30 anni senza Arthur Kennedy

Nato a Worcester - nel Massachussets - nel febbraio 1914, già attivo in teatro, esordisce al cinema in un ruolo secondario ne La città del peccato (1940) di Anatole Litvak, in cui recita con James Cagney.
Messo sotto contratto dalla Warner Bros, negli anni Quaranta interpreta personaggi secondari, ma sempre incisivi ed efficaci. Viene diretto da registi quali Raoul Walsh (Una pallottola per Roy - 1941 -, con Humphrey Bogart, La storia del generale Custer - 1941 - e L’avventura impossibile - 1942 -, con Errol Flynn, Notte di bivacco - 1947) e Howard Hawks (Arcipelago in fiamme - 1943).
Dalla fine degli anni Quaranta/inizio dei Cinquanta i suoi ruoli diventano più impegnativi. È il fratello di Kirk Douglas in Il grande campione (1949) di Mark Robson ed è toccante protagonista in Vittoria sulle tenebre (1951), anch’esso diretto da M. Robson, nel ruolo di un veterano che cerca di rifarsi una vita.
L’anno seguente Fritz Lang lo dirige nell’atipico ed onirico western Rancho Notorious (1952), con Marlene Dietrich.
Seguono Ore disperate (1955) di William Wyler, con Humphrey Bogart (in uno fra i suoi ultimi film), L’uomo di Laramie (1955) di Anthony Mann, (il quale, tre anni avanti, lo aveva già diretto in Là dove scende il fiume - 1952), con James Stewart, Qualcuno verrà (1958) di Vincente Minnelli e Scandalo al sole (1959) di Delmer Daves.
Arthur Kennedy è stato uno fra gli attori più intensi e dotati di Hollywood, non aveva nulla da invidiare ai più noti “divi” della sua generazione (Robert Taylor, Stewart Granger, Alan Ladd, Burt Lancaster, Richard Widmark, Sterling Hayden, Gregory Peck, Glenn Ford, Kirk Douglas, Robert Mitchum, William Holden), ed ha recitato in oltre sessanta film senza mai una performance di basso livello. Versatile e dotato di grande carisma (un attore di quelli che “bucano lo schermo”, come si dice in gergo cinematografico), ha dato vita a personaggi a volte generosi, altre volte cinici e vendicativi, altre ancora malinconici e disperati. Ha ricevuto sette Nomination all’Oscar (sei da Non Protagonista, una da Protagonista), ma senza mai vincere l’ambita statuetta (che sarebbe stata più che meritata).
A partire dagli anni Sessanta perde molta popolarità e, nel decennio successivo, finirà con il lavorare all’estero, sovente relegato in produzioni di serie B (e talvolta anche di “serie Z”).
Fra gli altri film ricordiamo Knockout (1941) di William Clemens, Strange Alibi (1941) di D. Ross Lederman, I tre moschettieri del Missouri (1941) di Ray Enright, Highway West (1941) di William C. McGann, Appassionatamente (1946) di Curtis Bernhardt, Boomerang - L’arma che uccide (1947) di Elia Kazan, Le colline camminano (1949) e La dama bianca (1952) di John Sturges, La finestra socchiusa (1949) di Ted Tetzlaff, con Barbara Hale, È tardi per piangere (1949) di Byron Haskin, Ultimatum a Chicago (1949) di Lewis Allen, Lo zoo di vetro (1950) di Irving Rapper, La montagna dei sette falchi (1951) di William Dieterle, con Alan Ladd, Il temerario (1952) di Nicholas Ray, con Robert Mitchum e Susan Hayward, Impulse (1954) di Charles Latour, I sanguinari (1955) di Lewis R. Foster, L’imputato deve morire (1955) di Mark Robson, con Glenn Ford, Fratelli messicani (1955) di Edgar G. Ulmer, uno fra i suoi rari ruoli da protagonista, I corsari del grande fiume (1955) di Rudolph Maté, con Tony Curtis, I peccatori di Peyton (1957) di M. Robson, Il capitano dei mari del Sud (1958) di Joseph Pevney, Home is the Hero (1959) di Fielder Cook, con Rock Hudson, Il figlio di Giuda (1960) di Richard Brooks, con Burt Lancaster (Oscar come Miglior Attore Protagonista), Assassinio sul treno (1961) di George Pollock, tratto da Agatha Christie ed interpretato da Margaret Rutherford, Barabba (1961) e Viaggio allucinante (1966) di Richard Fleischer, Un pugno di fango (1961) di Gordon Douglas, Le avventure di un giovane (1962) di Martin Ritt, Lawrence d’Arabia (1962) di David Lean, con Peter O’ Toole e Omar Sharif, Il grande sentiero (1964) di John Ford, con James Stewart e Richard Widmark, Murieta John (1965) di George Sherman, Joy in the Morning (1965) di Alex Segal, Nevada Smith (1966) di Henry Hathaway, con Steve McQueen, La chica del lunes (1967) di Lepoldo Torre Nilsson, Lo sbarco di Anzio (1968) di Edward Dmytryk e Duilio Coletti, con Robert Mitchum, Earl Holliman e Peter Falk, L’ultimo colpo in canna (1968) di Jerry Thorpe, con Glenn Ford, Quattro bastardi per un posto all’inferno (1969) di Samuel Fuller, Hail, Hero! (1969) di David Miller, My Old Man’s Place (1971) di Edwin Sherin, The Man From Indipendence (1974) di Jack Smight, Non si deve profanare il sonno dei morti (1974) di Jorge Grau, I soliti ignoti colpiscono ancora - E una banca rapinammo per fatal combinazion (1976) di Franz Antel, Sentinel (1977) di Michael Winner, Cyclone (1978) di René Cardona Jr, Signs of Life (1989) di John David Coles, Grandpa (1989) di Alan Ruffier.
In Italia appare in Italiani brava gente (1964) di Giuseppe De Santis, Roma a mano armata (1976) di Umberto Lenzi ed in vari film di livello molto modesto (Un minuto per pregare, un istante per morire - 1968 - di Franco Giraldi, Un tipo con una faccia strana ti cerca per ucciderti - 1973 - di Tullio Demicheli, L’anticristo - 1974 - di Alberto De Martino, La polizia ha le mani legate - 1975 - di Luciano Ercoli, Nove ospiti per un delitto - 1977 - di Ferdinando Baldi, Bermude: il triangolo maledetto (1978) di Tonino Ricci, Porco mondo - 1978 - di Sergio Bergonzelli, Sono stato un agente CIA - 1978 - di Romolo Guerrieri, L’umanoide - 1979 - di Aldo Lado, L’avventurosa fuga - 1979 - di Enzo Doria, La spiaggia del desiderio - 1980 - di Enzo D’Ambrosio e Humberto Morales.
Alessandro Poggiani
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