La morte corre sul fiume all'Armonia dei Contrari a Monteverde

un indimenticabile Robert Mitchum nel ruolo di Harry Powell ne "La morte corre sul fiume" un indimenticabile Robert Mitchum nel ruolo di Harry Powell ne "La morte corre sul fiume"
Verrà proiettato venerdì 27 ottobre 2017 alle ore 20.30 presso l’Associazione Culturale Armonia dei Contrari - viale dei Quattro venti 38, in zona Monteverde, a pochi metri da piazza Francesco Cucchi - a Roma nel secondo appuntamento con “Parlami di Cinema” il capolavoro noir “La morte corre sul fiume” di Charles Laughton.

Come a volte è avvenuto - e continua ad avvenire - ai grandi capolavori del panorama cinematografico, La morte corre sul fiume (titolo originale: The Night of The Hunter) acquistò importanza e fama solo molti anni dopo la sua uscita. Fu inserito al trentaquattresimo posto della lista AFI's 100 Years... 100 Thrills pubblicata dall'American Film Institute e comprendente i cento film ritenuti più coinvolgenti e avvincenti.

«Signore, proteggi questi innocenti. Il vento e le piogge li flagellano ed essi sopportano. Sopportano e resistono». All’ex diva del muto Lilian Gish, nel ruolo della signora Rachel Cooper, è affidata la preghiera per i bambini che conclude questo straordinario noir, unica regia dell’attore britannico Charles Laughton.

Film complesso e molto personale, La morte corre sul fiume, tratto dal libro The Night of The Hunter di Davis Grubb (1919-1980) è una fiaba nera dall’atmosfera a tratti horror, in cui i due fratellini John e Pearl Harper (Billy Chaplin e Sally Jane Bruce) vengono trascinati in un vortice di terrore dal predicatore psicopatico Harry Powell (un superlativo Robert Mitchum).

R. Mitchum (1917-1997), del quale nel 2017 ricorre il centenario della nascita ed il ventesimo anniversario della scomparsa, in questo film raggiunge il momento più alto della sua carriera noir (ricordiamo Notte d’angoscia - 1944 - di William Castle, Anime ferite - 1946 - di Edward Dmytryk, Il segreto del medaglione - 1946 - di John Brahm, Le catene della colpa - 1947, conosciuto anche con il titolo La banda degli implacabili - di Jacques Tourneur, Notte senza fine - 1947 - di Raoul Walsh, eccellente noir psocoanalitica con ambientazione western, Odio implacabile - 1947 - di Edward Dmytryk, Sangue sulla luna - 1949, conosciuto anche con il titolo Vento di terre selvagge - di Robert Wise, altro ottimo esempio di western fortemente contaminato da belle atmosfere noir, Il tesoro di Vera Cruz - 1949 - di Don Siegel, Una rosa bianca per Giulia - 1950 - di John Farrow, La gang - 1951 - di John Cromwell, Il suo tipo di donna - 1951 - di John Farrow, L’avventuriero di Macao - 1952 - di Josef von Sternberg, Seduzione mortale - 1952 - di Otto Preminger) dando vita ad un personaggio crudele ed inquietante, di cui rimangono scolpite nella memoria dello spettatore le nocche delle dita delle mani tatuate con le parole “love” e “hate” («Vuoi che ti racconti la storia della mano destra e della mano sinistra? Hate, odio: fu con questa mano che il malvagio Caino vibrò il colpo che uccise Abele. Love, amore: questa mano rappresenta la parte buona dell’uomo. Non fanno che lottare l’una contro l’altra» dice R. Mitchum/Harry Powell) oltre al sorriso/ghigno beffardo, alla voce flemmatca ed agli improvvisi scatti di nervi.

Il protagonista, già pluriomicida di vedove indifese, alla ricerca del denaro nascosto dal suo compagno di cella (Peter Graves, il futuro James Phelps delle serie televisive Missione impossibile,1967-74, ed Il ritorno di Missione impossibile, 1988-90), sposa Judy (Shelley Winters), la vedova di Harper e prova ad estorcere ai due figli il segreto del nascondiglio. In un crescendo l’uomo ucciderà Judy e comincerà ad inseguire i due bambini i fuga.

La morte corre sul fiume fornisce senz’altro una visione unica del noir, arricchendola con una visione personale sul Bene e sul Male, insieme ad una sorta di “primitivismo” che trasforma il film in un’opera misteriosa ed onirica come solo le fiabe riescono ad essere.

