35 anni senza Ray Milland, interprete di Giorni perduti e Il delitto perfetto

Nato a Neath - in Inghilterra - nel gennaio 1907, Reginald Truscott-Jones - meglio noto come Ray Milland - vive l’infanzia e la sua giovinezza nelle Midlands, regione da cui trarrà il suo nome d’arte.
Esordisce al cinema alla fine degli anni Venti in piccole parti nei primissimi film sonori inglesi, fra cui The Informer (1929) di Arthur Robison. Nello stesso anno interpreta il suo primo ruolo da protagonista in The Lady from the Sea (1929) di Castlelton Knight e poco dopo si trasferisce si ad Hollywood, sotto contratto con la Metro Goldwyn Mayer, che gli affida ruoli secondari in numerosi film (Payement Deferred - 1932 - di Lothar Mendes, Polly of the Circus - 1932 - di Alfred Santell).
Dopo una nuova, breve, parentesi britannica (Voglio fare il signore - 1933 - di Albert De Courville, Il diavolo in caserma - 1933 - di Walter Forde), torna stabilmente negli Stati Uniti e firma un contratto di sette anni con la Paramount, per cui lavorerà per circa vent’anni.
Seguono vari ruoli da comprimario (Il nemico invisibile - 1934 - di Eugene Forde, Bolero - 1934 - e Il giglio d’oro - 1935 - di Wesley Ruggles, Tre ragazza in gamba - 1936 - di Henry Koster, La figlia della jungla - 1936 -, di Wilhelm Thiele, La fuga di Bulldog Drummond - 1937 - di James P. Hogan) fino al successo ottenuto con Che bella vita (1937), di Mitchell Leisen, in cui recita con Jean Arthur.
Due anni dopo interpreta, insieme a Gary Cooper e Robert Preston, uno fra i tre fratelli che si arruolano nella Legione Straniera in Beau Geste (1939) di William A. Wellman.
Nel ’39 torna brevemente in Inghilterra per interpretare Il francese senza lacrime (1940) di Anthony Asquith, versione cinematografica della commedia omonima di Terence Rattigan e che gli fa ottenere ottimi consensi anche da parte della critica.
Rientrato negli Stati Uniti, è protagonista di Arrivederci in Francia (1940) di Mitchell Leisen, commedia romantica con Claudette Colbert, e di Vento selvaggio (1942), di Cecil B. De Mille, con John Wyane (in uno fra i suoi rari ruoli non western o bellici), Paulette Goddard, Raymond Massey, Susan Hayward e Robert Preston.
Nello stesso anno interpreta Frutto proibito (1942), esordio alla regia del grande Billy Wilder - già sceneggiatore di film quali L’ottava moglie di Barbablù e Ninotchcka di Ernst Lubitsch, il già citato Arrivederci in Francia di M. Leisen e Colpo di fulmine di Howard Hawks -, vivace commedia con Ginger Rogers. Questa sua fortunata esperienza di lavoro con B.Wilder farà sì che, tre anni dopo, il regista lo vorrà come protagonista di Giorni perduti (1945), nel ruolo di uno scrittore alcolizzato in piena crisi. Nonostante l'argomento, secondo i canoni della Hollywood dell’epoca, fosse decisamente delicato e poco commerciale, il film otterrà un grosso successo di pubblico e di critica, e la superlativa performance di Milland gli farà vincere un Oscar come Miglior Attore Protagonista, un Golden Globe, il premio di Miglior Attore al primo Festival di Cannes, e il premio dei critici cinematografici newyorkesi. Nel frattempo, l’anno avanti, aveva offerto un’altra performance di altissimo livello in Il prigioniero del terrore (1944) di Fritz Lang.
Dopo Giorni perduti acquista maggior prestigio e considerazione, anche se i film che gli vengono offerti sono sovente di livello medio e non vengono diretti da registi grande calibro. Notevole eccezione è rappresentata da Il tempo si è fermato (1948) di John Farrow, in cui interpreta un reporter ingiustamente accusato di omicidio ed in corsa contro il tempo per trovare il vero assassino.
