Jane Fonda e Robert Redford Leoni d’Oro alla Carriera a Venezia

Due star di lungo corso del grande cinema americano; un attrice ed un attore che si sono rivelati in grado di utilizzare il loro talento ed il loro successo per diffondere le loro idee progressiste. L’azzeccatissima scelta di attribuire ad Jane Fonda ed a Robert Redford il Leone d’Oro alla Carriera alla Mostra del Cinema di Venezia contiene un eloquente messaggio, di rilevanza fondamentale ai fini del dibattito che negli ultimi anni attraversa il cinema.
La consegna del riconoscimento è avvenuto venerdì 1 settembre 2017, nel giorno della presentazione (fuori concorso) di Our Souls at Night (Le nostre anime di notte), il film diretto da Ritesh Batra e su cui spicca il marchio Netflix. Lo stesso che, nel maggio 2017, al Festival di Cannes, aveva provocato numerose polemiche domate poi dalla decisione finale secondo cui, a partire dal 2018, il concorso sarà vietato alle pellicole non destinate alla sala. Al Lido di Venezia sono invece tutt’altro parere. Con l’approvazione del consiglio d’amministrazione della Biennale - presieduto da Paolo Baratta -, il direttore Alberto Barbera ha lanciato un segnale in controtendenza in confronto allo “stato maggiore” del Festival francese.
Del resto, obiettivamente, alzi la mano chi ritiene che il Leone d’Oro alla Carriera a Jane Fonda (classe 1937) e Robert Redford (n. 1936) non sia stato un riconoscimento più che meritato.
«Poche star hollywoodiane hanno avuto una vita contraddistinta da atteggiamenti altrettanto risoluti e fieri come quelli esibiti da Jane Fonda nel corso della sua carriera», ha affermato Barbera. «Un’esistenza segnata da passioni intense, vissuta all’insegna dell’indipendenza da ogni forma di conformismo, con generosità toccante e vulnerabilità».
Di Robert Redford, fondatore del Sundance Institute e del Sundance Film Festival, che ha come obiettivo fondamentale la scoperta di nuovi talenti (fra registi, attori, attrici, sceneggiatori, montatori, direttori della fotografia, musicisti, scenografi, arredatori, costumisti ed altri) e centrato su quel cinema indipendente che si oppone allo strapotere delle majors e che negli ultimi anni, grazie anche a trampolini di lancio come la Mostra del Cinema di Venezia, ha acquistato sempre più spazio, Barbera ha sottolineato: «Ci ha accompagnato attraverso cinquant’anni di storia americana con una combinazione di rigore, intelligenza e grazia che rimane insuperabile. Piuttosto riluttante a ricoprire il ruolo di star, sin dagli inizi della carriera, Redford ha utilizzato il proprio talento per realizzare film su tematiche a lui care ed aprire la strada ad altri registi indipendenti come lui».
Alla Mostra del Cinema di Venezia Robert Redford era venuto per la prima volta nel 2012 con il film The Company You Keep. «Sarà caso o destino, ma a Venezia non ero mai venuto. Eppure invidio l’Europa perché ha più storia dell’America», aveva detto. Cortese e disponibile, non si era sottratto al pubblico del Lido ed alle domande più varie, dalla politica al ruolo del cinema («Non credo che i film debbano inviare messaggi, né fare propaganda. Amo quelli che si chiudono con un punto interrogativo, lasciando possibilità di discutere, di farsi una propria opinione»). Aveva poi affrontato l’argomento delle sale cinematografiche («Oggi i film si vedono anche sui cellulari, lo so, e la tecnologia continuerà ad evolversi. Tuttavia, io son convinto del fatto che la sala cinematografica esisterà ancora. La gente ha bisogno di stare insieme, di condividere la stessa esperienza traendone energia per andare avanti».
Jane Fonda: In punta di piedi (Joshua Logan, 1960), Sessualità (George Cukor, 1962), Cat Ballou (Elliot Silverstein, 1965), La caccia (Arthur Penn, 1966), A piedi nudi nel parco (Gene Saks, 1967), Non si uccidono così anche i cavalli? (Sydney Pollack, 1969), Una squillo per l’ispettore Klute (Alan J. Pakula, 1971), con cui ottiene l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista, Giulia (Fred Zinnemann, 1977), Tornando a casa (Hal Ashby, 1978), con cui vince un secondo Oscar come Miglior Attrice Protagonista, Arriva un cavaliere libero e selvaggio (Alan J. Pakula, 1978), Sindrome cinese (James Bridges, 1979), Dalle 9 alle 5… orario continuato (Colin Higgins, 1980), Sul lago dorato (Mark Rydell, 1981), Il mattino dopo (1986) di Sidney Lumet (il quale aveva esordito alla regia circa trent’anni avanti dirigendo suo padre Henry nel bellissimo e coraggioso courtroom movie La parola ai giurati - 1957), Old Gringo (Jesus Puenzo, 1989), Lettere d'amore (Martin Ritt, 1990), Youth - La giovinezza (Paolo Sorrentino, 2015), Le nostre anime di notte (Ritesh Batra, 2017).
