Martin Scorsese compie 80 anni

«Da Le notti di Cabiria di Federico Fellini a Accattone di Pier Paolo Pasolini, sono molti i film italiani che hanno cambiato la mia vita» (Martin Scorsese)
Nato a New York nel 1942, Martin Scorsese trascorre l’infanzia e la prima giovinezza nel quartiere di Little Italy. Si avvicina al mondo del cinema di cui subisce il fascino fin da ragazzo. Esordisce dietro alla macchina da presa con il drammatico Chi sta bussando alla mia porta? (1967), che annuncia le tematiche principali della sua successiva produzione: la predilezione per storie sulla vita violenta dei bassifondi dove prevalgono la fisicità dei personaggi e le loro pulsioni autodistruttive (dall’ossessiva educazione cattolica alle contraddizioni della cultura italoamericana), la sapiente fusione di dialoghi e voci fuoricampo, l’ironia dai risvolti inquietanti.
A consolidare un successo sempre crescente i drammi crudi e realistici dal gusto autobiografico America 1929: sterminateli senza pietà (1972), Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all’inferno (1972) e l’intenso ritratto femminile Alice non abita più qui (1974).
Nel ’76 vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes con il film che segna il suo successo internazionale: l’iperrealista e beffardo Taxi Driver, con uno strepitoso Robert De Niro, testimone della violenza della vita notturna metropolitana, Jodie Foster e Harvey Keitel.
Seguono la nostalgica rilettura del musical New York, New York (1977), con R. De Niro e Liza Minnelli, e il documentaristico e decadente L’ultimo valzer (1978), sul concerto d’addio dello storico gruppo The Band. Gli anni Ottanta lo vedono impegnarsi in prima persona in una campagna di sensibilizzazione per la conservazione del film e del colore, che le nuove tecnologie rischiano di compromettere del tutto.
Nel frattempo prosegue di successo in successo, sovente coadiuvato dall’amico R. De Niro: dal drammatico Toro scatenato (1980), sulla vita del pugile americano Jake La Motta, alla cinica analisi dei mezzi di comunicazione di massa Re per una notte (1983), con Jerry Lewis, dall’allucinante odissea urbana e notturna di Fuori orario (1985) al visionario L’ultima tentazione di Cristo (1988), boicottato dall’ostracismo cattolico; dall’anomala gangster story sulla mafia Quei bravi ragazzi (1990, Leone d’Argento per la Miglior Regia a Venezia) al cupo ed allucinato Cape Fear - Il promontorio della paura (1991), con Nick Nolte, R. De Niro, Jessica Lange e Juliette Lewis e remake di Il promontorio della paura (1962) di Jack Lee Thompson interpretato da Gregory Peck, Robert Mitchum, Polly Bergen, Martin Balsam e Telly Savalas, dal dramma in costume L’età dell’innocenza (1993), con Michelle Pfeiffer, all’anticonvenzionale Casinò (1995).
Dopo un’incursione nel mondo religioso orientale con il lirico Kundun (1997), sulla figura del Dalai Lama e sul tema universale del potere, ritorna a tematiche più congeniali alle sue corde con il drammatico Al di là della vita (1998), con Nicholas Cage nei panni di un paramedico che gira di notte su un’ambulanza per le vie di New York, e con l’epico affresco Gangs of New York (2002), con Leonardo Di Caprio, Daniel Day Lewis, Cameron Diaz e Liam Neeson.
Con The Aviator (2004), con L. Di Caprio, rende invece omaggio al mito di Howard Hughes, stravagante e leggendario produttore della Hollywood classica nonché pioniere dell’aviazione americana, in un biopic rutilante.
Nel 2005 realizza il documentario No Direction Home - Bob Dylan, sulla figura dell’inclassificabile artista americano a cavallo degli anni Sessanta, e nel 2006, alla sua ottava Nomination, vince finalmente l’Oscar per la Miglior Regia per The Departed - Il bene e il male, remake del film hongkonghese Infernal Affairs di Andrew Lau e Alan Mak.
La passione per la musica rock ed il suo immaginario lo portano a riaffrontare - trent’anni dopo il già citato L’ultimo valzer - la forma del film-concerto con Shine a Light (2008), resoconto coreografico ed esplosivo di due concerti dei Rolling Stones svoltisi al Beacon Theater di New York nell’autunno 2006.
