Sergio Rubini a Piazza Vittorio presenta Il Grande Spirito, film parabola di vita sui tetti di Taranto

La commedia, commovente, delicata e amara, è ambientata sui tetti di Taranto e propone riflessioni su tematiche più che mai attuali come la solitudine, la violenza, la spiritualità e il senso dell’esistenza, attraverso situazioni di vita quotidiana e scene d’azione.
In una location multiculturale come quella di Piazza Vittorio, che si presenta con una veste rinnovata a seguito dell’opera di riqualificazione dei suoi giardini, Sergio Rubini presenterà una storia ambientata nella città ionica con riferimenti agli indiani d’America Sioux. Dopo l'incontro seguirà la proiezione del film.
Il film, uscito nel 2019 e prodotto da Fandango, in co-produzione con Rai Cinema e con il supporto della Fondazione Apulia Film Commission annovera nel cast, oltre al regista Sergio Rubini, Rocco Papaleo, Bianca Guaccero, Ivana Lotito, Alessandro Giallocosta. Il set è una terra di storia millenaria eppure inquinata per decenni dalle ciminiere tossiche dell’ILVA che fanno cornice a una storia intensa di amicizia e di riscatto.
Il film ha ricevuto una candidatura ai Nastri d’Argento.
In un quartiere della periferia di Taranto, durante una rapina, uno dei tre complici, un cinquantenne dall’aria malmessa, Tonino (Sergio Rubini), approfittando della distrazione degli altri due, ruba la refurtiva e scappa. Il suo è un gesto di riscatto nei confronti di chi non ha più rispetto del suo lungo e onorato curriculum delinquenziale, macchiato da un fatale errore, che gli è valso l’ignominioso appellativo di Barboncino. La corsa di Tonino, perseguitato dai suoi inseguitori, procede verso l’alto, di tetto in tetto, fino a raggiungere la terrazza più elevata, oltre la quale c’è lo strapiombo, che lo costringe a cercare rifugio in un vecchio lavatoio. Lì trova uno strano individuo, Renato (Rocco Papaleo), dall’aspetto eccentrico seppur pieno di fragilità: porta una piuma d’uccello dietro l’orecchio, sostiene di chiamarsi Cervo Nero, di appartenere alla tribù dei Sioux e aggiunge che il Grande Spirito in persona gli aveva preannunciato l’arrivo dell’Uomo del destino! Tra i due si stabilisce un’amicizia, frutto dell’emarginazione, della solitudine e di un’insospettabile comune visione del mondo, che ha un andamento verticale, come i piani urbani ripresi nel film. Tra i personaggi della storia l’ex-compagna di Tonino, Milena (Bianca Guaccero) con cui lui vorrebbe rifarsi una vita, e Teresa (Ivana Lotito), amica di Renato che, vittima delle violenze verbali e fisiche del marito, per sbarcare il lunario regala attimi di piacere a loschi figuri.
Il Grande Spirito è una commedia amara sugli ultimi e improbabili. Il dialetto pugliese gioca un ruolo centrale, infatti alcuni dialoghi sono opportunamente sottotitolati.
«Volevo raccontare degli ultimi autentici senza edulcorazioni e che la lingua fosse quella della gente, dello strato della società che volevo raccontare. Volevo anche nobilitare quella lingua, non volevo fare un film regionalistico, ma il più possibile autentico e il dialetto era la lingua fondamentale per restituirlo: volevo che i personaggi fossero nobili che si salvassero, grezzi solo all’apparenza», ha dichiarato Rubini in una recente intervista.
Interessante il ricorso a scene che richiamano lo stile del cinema western, come la sparatoria finale. La fotografia di Michele D’Attanasio si adatta perfettamente alla storia con uso sapiente di luci e ombre che si affianca ad una perfetta scenografia monocromatica a cura di Luca Gobbi.
Sergio Rubini riabilita Taranto, città quotidianamente avvolta dai fumi dell’industria e drammaticamente rossa a causa delle polveri sottili che si depositano sui balconi e sulle vite dei suoi cittadini. Dedalo di vicoli sui Due Mari, Taranto, che è una delle città industriali italiane con il maggior numero di morti l'anno per tumore causato da inquinamento, si trasforma in una «terra sacra», bella e perduta proprio come l’innocenza del Sud.
I riferimenti nel film sono forti e necessari. Dalla terrazza di un palazzo, infatti, Renato scruta il cielo e gli uomini, rimpiangendo «prateria piena di bisonti» che c’era prima che gli «yankee» avvelenassero tutto e ricorda le partite di calcio della squadra rossoblù allo stadio «Iacovone», cui assisteva con il padre «che quando tornava dal lavoro era tutto rosso».
Questo incontro non è da perdere perché Sergio Rubini ci racconterà una storia di salvezza, in cui i personaggi nel film, proprio come nella vita, cercano continuamente di arrampicarsi, affrancandosi dal bassofondo e arrivando a vedere il mondo da una prospettiva migliore.
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