

Ad ulteriore conferma e dimostrazione del suo eclettismo, della sua indole “di multiforme ingegno” e della sua notevole intelligenza, impossibile non citare il fatto che Sydney Pollack, per oltre trent’anni, è stato attivo sia nella promozione dei nuovi talenti cinematografici sia, nello stesso tempo, nella preservazione dei grandi capolavori del passato (è stato membro fondatore e socio sia del Sundance Institute di Robert Redford sia della Film Foundation di Martin Scorsese

 

 

 

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.