25 anni senza Burt Lancaster

Nato a New York il 2 novembre 1913, trapezista in vari circhi dal 1929 al 1941, viene costretto ad interrompere la carriera a causa di una frattura ad un braccio.
Dopo vari lavori saltuari, nel ’43 si arruola fra i marines e, nei due anni successivi, combatte nella Seconda guerra mondiale (in Africa settentrionale e sbarca in Italia insieme agli altri militari alleati).
Dopo qualche esperienza teatrale, esordisce al cinema ne I gangsters (1946) di Robert Siodmak, tratto da uno fra i Quarantanove racconti di Ernest Hemingway ed in cui lavora con Ava Gardner, e l’anno seguente, giganteggia da protagonista in Forza bruta (1947) di Jules Dassin, capolavoro carcerario degli anni Quaranta.
I film successivi son quasi tutti dei classici, in cui Lancaster padroneggia sempre meglio il suo stile di recitazione ed arricchisce sempre più di sfaccettature e finezze psicologiche i suoi personaggi. Ne Il terrore corre sul filo (1948) di Anatole Litvak, è il marito assassino che in circa un’ora e mezza di suspense ininterrotta rappresenta un serio pericolo per la moglie (interpretata da Barbara Stanwyck), mentre ne La leggenda dell’arciere di fuoco (1950) di Jacques Tourneur e Il corsaro dell’isola verde (1952) di Robert Siodmak, mette in evidenza le sue doti acrobatiche, che poi tempererà e drammatizzerà in grandi western come Vera Cruz (1954) di Robert Aldrich, in cui è antagonista di Gary Cooper, e Sfida all’OK Corrall (1957) di John Sturges, in cui lavora con Kirk Douglas (con il quale aveva già recitato nove anni avanti nel noir Le vie della città - 1948 - di Byron Haskin e con cui stabilirà un ottimo rapporto di amicizia ed una collaborazione artistica che, nei circa trent’anni successivi, li vedrà insieme in altri sei film).
Nel frattempo, l’esperienza arricchisce la sua maschera di malinconie e mezzi toni con cui affronta personaggi più ambigui e sofferti, fra cui il giornalista psicopatico di Piombo rovente (1957) di Alexander MacKendrick, il giudice tedesco che viene processato a Norimberga di Vincitori e vinti (1961) di Stanley Kramer o l’ergastolano che diventa uno fra i massimi esperti al mondo in ornitologia de L’uomo di Alcatraz (1962) di John Frankenheimer, con cui vince la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia (dopo l’Oscar come Miglior Attore Protagonista vinto due anni avanti con il predicatore esaltato de Il figlio di Giuda - 1960 - di Richard Brooks) ed ottiene una Nomination all’Oscar come Miglior Attore Protagonista (Oscar che verrà vinto da Gregory Peck per il bellissimo Il buio oltre la siepe di Robert Mulligan, tratto dal libro omonimo - Premio Pulitzer 1960 - di Harper Lee).
Nel 1963 Luchino Visconti gli imprime i tratti asciutti e dolenti del principe di Salina ne Il Gattopardo, celeberrima versione cinematografica del libro omonimo (Premio Strega 1959) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa interpretata anche da Claudia Cardinale, Alain Delon, Paolo Stoppa, Serge Reggiani, Romolo Valli, Rina Morelli, Lucilla Morlacchi, Mario Girotti - il futuro Terence Hill -, Giuliano Gemma ed Ottavia Piccolo. Nel film Lancaster, elegante più che mai negli impeccabili vestiti dell’aristocratico borbonico che si trova costretto a confrontarsi con il nuovo vento garibaldino, riesce a dominare la scena senza manierismi e senza farsi sopraffare dalla sfarzosità delle scenografie, degli arredamenti e dei costumi, fondendo, da vero precursore (qualche anno prima dell’affermazione di attori quali Robert Redford, Jack Nicholson, Dustin Hoffman, Al Pacino, Robert De Niro), la professionalità ed il carisma hollywoodiano con la sensibilità europea, con uno stile fino ad allora sconosciuto agli attori americani.
In età più matura, per dare spessore ai suoi personaggi gli basta sempre meno. Rende crepuscolare l’antieroe western (Io sono la legge - 1971 - di Michael Winner, con Robert Ryan e Lee J. Cobb, Io sono Valdez - 1971 - di Edwin Sherin, con Susan Clark, Joe Cypher e Hector Elizondo, Nessuna pietà per Ulzana - 1972 - di Robert Aldrich, con Bruce Davison) e gangster (Atlantic City - 1980 - di Louis Malle, con Susan Sarandon).
In Italia, viene diretto nuovamente da L. Visconti in Gruppo di famiglia in un interno (1974), con Claudia Cardinale e, negli anni successivi, appare in Novecento (1976) di Bernardo Bertolucci, nel film tv Mosè (1977) di Gianfranco De Bosio, La pelle (1981) di Liliana Cavani, il cui lavora per la quarta ed ultima volta con Claudia Cardinale, nelle miniserie tv Marco Polo (1982) di Giuliano Montaldo e Verdi (1983) di Renato Castellani, Il giorno prima (1987) di Giuliano Montaldo, nello sceneggiato tv I promessi sposi (1989) di Salvatore Nocita e nel film tv Il viaggio del terrore: la vera storia dell’Achille Lauro (1990) di Alberto Negrin.
