È morto John G. Avildsen, regista di “Salvate la tigre” e “Rocky”

Nato ad Oak Park - nell’Illinois -nel dicembre 1935, “figlio professionale” di Arthur Penn e di Otto Preminger (con i quali lavorò come aiuto-regista), nel corso della sua carriera, rifiutò di dirigere film quali Serpico (Sidney Lumet, 1973) e La febbre del sabato sera (John Badham,1977), ma, dietro alla macchina da presa di Rocky (1976), portò al successo un giovane ed allora semisconosciuto Sylvester Stallone (che all’epoca era apparso solo in ruoli secondari in film quali Gli spericolati - 1969 - di Michael Ritchie, Rebel - Fuga senza scampo - 1970 - di Robert Allen Schnitzer - Una squillo per l’ispettore Klute - 1971 - di Alan J. Pakula, Il dittatore dello Stato libero di Bananas -1971 - di e con Woody Allen, Anno 2000 - La corsa della morte - 1975 - di Paul Bartel, Prigioniero della seconda strada - 1975 - di Melvin Frank, Marlowe, il poliziotto privato - 1975 - di Dick Richards) e vinse l’Oscar per la Miglior Regia, dando il via alla fortunata saga del pugile Rocky Balboa, saga proseguita con Rocky II (Sylvester Stallone, 1979), Rocky III (Sylvester Stallone, 1982), Rocky IV (Sylvester Stallone, 1987), Rocky V (1990), diretto dallo stesso John G. Avildsen, Rocky Balboa (Sylvester Stallone, 2006), e Creed - Nato per combattere (Ryan Coogler, 2015).
La carriera di John G. Avildsen era cominciata all’inizio degli anni Sessanta come montatore, operatore ed ispettore di produzione.
Esordì alla regia con La guerra del cittadino Joe (1970), un film a basso costo (una fra i primissimi interpretati da una giovane Susan Sarandon). Tre anni dopo diresse Salvate la tigre (1973), interpretato da Jack Lemmon (che vinse l’Oscar come Miglior Attore Protagonista).
Ricordando l’esperienza di Rocky, scritto da Sylvester Stallone in soli tre giorni, raccontava: «Lo trovai affascinante e romantico. Ci divertimmo molto a girare il film, ma non avevamo idea che stavamo dando vita ad una saga. E tantomeno che avremmo avuto un successo travolgente. Credevamo di finire in qualche sala di seconda visione o in uno sperduto drive-in».
Dopo il successo di Rocky lavorò con attori del calibro di Marlon Brando, Burt Reynolds, George C. Scott e la coppia John Belushi-Dan Aykroyd (I vicini di casa - 1981).
Nel 1984 diresse il “blockbuster” Per vincere domani - The Karate Kid (che avrà due seguiti, The Karate Kid II - La storia continua - 1986 - e The Karate Kid III - La sfida finale - 1989), che ha per protagonista un ragazzo che impara le arti marziali per difendersi dai bulli. «Non seguo una formula rigorosa, anche se molti miei film sono accomunati dal tema degli outsider che prevalgono sui vincenti», affermava il regista.
Fra gli altri film da lui diretti ricordiamo Okay Bill (1971), Un uomo da buttare (1975), Ballando lo slow nella grande città (1978), La formula (1980), Un ‘idea geniale (1987), Conta su di me (1989), La forza del singolo (1992), Otto secondi di gloria (1994), A Fine and Private Place (1998).
Dopo Fino all’inferno (1998) si era ritirato a vita privata.
Alessandro Poggiani
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