Robert Redford (attore): Situazione disperata ma non seria (Gottfried Reinhardt, 1965), Lo strano mondo di Daisy Clover (Robert Mulligan, 1965), La caccia (Arthur Penn, 1966), Questa ragazza è di tutti (Sydney Pollack, 1966), A piedi nudi nel parco (Gene Saks, 1967), Butch Cassidy (George Roy Hill, 1969), Ucciderò Willy Kid (Abraham Polonsky, 1969), Gli spericolati (Michael Ritchie,1969), Lo spavaldo (Sidney J. Furie, 1970), Corvo rosso.... non avrai il mio scalpo! (Sydney Pollack, 1972), Il candidato (Michael Ritchie, 1972), La pietra che scotta (Peter Yates,1972), Come eravamo (Sydney Pollack, 1973), La stangata (George Roy Hill, 1973), Il grande Gatsby (Jack Clayton, 1974), I tre giorni del Condor (Sydney Pollack, 1975), I temerari (George Roy Hill, 1975), Tutti gli uomini del Presidente (Alan J. Pakula, 1977), Il cavaliere elettrico (Sydney Pollack, 1979), Brubaker (Stuart Rosenberg, 1980), Il migliore (Barry Levinson, 1984), La mia Africa (Sydney Pollack, 1985), Pericolosamente insieme (Ivan Reitman, 1986), Havana (Sydney Pollack, 1990), I signori della truffa (1992), Qualcosa di personale (Jon Avnet, 1993), L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998), da lui stesso diretto, Spy Game (Tony Scott, 2001), Il castello (Rod Lurie, 2001), In ostaggio (Pieter Jan Brugge, 2004), Il vento del perdono (Lasse Hallstrom, 2005), Leoni per agnelli (2007) e The Company You Keep (2012), entrambi diretti dallo stesso Redford, All is Lost - Tutto è perduto (Jeffrey L. Chandor, 2013), Captain America: The Winter Soldier (Anthony e Joe Russo, 2014), The Truth - Il prezzo della verità (James Vanderbilt, 2015), Il drago invisibile (David Lowery, 2016), Le nostre anime di notte (Ritesh Batra, 2017).
R. Redford (regista): Gente comune (1980), Milagro (1988), In mezzo scorre il fiume (1992), Quiz Show (1994), L’uomo che sussurrava ai cavalli (1998), La leggenda di Bagger Vance (2000), Leoni per agnelli (2007), The Conspirator (2010), The Company You Keep (2012).
I film condivisi
In punta di piedi (Joshua Logan, 1960): una commedia che si svolge in un college, in cui una giovane Jane Fonda (aveva ventidue anni ed era al suo esordio cinematografico) dà “la caccia” al campione della squadra universitaria di basket, interpretato da un giovane Anthony Perkins (1931-1990) nel suo ultimo film pre Psycho (Alfred Hitchcock, 1960). Il giovane Robert Redford, non accreditato (in quegli anni appariva soprattutto in televisione ed il suo vero esordio cinematografico avverrà due anni dopo, in Caccia di guerra - 1962 - di D. Sanders) appare nel ruolo di uno fra i giocatori.
La caccia (Arthur Penn, 1966): tratto da un’opera di Horton Foote e scritto da Lilian Hermann, è un film dominato da Marlon Brando (1924-2004) nel ruolo dello sceriffo. Un teso e claustrofobico dramma della provincia profonda, infelice, violenta e senza speranza. Jane Fonda interpreta l’amaro ruolo della moglie del ragazzo (Robert Redford) evaso e braccato.
A piedi nudi nel parco (Gene Saks, 1967): celebre commedia tratta da Neil Simon ed in cui due neosposi (Jane Fonda e Robert Redford) litigano nel piccolo appartamento in cima al Greenwich Village. Ottima l’alchimia fra Robert Redford e Jane Fonda, ma la comicità più esilarante è quella dei maturi Charles Boyer (1899-1978) e Mildred Natwick (1905-1994) e del tecnico dei telefoni (Herb Edelman).
Il cavaliere elettrico (Sydney Pollack, 1979): uno fra i migliori film dalla parte dei cavalli. Il cowboy ex campione di rodeo Sonny Steele (Robert Redford) ed il cavallo Rising Star fanno pubblicità ad una marca di cereali. Lui cavalca nel buio della sera vestito come un buffone e pieno di festoni e lampadine come un albero di Natale. Quando fugge attraverso le montagne con l’intenzione di restituire la libertà al cavallo, una caparbia giornalista “d’assalto” (Jane Fonda) lo insegue per intervistarlo. Quinto fra i sette film in cui il grande Sydney Pollack (1934-2008) dirige l’amico Redford (dopo Questa ragazzi è di tutti - 1966 -, Corvo rosso… non avrai il mio scalpo! - 1972 -, considerato - insieme ai quasi coevi Ucciderò Willy Kid, 1969, di Abraham Polonsky, Un uomo chiamato cavallo, 1970, di Elliot Silverstein, Piccolo grande uomo, 1970, di Arthur Penn, Soldato blu, 1970, di Ralph Nelson, e Uomo bianco… va col tuo Dio!, 1971, di Richard C. Sarafian - come uno fra i migliori western della cosiddetta New Hollywood di fine anni Sessanta/inizio Settanta, Come eravamo - 1973 -, I tre giorni del Condor - 1975 - e prima de La mia Africa - 1985 - e Havana - 1990), la pellicola rappresenta il trionfo della coppia J. Fonda/R. Redford, qui davvero protagonista assoluta (insieme al cavallo).
Le nostre anime di notte (Ritesh Batra, 2017): tratto dal libro di Kent Haruf e diretto dal regista di Lunchbox (2013) e Il senso di una fine (2016), il film in cui, quasi quarant’anni dopo il già citato Il cavaliere elettrico di Sydney Pollack, Jane Fonda e Robert Redford tornano a lavorare insieme nei ruoli di due vicini di casa che si conoscono da decenni ma non si sono mai frequentati.
Alessandro Poggiani
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