Fra gli altri film ricordiamo i noir Furia nel deserto (1947) di Lewis Allen, Erano tutti miei figli (1948) di Irving Reis, Per te ho ucciso (1948) di Norman Foster, con Joan Fontaine, Doppio gioco (1949) di Robert Siodmak, con Yvonne De Carlo ed un giovane Tony Curtis ad inizio carriera e La corda di sabbia (1949) di William Dieterle, con Corinne Calvet, Paul Henreid, Claude Rains, Peter Lorre e Sam Jaffe, L’imprendibile signor 880 (1950) di Edmund Goulding, con Dorothy McGuire, i western La valle della vendetta (1951) di Richard Thorpe, con Joanne Dru e Robert Walker (al suo penultimo film), L’ultimo Apache (1954) di Robert Aldrich, con Jean Peters, John McIntire e John Dehner, Gli inesorabili (1960) di John Huston, con Audrey Hepburn e Audie Murphy, I professionisti (1966) di Richard Brooks, con Claudia Cardinale, Lee Marvin, Robert Ryan, Woody Stroode, Jack Palance e Ralph Bellamy, Joe Bass l’implacabile (1968) di Sydney Pollack, con Ossie Davis e Telly Savalas, Buffalo Bill e gli indiani (1976) di Robert Altman, con Paul Newman, e Branco selvaggio (1980) di Lamont Johnson, Pelle di rame (1951) di Michael Curtiz, Torna, piccola Sheba (1952) di Delbert Mann, il celebre Da qui all’eternità (1953) di Fred Zinnemann, con Deborah Kerr, Frank Sinatra, Ernest Borgnine e Jack Warden, Il trono nero (1954) di Byron Askin, La rosa tatuata (1955) di Daniel Mann, con Anna Magnani (Oscar come Miglior Attrice Protagonista - primissima attrice italiana a vincere un Oscar in un film americano), Il mago della pioggia (1956) di Joseph Anthony, con Katharine Hepburn, Wendell Corey, Lloyd Bridges e Earl Holliman, Trapezio (1956) di Carol Reed, con Tony Curtis e Gina Lollobrigida, Mare caldo (1958) di Robert Wise, con Clark Gable, Tavole separate (1958) di Delbert Mann, con Rita Hayworth e David Niven, Il discepolo del diavolo (1959) di Guy Hamilton, con Kirk Douglas, Il giardino della violenza (1961), Il treno (1964) e Sette giorni a maggio (1964) di John Frankenheimer, Gli esclusi (1963) di John Cassavetes, Un uomo a nudo (1968) di Frank Perry, il bellico Ardenne 44 un inferno (1969) di S. Pollack, Airport (1970) di George Seaton, con Dean Martin George Kennedy, Helen Hayes, Jacqueline Bisset e Jean Seberg, Scorpio (1973) di Michael Winner, con Alain Delon, Azione esecutiva (1973) di David Miller, con Robert Ryan, Cassandra Crossing (1976) di George Pan Cosmatos, con Richard Harris e Sophia Loren, L’isola del dottor Moreau (1977) di Don Taylor, Vittorie perdute (1978) di Ted Post, Zulu Dawn (1979) di Douglas Hickox con Peter O’ Toole, Osterman Weekend (1983) di Sam Peckinpah (alla sua ultima regia), tratto dal libro omonimo di Robert Ludlum ed interpretato anche da Rutger Hauer e Meg Foster, Local Hero (1983) di Bill Forsyth, Il sogno della città fantasma (1985) di Alan Sharp, l’amaro Due tipi incorreggibili (1986) di Jeff Kanew, settimo ed ultimo film in cui lavora con l’amico Kirk Douglas, Rocket Gibraltar (1988, conosciuto anche con il titolo Il sogno del mare) di Daniel Petrie, La bottega dell’orefice (1988) di Michael Anderson, il film tv Il fantasma dell’opera (1989) di Tony Richardson, L’uomo dei sogni (1989) di Phil Alden Robinson, con Kevin Costner.
Fa anche due esperienze dietro alla macchina da presa, dirigendo (e interpretando) il western Il kentuckiano (1955, conosciuto anche con il titolo Il vagabondo delle frontiere), con Dianne Foster e Walter Matthau (al suo esordio cinematografico), e L’uomo di mezzanotte (1974), con Susan Clark.
Nel novembre 1990, circa due settimane dopo la fine delle riprese del film tv Separate but Equal di George Stevens jr. (che andrà in onda nel maggio 1991), viene colpito da un ictus che comprometterà fortemente le sue capacità motorie e metterà fine alla sua carriera d’attore, quattro anni prima della sua scomparsa.
Burt Lancaster, insieme a Humphrey Bogart (1899-1957), Clark Gable (1901-1960), Gary Cooper (1901-1961), Cary Grant (1904-1986), Henry Fonda (1905-1982), Ray Milland (1907-1979), John Wayne (1907-1979), James Stewart (1908-1997), Fred MacMurray (1908-1991) e Van Heflin (1908-1971), ed ai quasi coetanei Robert Taylor (1911-1969), Stewart Granger (1913-1993), Alan Ladd (1913-1964), Richard Widmark (1914-2008), Sterling Hayden (1916-1986), Gregory Peck (1916-2003), Glenn Ford (1916-2006), Kirk Douglas (classe 1916), Robert Mitchum (1917-1997) e William Holden (1918-1981), è stato uno fra i “grandi” della Hollywood classica e non solo. Una lunga e ricca carriera (circa cento film) cominciata con ruoli d’azione e noir e passata attraverso il western, il gangster-movie, alcuni fra i più celebri drammi di scuola statunitense fino alla profondità di autori europei (su tutti Luchino Visconti).
Alessandro Poggiani
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