Il britannico Charles Laughton (1899-1962), dopo essersi formato alla prestigiosa Royal Academy of Dramatic Art, debutta a teatro in Inghilterra nel 1925, per poi trasferirsi negli Stati Uniti con sua moglie (l’attrice teatrale e cinematografica Elsa Lanchester - la quale, negli anni Sessanta, dopo la morte del marito apparirà anche in alcuni film Disney come Mary Poppins, F.B.I.- Operazione gatto, Il fantasma del pirata Barbanera e Bernardo, cane ladro e bugiardo, tutti e quattro diretti da Robert Stevenson, e Rascal, l’orsetto lavatore di Norman Tokar). Fra le sue performance ricordiamo Le sei mogli di Enrico VIII (1933) di Alexander Korda, La tragedia del Bounty (1935) di Frank Lloyd, Notre Dame (1939) di William Dieterle, Il caso Paradine (1947) di Alfred Hitchcock, Il tempo si è fermato (1948) di John Farrow, Corruzione (1949) di Robert Z. Leonard, La regina vergine (1953) di George Sidney, Testimone d’accusa (1957) di Billy Wilder,  considerato (insieme al bellissimo La parola ai giurati di Sidney Lumet, Anatomia di un omicidio di Otto Preminger, Vincitori e vinti di Stanley Kramer, Il buio oltre la siepe di Robert Mulligan e Il verdetto di Sidney Lumet) come uno fra i migliori Courtroom movies mai realizzati), Spartacus (1960) di Stanley Kubrick, Tempesta su Washington (1962) di Otto Preminger.

L’allora trentottenne Robert Mitchum fornisce una straordinaria ed agghiacciante performance, con cui apparve chiaro che non era solo uno fra i migliori attori della sua generazione (insieme a Robert Taylor, Stewart Granger, Burt Lancaster, Richard Widmark, Sterling Hayden, Gregory Peck, Glenn Ford, Kirk Douglas e William Holden), ma un vero fuorclasse, un gigante del grande scherm. Sette anni dopo, ne Il promontorio della paura (1962) di Jack Lee Thompson, in cui lavora con Gregory Peck, Polly Bergen, Martin Balsam e Telly Savalas (il futuro Tenente Kojak dell’omonimo telefilm poliziesco degli anni Settanta), sarà di nuovo nel ruolo di un inquietante assassinolo squilibrato Max Cady, deciso ad ogni costo a vendicarsi dell’avvocato che otto anni avanti lo aveva mandato in galera e fatto condannare. Circa trent’anni dopo, Martin Scorsese dirigerà il remake  Cape Fear- Il promontorio della paura (1991), con Nick Nolte (nel ruolo dell’avvocato interpretato da Gregory Peck nel film del ‘62), un Robert De Niro sciroccato più che mai (nel ruolo di Max Cady) e Jessica Lange (nella parte della moglie dell’avvocato - interpretata da Polly Bergen nel film originale). I vecchi Gregory Peck, Robert Mitchum e Martin Balsam tornano in ruoli secondari (rispettivamente un losco avvocato che difende Max Cady, un capitano di polizia che cerca di aiutare l’avvocato perseguitato, ed un giudice).

Lilian Gish fu la “musa” del pioniere del cinema David Wark Griffith. Debuttò -  insieme alla sorella Dorothy Gish - in Un nemico invisibile (1912), il primo di una lunga serie di cortometraggi diretti da D. W. Griffith. Sarà poi interprete dei lungometraggi Cuori del mondo (1918), Giglio infranto (1919) e Le due orfanelle (1922), tutti e tre diretti da Griffith. Lavora inoltre con registi come Robert Alman (Un matrimonio - 1978), William Dieterle (Il ritratto di Jennie - 1949), John Huston (Gli inesorabili - 1960), Vincente Minnelli (La tela del ragno - 1955), lo svedese Victor Sjostrom (La lettera scarlatta - 1926 -, Il vento - 1928), il futuro professor Isac Borg de Il posto delle fragole (1957) di Ingmar Bergman, King Vidor (La Bohème - 1926 -, Duello al sole - 1946), fino alla sua ultima apparizione ne Le balene d’agosto (1987) di Lindsay Anderson.

Ne La morte corre sul fiume la magnifica fotografia gotica in bianco e nero chiaroscurato di Stanley Cortez sottolinea, in un continuo contrato fra luce ed ombra, il tema della labilità del confine fra Bene e Male. Nello stesso tempo, l’illuminazione contribuisce a creare quell’effetto di stilizzazione voluto da Charles Laughton. Il tema musicale (di Walter Schumann) sottolinea invece il senso di inquietudine che accompagna le azioni del predicatore.

Dopo la proiezione del film i presenti avranno la possibilità di partecipare al dibattito animato da Matteo Colibazzi. La decisione di proiettare un film del calibro di The Night of the Hunter all’Armonia dei Contrari rappresenta un’ulteriore conferma e dimostrazione dell’elevato standard qualitativo del ciclo di incontri “Parlami di cinema”, nonché del da dove si vuole partire: dai numerosi capolavori che, nel corso della storia del cinema, nonostante il clamore e la qualità - obiettivamente molto elevata -, non sono stati apprezzati fino in fondo come avrebbero meritato (e non son riusciti ad arrivare all’ambita statuetta dell’Academy Award for Best Picture) per arrivare ad abbracciare, con un discorso più vasto differenti epoche, momenti ed emozioni della Settima Arte.  

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.

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