Se ne va Jeanne Moreau, volto della Nouvelle Vague

Jeanne Moreau in "Ascensore per il patibolo" di Louis Malle Jeanne Moreau in "Ascensore per il patibolo" di Louis Malle
È scomparsa all’età di ottantanove anni la grande attrice francese interprete di “Ascensore per il patibolo” di Louis Malle, “La notte” di Michelangelo Antonioni e “Jules et Jim” di François Truffaut.

Nata a Parigi nel gennaio 1928, frequenta il Conservatoire, la prestigiosa Accademia d’arte drammatica parigina, ed entra nei ranghi della Comedie Française, in cui apprende l’impostazione classica e l’abilità nella tecnica.

Il suo esordio cinematografico (Dernier amour - 1949 - di Jean Stelli) e le sue apparizioni nella prima metà degli anni Cinquanta, sia pur in opere del calibro di Grisbi (1954) di Jacques Becker, interpretato da Jean Gabin e Lino Ventura, non sembrano profilarle parti di gran rilievo.

Dopo qualche altro film (fra cui Il letto - 1954 - di Henri Decoin, La regina Margot - 1954 - di Jean Drévill, I giganti - 1955 - di Gilles Grangier, Le Salaire du péché - 1956 - di Denys de la Patellière, Fino all’ultimo - 1957 - di Pierre Billon, Partita a tre - 1957 - di Gilles Grangier), la svolta avviene con il giovane Louis Malle (1932-1995), il quale, in Ascensore per il patibolo (1958), le costruisce addosso il ruolo di Florence, moglie fedifraga che convince il suo amante ad uccidere il marito. La forza innovatrice del film, già ricco di contenuti da Nouvelle Vague, trova nell’ambigua - e tutt’altro che rassicurante - bellezza dell’attrice una vera e propria “musa” e la rende l’interprete perfetta per il successivo Gli amanti (1958), anch’esso diretto da Louis Malle (il quale, due anni dopo, si affermerà ancor di più con Zazie dans le métro - 1960 -, tratto dall'omonimo libro di Raymond Queneau) film “scandaloso” per l’epoca incentrato sulla sensualità della Moreau, moglie annoiata finita fra le braccia di due amanti e che abbandonerà il marito per un futuro di libertà e nello stesso tempo carico d’incertezze.

Nel ’61 Michelangelo Antonioni, con La notte, arricchisce ulteriormente la personalità drammatica dell’attrice, ingabbiandola in un altro “labirinto” sentimentale da cui il personaggio di Lidia uscirà senza certezze.

L’anno seguente Jeanne Moreau approda all’inestricabilità del nodo che stringe ed uccide il triangolo di Jules et Jim (1962) di François Truffaut, tratto dall’omonimo libro di Henri-Pierre Roché (1879-1959). Nel film la mano di F. Truffaut (il quale l’aveva già diretta in un ruolo secondario nel precedente I quattrocento colpi - 1959 -, suo esordio alla regia) apporta altri ritocchi al complesso profilo dell’attrice, la quale, nel personaggio di Catherine, riassume slanci e malinconie in nome di una amore indissolubile spinto fino alle estreme conseguenze.

Sei anni dopo verrà nuovamente diretta da François Truffaut ne La sposa in nero (1968), in cui interpreterà - di nuovo con notevole bravura - il ruolo di una donna decisa a vendicarsi dei cinque uomini che hanno causato la morte del suo fidanzato. Un noir dal perfetto equilibrio e dalle tonalità algide.

Nel frattempo, nel pieno della sua maturità artistica e forte di una espressività ormai compiuta, spazia dalla Célestine di Il diario di una cameriera (1964) di Luis Bunuel al western al femminile Viva Maria (1965), in cui lavora con Brigitte Bardot.

Gli anni Settanta la vedono in film quali I santissimi (1973) di Bertrand Blier e Mr Klein (1977) di Joseph Losey (che l’aveva già diretta in Eva - 1962 - e la dirigerà nuovamente ne La Truite - 1982).

Seguono la collaborazione con il tedesco Rainer Werner Fassbinder (al suo ultimo film) in Querelle de Brest (1982) e l’ineffabile ruolo della donna di mondo “maestra” di buone maniere per la killer protagonista di Nikita (1990) di Luc Besson.

Negli anni successivi viene diretta da registi quali il tedesco Wim Wenders (Fino alla fine del mondo - 1991 - e, in co-regia con Michelangelo Antonioni, Al di là delle nuvole - 1995) ed il greco Theodorus Anghelopulos (Il passo sospeso della cicogna - 1991).

Nel 2001 rievoca le vicende sentimentali della scrittrice Marguerite Duras (dalla quale, circa trent’anni avanti, era stata diretta in Nathalie Grangier - 1972)  in Cet amour là di Josée Dayan (la quale l’aveva già diretta nella miniserie televisiva I miserabili - 2000 -, tratta dall'omonimo libro di Victor Hugo ed interpretata da Gérard Depardieu nel ruolo di Jean Valjean, e che negli anni successivi la dirigerà altre otto volte).

Fra gli altri film ricordiamo Jovanka e le altre (1960) di Martin Ritt, in cui lavora con Silvana Mangano, Vera Miles, Carla Gravina e Barbara Bel Geddes, Moderato cantabile - Storia di uno strano amore (1960) di Peter Brook, La donna è donna (1961) di Jean-Luc Godard, Il processo (1962) di Orson Welles, tratto dall’omonimo libro di Franz Kafka e in cui recita con Anthony Perkins, Romy Schneider, Elsa Martinelli e con lo stesso O. Welles, Fuoco fatuo (1963) di Louis Malle, I vincitori (1963) di Carl Foreman, Il treno (1964) di John Frankenheimer, tratto da Le front de l’art di Rose Valland (nel film interpretata da Suzanne Flon) e in cui lavora con Burt Lancaster, Una Rolls-Royce gialla (1964) di Anthony Asquith, in cui lavora con Rex Harrison, Ingrid Bergman e Shirley MacLaine, Falstaff (1965) di Orson Welles, E il diavolo ha riso (1966) di Tony Richardson, Il marinaio del Gibilterra (1967), anch’esso diretto da Tony Richardson, Storia immortale (1968) di Orson Welles, Monty Walsh, un uomo duro a morire (1970) di William Fraker, in cui lavora con Lee Marvin e Jack Palance, Conto alla rovescia (1971) di Roger Pigaut, il già citato Nathalie Grangier di Marguerite Duras, Joanna la francese (1973) di Carlos Diegues, L’arrivista (1974) di Pierre Granier-Deferre, Souvenirs d’en France (1975) di André Téchiné, Gli ultimi fuochi (1977) di Elia Kazan, Plein sud (1981) di Luc Béraud, Mille miliardi di dollari (1982) di Henri Verneuil, Le paltoquet (1986) di Michel Deville.

Molto attiva anche in età avanzata (sia a teatro, sia al cinema ed in televisione), i suoi ultimi film sono stati Everywhere at Once (2008) di Holly Fisher e Peter Lindbergh, La guerre des fils de la lumière contre le fils des ténèbres (2009) di Amos Gitai, Gebo et l’ombre (2012) di Manoel de Oliveira, Le talent de mes amis (2015) di Alex Lutz.

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.

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