Dopo La spia (1952) di Russel Rouse, abbandona la Paramount e trova subito interessanti ruoli in film quali Il delitto perfetto (1954) di Alfred Hitchcock, in cui interpreta un avido e diabolico ex campione di tennis che ingaggia un sicario per tentare di uccidere sua moglie - interpretata da Grace Kelly - e L'altalena di velluto rosso (1955) di Richard Fleischer, tratto da un noto caso di omicidio realmente avvenuto.
Nello stesso anno esordisce dietro alla macchina da presa dirigendo - ed interpretando – il western Gli ostaggi (1955), in cui, nel ruolo degli antagonisti negativi, troviamo un inquietante Raymond Burr pre-Perry Mason ed un giovane Lee Van Cleef pre Sergio Leone.
Negli anni successivi dirigerà altri tre film: Lisbon (1956), Obiettivo Butterfly (1957) e Il giorno dopo la fine del mondo (1962), in cui affronta - due anni prima del celeberrimo Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick e dell’ottimo A prova di errore di Sidney Lumet - la delicata questione, molto attuale all’inizio degli anni Sessanta, del rischio di una guerra atomica fra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Nel frattempo, nel biennio 1959-60 aveva lavorato per la prima volta in televisione interpretando il ruolo di Markham, l’ex avvocato divenuto detective privato, nei circa sessanta episodi della serie tv omonima
Dopo aver interpretato due horror di Roger Corman - Sepolto vivo, 1962, e L’uomo dagli occhi a raggi X, 1963 -, a partire dalla metà degli anni Sessanta, lavora soprattutto a teatro e in televisione apparendo come “guest star” in numerosi telefilm per oltre quindici anni, ma continuando a interpretare qualche ruolo cinematografico, come in Love Story (1970) di Arthur Hiller, in cui è il padre di Ryan O'Neal, Il segno del potere (1974) di Peter R. Hunt, il disneyano Incredibile viaggio verso l’ignoto (1975) di John Hough, Gli ultimi fuochi (1976) di Elia Kazan, La battaglia delle aquile (1976) di Jack Gold, Il gioco degli avvoltoi (1979) di James Fargo.
Nel ’77 lavora anche in Italia in La ragazza dal pigiama giallo di Flavio Mogherini, con Dalila Di Lazzaro e Michele Placido.
Fra le sue apparizioni televisive ricordiamo il ruolo del marito della donna uccisa in La trappola di Colombo (1971) e quello dell’assassino in Il terzo proiettile (1972), entrambi episodi della serie Il tenente Colombo (1971-78) e la sua partecipazione a Delitto nei quartieri alti (1975) l’episodio-pilota di Ellery Queen (1975-76) e tratto dal libro Il quarto lato del triangolo.
Nel ’74 pubblica la sua autobiografia, intitolata Wide-Eyed in Babylon.
Fra gli altri film ricordiamo Ali nella bufera (1937) di H. C. Potter, Hotel Imperial (1939) di Robert Florey, I cavalieri del cielo (1940), Le schiave della città (1944), Kitty (1945) e Passione di zingara (1947) di Mitchell Leisen, La casa sulla scogliera (1944) e La donna di quella notte (1947) di Lewis Allen, Vecchia California (1947), Il verdetto (1948) e Le frontiere dell’odio (1950) di John Farrow, I cari parenti (1948) di Richard Haydn, Quando torna primavera (1949) di Lloyd Bacon, L’indossatrice (1950) di George Cukor, Figlio di ignoti (1951) di William Keighley, La cortina del silenzio (1951) di Jacques Tourneur, Solitudine (1951) di Fletcher Markle, Il gatto milionario (1951) di Arthur Lubin, Squilli al tramonto (1952) di Roy Rowland, Giamaica (1953) di Lewis R. Foster, Ancora e sempre (1953) di Alexander Hall, Io non sono una spia (1956) di Philip Dunne, L’ultima riva (1957) di Allan Dwan, Missili umani (1957) di John Gilling, Il tesoro del santo (1964) di William Dieterle, Frogs (1972) di George McCowan, La casa degli orrori nel parco (1973) di Peter Sykes, Il manichino assassino (1973) di Georg Fenady, Intrigo in Svizzera (1975) di Jack Arnold, Dimensione giganti (1976) di Mircea Dragan, Oliver’s Story (1978) di John Korty, Il terrore in cima alle scale (1979) di George Edwards, La maschera della morte (1984) di Roy Ward Baker.
Alessandro Poggiani
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