Addio a Gastone Moschin

Nato a san Giovanni Lupatoto (VR) nel giugno 1929, all’inizio degli anni Cinquanta comincia la sua carriera a teatro, facendo parte della Compagnia del Teatro Stabile di Genova, poi del Piccolo Teatro di Milano, e collaborando anche con il Teatro Stabile di Torino (Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov per la regia di Mario Ferrero - 1968 -, Zio Vanja - 1977 -, I giganti della montagna, di Luigi Pirandello - 1979).
A partire dal 1983 fonda una sua compagnia teatrale rappresentando, fra le altre opere, Sior Todero brontolon (1983) di Carlo Goldoni, Uno sguardo dal ponte (1984) ed Erano tutti miei figli (1989) di Miller, Il gabbiano di Anton Čechov (1990).
Attore molto versatile e molto dotato, fa il suo esordio cinematografico ne La rivale (1955) di Anton Giulio Majano. A partire da quegli anni è attivo anche come doppiatore (presta la sua voce a Livio Lorenzon ne Il vedovo - 1958 - di Dino Risi ed a Morando Morandini in Prima della rivoluzione - 1964 - di Bernardo Bertolucci).
Nel ‘59 esordisce nella commedia all'italiana con Audace colpo dei soliti ignoti di Nanni Loy, ma il ruolo che lo farà emergere sarà, tre anni dopo, quello del codardo Carmine Passante ne Gli anni ruggenti (1962) di Luigi Zampa. Negli anni successivi sarà una presenza assidua nelle commedie all’italiana, alternando i ruoli da protagonista a quelli da comprimario
Nel ‘63 è un uomo deluso ne La rimpatriata di Damiano Damiani e un camionista ne La visita di Antonio Pietrangeli.
Due anni dopo centra un grande successo con il ruolo di Adolf nella commedia d'azione Sette uomini d'oro di Marco Vicario, film cult di cui verrà realizzato un sequel (Il grande colpo dei sette uomini d'oro - 1966 -, anch’esso diretto da Marco Vicario) e due variazioni (Sette volte sette - 1969 - è Stanza 17-17 palazzo delle tasse, ufficio imposte - 1971 -, entrambi diretti da Michele Lupo ed interpretati da Gastone Moschin)
Il ‘66 è l'anno dell’autobiografico Le stagioni del nostro amore di Florestano Vancini e di Signore & signori di Pietro Germi, con cui vince un Nastro d'Argento come Miglior Attore Non Protagonista.
Nel ‘68 è la volta dell'avvocato guascone di Italian Secret Service di Luigi Comencini e di quello cinico ed invasato del grottesco Sissignore di Ugo Tognazzi.
La poliedricità di Gastone Moschin appare chiara nella sua capacità di passare da un genere all'altro senza mai fossilizzarsi in una sola tipologia di ruoli. Nel ‘69 esordisce nello spaghetti western con lo sfortunato Gli specialisti di Sergio Corbucci.
L’anno successivo partecipa a Il conformista (1970) di Bernardo Bertolucci ed interpreta L'inafferrabile invincibile Mr. Invisibile (1970) di Antonio Margheriti, un raro esempio di film fantasy italiano, ed il poliziesco Concerto per pistola solista (1970) di Michele Lupo.
Nel ‘71 è un viscido monsignore in Roma bene di Carlo Lizzani.
Nel ‘72 intrerpreta l'ambiguo Ugo Piazza del noir metropolitano Milano calibro 9, di Fernando Di Leo, uno fra i capostipiti (insieme al precedente e già citato Concerto per pistola solista) del genere poliziottesco anni Settanta, in cui lavora con Barbara Bouchet e Mario Adorf.
L’anno successivo è un convincente Filippo Turati ne Il delitto Matteotti (1973) di Florestano Vancini.
Nel ‘74 viene diretto da Francis Ford Coppola per il ruolo del bieco Don Fanucci ne Il padrino - Parte II e interpreta “il marsigliese”, il crudele bandito del poliziesco Squadra volante (1974) di Stelvio Massi, in cui lavora con Tomas Milian pre Monnezza e Mario Carotenuto. Il personaggio del Marsigliese avrà molto successo e negli anni successivi verrà citato in varie modo in numerosi poliziotteschi.
In ogni caso, è ad un ruolo brillante che Gastone Moschin dovrà la sua maggiore popolarità, ovvero quello dell'architetto Rambaldo Melandri, protagonista (insieme a Adolfo Celi, Duilio Del Prete, Philippe Noiret ed Ugo Tognazzi) di Amici miei (1975) di Mario Monicelli.
Il seguito, Amici miei Atto II (1982), anch’esso diretto da Mario Monicelli ed interpretato anche da Renzo Montagnani (che sostituisce Duilio Del Prete) uscirà sette anni dopo e si rivelerà il film più visto dell’anno ed il terzo incasso della stagione.
Il terzo film, Amici miei Atto III (1985), di Nanni Loy, pur avendo un successo decisamente inferiore, gli fa vincere un secondo Nastro d'Argento come Miglior Attore Non Protagonista.
Negli anni Ottanta Gastone Moschin dirada notevolmente le sue apparizioni cinematografiche, sia pur offrendo altre prove degne di nota, come il deputato comunista di Si salvi chi vuole (1980) di Roberto Faenza o il potente ministro di Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada (1983) di Lina Wertmüller.
