"Operazione paura" di Mario Bava compie 50 anni

Secondo film del ‘66 per Mario Bava (dopo Le spie vengono dal semifreddo, interpretato da Franco Franchi e Ciccio Ingrassia), scritto da Roberto Natale, Romano Migliorini e dallo stesso Mario Bava, montato da Romana Fortini, direttore della fotografia Antonio Rinaldi, musiche di Carlo Rustichelli, scenografia di Alessandro Dell’Orco, prodotto da Nando Pisani e Luciano Catenacci (che, con lo pseudonimo di “Max Lawrence”, interpreta il ruolo del borgomastro Karl) per La F.U.L. Film, e interpretato da Giacomo Rossi Stuart (il dottor Eswai), Erika Blanc (Monica Schuffman), Fabienne Dali (la maga Ruth), Piero Lulli (l’ispettore Kruger), Micaela Esdra (Nadienne), Franca Dominici (Martha), Mirella Pamphili (Irina Hollander), e Giovanna Galletti/Giana Vivaldi (la baronessa Graps), il film fu realizzato con un budget molto ridotto e in condizioni piuttosto disagiate. Fortemente penalizzato da una scarsa distribuzione nelle sale e dal fallimento della casa di produzione, il film ebbe scarsissimo successo commerciale. Proiettato (in versione restaurata) nell’ottobre 2014 all’Auditorium Parco della Musica di Roma in occasione del centenario della nascita del regista (1914-1980), Operazione paura è stato abbondantemente (e giustamente) rivalutato a partire dagli anni Ottanta (fra i suoi estimatori ricordiamo anche il regista Joe Dante) ed è oggi considerato quasi all’unanimità come uno fra i migliori film di Mario Bava, nonché come uno fra i pilastri del cosiddetto “horror all’italiana” degli anni Sessanta.
Il film narra di un medico, il dottor Eswai, che viene mandato a chiamare in uno sperduto paese dall'ispettore di polizia locale per eseguire un'autopsia sul cadavere di una ragazza morta in circostanze misteriose. Tuttavia, al suo arrivo, viene accolto con ostilità dagli abitanti della zona, i quali dimostrano chiaramente fin da subito di nascondere qualcosa. Scopre poi che altre morti simili a quella della ragazza sono avvenute e continuano ad avvenire. Stando alle affermazioni di alcuni, la responsabilità è di una maledizione che incombe sugli abitanti del paese, maledizione che avrebbe avuto origine da un terribile fatto avvenuto molti anni avanti. In una vecchia villa che sovrasta il paese - che la gente del villaggio ritiene essere infestata dagli spettri - aleggia il fantasma della piccola Melissa Graps, morta dodici anni avanti in un drammatico incidente. Lo spettro induce inesorabilmente chi lo vede a suicidarsi. Il dottore, del tutto scettico al riguardo di tali superstizioni, dovrà ricredersi a causa della catena di decessi improvvisi provocati dal fantasma della bambina. Il finale, che si svolge nella vecchia villa dei Graps, è meritatamente passato alla storia del cinema italiano.
Cronologicamente girato tre mesi prima de Le spie vengono dal semifreddo, Operazione paura fu distribuito nei cinema solo in un secondo momento a causa delle traversie e delle vicissitudini della casa che lo aveva prodotto e che fallì poco dopo la fine delle riprese. Il titolo del film venne scelto dalla produzione per richiamare quelli di pellicole di successo di quegli anni (le più note sono forse Operazione Crossbow e Operazione San Gennaro). A causa delle forti ristrettezze del budget a disposizione, le riprese durarono meno di due settimane e furono fatte nella cittadina laziale di Cori (LT).
Sotto un profilo strettamente stilistico, il film, sia pur in maniera meno eccessiva e con uno stile più classico, va avanti nel percorso di sperimentalismo cromatico già utilizzato da Mario Bava per i precedenti La frusta e il corpo (1963) e Sei donne per l'assassino (1964) La tonalità dominante delle scenografie, di chiaro impianto teatrale, è bruno-giallastra, con qualche luce verdognola (soprattutto nell'illuminazione delle colonne) e qualche blu acceso. Numerosi sono i piani sequenza, gli zoom (quello della tromba delle scale del castello dei Graps è un chiaro riferimento/omaggio a Vertigo - La donna che visse due volte -, il capolavoro di Alfred Hitchcock del 1958) e le “soggettive senza soggetto” già presenti ne La maschera del demonio, che creano suspense senza riferimenti ben definiti. Per le scene oniriche o “allucinate”, il regista fa largo uso di effetti sfocati e colori psichedelici, e troviamo numerosi riferimenti alle atmosfere dei film horror del tedesco Friedrich Wilhem Murnau (Nosferatu il vampiro) e del danese Karl Theodor Dreyer (Vampyr). Tutto il film sembra svolgersi nell'arco di una sola notte. In una fra le scene più celebri (escludendo il già citato finale nella villa dei Graps), il dottor Eswai attraversa correndo otto stanze identiche, accorgendosi poi del fatto che sta inseguendo se stesso e di essere a sua volta inseguito da un altro se stesso.
Per quanto riguarda la bambina fantasma, lo storico del cinema e critico cinematografico francese Jean-Louis Leutrat riteneva che la palla con la quale la piccola Melissa Graps gioca ossessivamente, inquietante e spettrale attributo del film, fosse una citazione alla rovescia della bambina vittima del maniaco in M - Il mostro di Düsseldorf (1931) di Fritz Lang. Tale creatura del film di Mario Bava non passerà inosservata e Federico Fellini, due anni dopo, citerà letteralmente la bambina che gioca con la palla (in questo caso, una testa umana) nel suo Toby Dammit, episodio di Tre passi nel delirio (1968). In Gran Bretagna il film fu distribuito con i titoli di The Curse of the Living Dead, The Curse of the Dead, e Don't Walk in the Park; negli Stati Uniti come Kill, Baby, Kill! e Operation Fear.
Alessandro Poggiani
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