Bertrand Tavernier alla Festa del Cinema di Roma

«Dopo aver cominciato a fare cinema ho continuato a vederlo, non mi sono fatto prendere dalla megalomania, come avviene in molti casi. I registi devono tanto lottare per i propri film, che poi parlano solo di quello.Io preferisco parlare a qualcuno di un film che ho appena scoperto o di un film che adoro» (Bertrand Tavernier)
«C’è sempre stata una differenza fra un cinema solo commerciale ed uno con ambizioni artistiche. C’è differenza fra film e prodotti, come c’è differenza fra un ristorante ed una catena di fast food, che non offre certo gli stessi prodotti di un ristorante» (B. Tavernier)
«Il problema è quello di educare gli spettatori a guardare un film in bianco e nero,con i ragazzi abituati alle clip ed alla pubblicità. Tanti presidi e professori invece di arrendersi alla paura devono lottare per sconfiggere questo problema, una lotta primordiale che riguarda anche la letteratura e la filosofia» (B. Tavernier)
Nato a Lione nell’aprile 1941, figlio dello scrittore e poeta René Tavernier (1915-1989), critico militante dei «Cahiers du Cinéma» ed attento studioso del grande schermo, nel ’64 esordisce dietro la macchina da presa con Baiser de Judas (episodio di Les Baisers - Una voglia matta di donna) e Une chance explosive (episodio di La chance et l’amour - L’amore e la chance).
Tuttavia, il suo esordio alla regia di lungometraggi avviene un decennio dopo con il cupo L’horloger de Saint-Paul (L’orologiaio di St. Paul - 1974), tratto da un libro giallo di Georges Simenon e che vince l’Orso d’Argento al Festival di Berlino. Grazie anche alla forte presenza scenica di Philippe Noiret (1930-2006) e di Jean Rochefort (1930-2018), il film ottiene un’ottima accoglienza sia da parte del pubblico sia dalla critica. L’analisi della vita di provincia, il confronto generazionale ed i riferimenti autobiografici saranno le tematiche prevalenti anche nelle pellicole successive, in cui l’influenza marxista ed il grande senso del dettaglio acquistano maggiore importanza.
Fra i suoi film i racconti morali di approccio realista Que la fete commence (Che la festa cominci… - 1975) e Le juge et l’assassin (Il giudice e l’assassino - 1976), il caparbio atto d’accusa sull’immoralità dei mezzi di comunicazione di massa La mort en direct (La morte in diretta - 1980) ed il tributo al jazz di Dexter Gordon Autour de Minuit (Round Midnight - A mezzanotte circa -1986).
Dopo una parentesi in cui si occupa di cultura americana, ritorna alle tematiche originali con il pacifista La vie et rien d’autre (La vita e nient’altro - 1989), malinconica rievocazione degli “anonimi” caduti della piana di Verdun durante la Prima guerra mondiale, lo struggente Daddy Nostalgie (1990) ed il poliziesco L’appât (L’esca - 1994), raggelata riflessione sulla banalità del male e con cui vince l’Orso d’Oro al Festival di Berlino.
Laissez-passez (2002) è invece una partecipe rievocazione degli anni in cui il cinema francese era in mano ai tedeschi durante l’occupazione nazista della Francia.
Con Holy Lola (La piccola Lola - 2004) adatta il romanzo di sua figlia (la scrittrice e sceneggiatrice Tiffany Tavernier) e realizza un film-inchiesta sulle difficoltà e le irregolarità nell’adozione di bambini stranieri - in questo caso cambogiani - da parte dei genitori europei.
Fra gli altri film ricordiamo Des enfants gâtes (I miei vicini sono simpatici - 1977), Une semaine de vacances (Una settimana di vacanza - 1980), Coup de torchon (Colpo di spugna - 1981), il documentario Mississippi Blues (1983), realizzato insieme a Rober Parrish, Une dimanche à la campagne (Una domenica in campagna - 1984), La passion Béatrice (Quarto comandamento - 1987), Pour Aung San Suu Kyi, Myanmar (19981), episodio di Contre l’oubli, L. 627 (Legge 627 - 1992), La fille de D’Artagnan (Eloise, la figlia D’Artagnan - 1994), Capitaine Conan (Capitan Conan - 1996), Ca commence aujourd’hui (Ricomincia da oggi - 1998), In The Electric Mist (L’occhio del ciclone - 2009), La princesse de Montpensier (2010), Quai d’Orsay (2013).
Fra i documentari, Philippe Soupault (1982), Lyon, le regard intérieur (1988), La guerre sans nom (1992), De l’autre coté du périph (1997), Histoires de vie brisées: les “double peine” de Lyon (2001),
Da sceneggiatore, ha scritto Coplan ouvre le feu à Mexico (Moresque: obiettivo allucinante - 1967) di Riccardo Freda, Capitaine Singrid (I mercenari muoiono all’alba - 1968) di Jean Leduc, La trace (1983) di Bernard Favre, Les mois d’avril sont meurtriers (1987) di Laurent Heynemann, Mon père, il m’a sauvé la vie (2001) di José Giovanni, Lucifer et moi (2008) di Jean-Jacques Gran-Jouan.
Alessandro Poggiani
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