A partire da fine anni Ottanta/inizio Novanta le sue apparizioni si faranno ancora più rade. Ricordiamo la sua partecipazione a I magi randagi (1996) di Sergio Citti, al discusso Porzus (1997) di Renzo Martinelli ed a La grande quercia (1998) di Paolo Bianchini, sua ultima performance per il grande schermo.
Fra gli altri film Tiro al piccione (1961) di Giuliano Montaldo, Il fornaretto di Venezia (1963) di Duccio Tessari, I cento cavalieri (1964) di Vittorio Cottafavi, Fata Armenia (1966) di Mario Monicelli, episodio de Le fate, Notti romane (1967) di Mauro Bolognini, episodio de L’amore attraverso i secoli, L’harem (1967) di Marco Ferreri, Faccia a faccia (1967) di Sergio Sollima, Due killers in fuga (1968) di Louis Grospierre, Causa di divorzio (1972) di Marcello Fondato, La violenza: quinto potere (1972) di Florestano Vancini, Don Camillo e i giovani d’oggi (1972) di Mario Camerini, Fiorina la vacca (1972) di Vittorio De Sisti, Commissariato di notturna (1973) di Guido Leoni, Una donna alla finestra (1977) di Pierre Granier-Deferre, Poliziotto senza paura (1978) di Stelvio Massi, Una spina nel cuore (1986) di Alberto Lattuada, Com’è dura l’avventura (1987) di Flavio Mogherini, Donne con le gonne (1991) di Francesco Nuti, Non chiamarmi Omar (1992) di Sergio Staino.
Gastone Moschin ha svolto anche un’intensa attività in televisiva, cominciata negli anni Cinquanta con Istantanea sotto l'orologio (1955) di Gastone Tanzi, e che verrà lanciata nel decennio successivo con alcuni popolari sceneggiati diretti Sandro Bolchi, fra cui Il mulino del Po (1963) e I miserabili (1964), in cui interpreta il ruolo di Jean Valjean.
Nell’81 presta la sua voce a Roboleon e ad altri personaggi del cartone animato Daikengo, il guardiano dello spazio.
Un decennio dopo recita nel telefilm francese Macaronì (1991), ispirato al libro autobiografico di François Cavanna.
Fra gli altri lavori per il piccolo schermo La regina Vittoria (1957) di Giacomo Vaccari, La fine della signora Cheney (1958), anch’esso diretto da di Giacomo Vaccari, La foresta pietrificata (1959) di Franco Enriquez, Il misantropo di Luigi Squarzina, Giovanna di Lorena (1959) di Mario Ferrero, Ruy Blas (1960) di Sandro Bolchi, Non si dorme a Kirkwall (1960), anch’esso diretto da Sandro Bolchi, Andromaca (1960) di Giacomo Vaccari, Racconti garibaldini (1960) di Gilberto Tofano, Corte marziale per l’ammutinamento del Caine (1961) di Giacomo Vaccari, L’accusatore pubblico (1961), anch’esso diretto da Giacomo Vaccari, La notizia si diffonde (1961) di Gilberto Tofano, Hyacinth Halvey (1962) di Marcello Sartarelli, Operazione Vega (1962) di Vittorio Cottafavi, Un errore giudiziario (1963) di Gian Paolo Callegari, Anche i più furbi ci cascano (1963) di Piero Sharoff, Le anime morte (1963) di Edmo Fenoglio, Due dozzine di rose scarlatte (1966) di Flaminio Bollini, L’importanza di chiamarsi Ernesto (1966), anch’esso diretto da Flaminio Bollini, La sorridente signora Beudet (1968) di Silverio Blasi, La moglie ideale (1969) di Daniele D’Anza, Una coccarda per il re (1970) di Dante Guardamagna, La morte di Danton (1972) di Mario Missiroli, Goldoni e le sue sedici commedie nuove (1973) di Sandro Sequi, Rosso veneziano (1977) di Marco Leto, Uova fatali (1977) di Ugo Gregoretti, I racconti fantastici di Edgar Allan Poe (1977) di Daniele D’Anza, L’Andreana (1982) di Leonardo Cortese, Melodramma (1984) di Sandro Bolchi,
Nel 2000 e 2001 partecipa alle prime due stagioni di Don Matteo e Sei forte maestro, che saranno le sue ultime apparizioni televisive.
Qualche anno dopo viene intervistato nei documentari Adolfo Celi, un uomo per due culture (2006), realizzato in occasione dei vent’anni della scomparsa del grande attore siciliano, e L'ultima zingarata (2010), ricordando in entrambi i casi la trilogia di Amici miei.
A partire dall’inizio degli anni Novanta Gastone Moschin ha vissuto in Umbria (vicino a Narni - TR), dove ha fondato un maneggio divenuto il primo centro di ippoterapia in Umbria.
Ha insegnato presso la scuola di recitazione "MUMOS", da lui stesso organizzata a Terni insieme a sua moglie ed a sua figlia. Con loro ha portato in scena Tredici a tavola (1993) di Marc-Gilbert Sauvajon. Nel 2006 ha curato la messa in scena di Piccola Città di Thornton Wilder per la compagnia teatrale Orion Theatre. Lo spettacolo è stato poi inserito dal Teatro Stabile dell'Umbria nella stagione di prosa 2006-2007 nei teatri di Narni e Todi (PG).
A teatro è rimasto attivo fino al 2012.
Alessandro Poggiani
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