Dopo gli ottimi Shutter Island (2010) e Hugo Cabret (2011), ha diretto The Wolf of Wall Street (2013), Silence (2016) e The Irishman (2019), con R. De Niro, Al Pacino e Joe Pesci. Il film, tratto dal libro omonimo di Charles Brandt - pubblicato in Italia da Fazi Editore nel 2019 -, è un’epica saga sulla criminalità organizzata nell’America del secondo dopoguerra. La vicenda è narrata attraverso gli occhi di Frank Sheeran, reduce della Seconda guerra mondiale, imbroglione e killer professionista che ha lavorato insieme ad alcune fra le figure più importanti del Novecento. The Irishman, in uno straordinario viaggio attraverso i segreti del crimine organizzato, i suoi meccanismi interni, le sue rivalità e le sue connessioni con la politica, racconta, nel corso dei decenni, uno fra i più grandi misteri mai risolti della storia americana, ovverosia la scomparsa del “leggendario” sindacalista Jimmy Hoffa.
Sperimentatore instancabile, affiancato da un team di collaboratori abituali (Thelma Schoonmaker al montaggio, Dante Ferretti alle scenografie, Elmer Bernstein alle musiche), di film in film continua a riflettere sul male, sulla morte e sul senso di colpa che pervadono la società americana contemporanea, in un’originalissima visione che fonde le radici religiose, identitarie e culturali con una percezione vivissima, di volta in volta dolente e nevrotica, delle contraddizioni della modernità.
Cinefilo appassionato, autore di documentari che ripercorrono la storia del cinema come «memoria condivisa» di un’epoca e di una società - Martin Scorsese - Viaggio nel cinema americano (1995), Il mio viaggio in Italia (2001) -, a volte ha lavorato anche come attore. È ad esempio il cinico manager newyorkese di Round Midnight (1986) di Bertrand Tavernier, il nevrotico Van Gogh in un episodio di Sogni (1990) di Akira Kurosawa, lo sponsor di un programma televisivo truccato in Quiz Show (1994) di Robert Redford.
Fra gli altri documentari, New York City… Melting Point (1966), Scene di strada 1970 (1970), Martin Scorsese: Back on the Block (1973), Italoamericani (1974), Ragazzo americano (1978), Made in Milan (1990, The King of Ads (1993), Dal Mali al Mississippi (2002, Lady by the Sea: The Statue of Liberty (2004), La parola a Fran Lebowitz (2010), A Letter to Elia (2010), diretto insieme a Kent Jones, George Harrison: Living in the Material World (2011), The 50 Year Argument (2014), diretto con David Tedeschi.
Fra gli altri film in cui è apparso come attore ricordiamo Cannonball (1977) di Paul Bartel, Il pap’occhio (1980) di Renzo Arbore, Anna Pavlova (1983) di Emil Loteanu, Indiziato di reato (1991) di Irwin Winkler, Cerca e distruggi (1995) di David Salle, La dea del successo (1998) di Albert Brooks.
Grande rappresentante della cosiddetta New Hollywood, Martin Scorsese è considerato - insieme al quasi coetaneo Francis Ford Coppola - come uno fra i maggiori registi della sua generazione. Temi centrali dei suoi film sono la violenza istintiva dell'uomo ed il suo rapporto con la responsabilità, il peccato e la religione. Il suo stile, sovente contraddistinto da sequenze virtuosistiche e da violenza iperrealista, trae ispirazione dalla Nouvelle Vague francese, dal neorealismo italiano e dal cinema indipendente americano di John Cassavetes.
Fra i numerosi premi ricevuti nel corso della sua lunga carriera, l’Oscar per la Miglior Regia (nel 2007, per The Departed - Il bene e il male), la Palma d'Oro al Festival di Cannes (nel ’76, per Taxi Driver), il Leone d’Oro alla Carriera al Festival del Cinema di Venezia (1995) e tre Golden Globe come miglior regista (nel 2003 per Gangs of New York, nel 2007 per The Departed - Il bene e il male e nel 2012 per Hugo Cabret) ed uno alla Carriera (2010).
Alessandro Poggiani
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