Un decennio senza Claude Chabrol

la locandina di "All'ombra del delitto" (1970) la locandina di "All'ombra del delitto" (1970)
Un decennio fa moriva il grande regista francese, noto per aver diretto film quali “A doppia mandata”, “Landru”, “Ucciderò un uomo”, “All’ombra del delitto”, “Dieci incredibili giorni”, “Sul far della notte”, “Sterminate Gruppo Zero”, “Alice”, “Rosso nel buio”, “I fantasmi del cappellaio”, “L’ispettore Lavardin”, “Il grido del gufo”, “Betty”, “Il buio nella mente” e molti altri.

Nato a Parigi nel giugno 1930 (ergo nel 2020 viene ricordato non solo per il decimo anniversario della sua scomparsa, ma anche per il novantesimo della sua nascita), redattore - negli anni Cinquanta - della celebre rivista cinematografica «Cahiers du Cinéma», svolge un’intensa ed assidua attività di narratore e di critico, rivelando un temperamento estroso e combattivo.

Dopo aver prodotto il cortometraggio Le coup du berger (1956), diretto dall’amico Jacques Rivette, è il primo fra gli autori della Nouvelle Vague a cimentarsi nella regia con Le beau Serge (1957), film premiato al Festival di Locarno, ed in cui viene attentamente analizzato il confronto fra due amici (interpretati da Gerard Blain e Jean-Claude Brialy) dalle personalità opposte sia sotto il profilo morale sia sotto quello sociale.

Les cousins (I cugini - 1958), un melodramma sull’ambiente studentesco parigino, vince l’Orso d’Oro al Festival di Berlino.

Fin dagli inizi si rivela un grande valorizzatore di attori e di attrici, molti/molte fra i quali/fra le quali, per le loro performances nei suoi film, ricevono premi prestigiosi: ricordiamo M. Robinson, vincitore della Coppa Volpi per À double tour (A doppia mandata - 1959 -, tratto da Il caso Ballou di Stanley Ellin), Isabelle Huppert, premiata a Venezia per Une affaire de femmes (Un affare di donne - 1988), Sandrine Bonnaire, premiata a Venezia per La cérémonie (Il buio nella mente - 1995).

Con Rien ne va plus (1997), interpretato da I. Huppert, Chabrol vince la Concha de oro e la Concha de argento per la regia al Festival di San Sebastian.

Il successo commerciale e il sostegno dello sceneggiatore P. Gégauff (che lo ha affiancherà per circa quindici anni) segnano l’avvio di una carriera che proseguirà per oltre quarant'anni, e nel corso della quale la tradizione del realismo letterario e dell’analisi psicologica, il senso plastico dell’immagine, la misura della recitazione (ha diretto la maggior parte fra i migliori attori/attrici francesi del secondo Novecento), la cura delle scenografie e dei dettagli, la proprietà dei toni, la mancanza di tempi morti ed una professionalità costante e prolifica, produrranno una cinquantina di film, spesso.

Intenzionato a “dare il mal di cuore ai borghesi”, facendo affiorare l’ipocrisia che si annida nella società perbenista, si è applicato ai generi più differenti, offrendo studi di carattere, satire corrosive, pitture d’ambiente.

Fra i polizieschi ed i film di spionaggio degli anni Sessanta si notano, oltre al già citato À double tour, il franco-italiano Landru (1962), ricco di humour nero; la triade La tigre aime la chair fraîche (La tigre ama la carne fresca - 1964), La tigre se parfume à la dynamite (La tigre profumata alla dinamite - 1965), Marie Chantal contre le dr. Kha (Marie Chantal contro il dr. Kha - 1965), nati sulla scia di James Bond; Le scandal (Delitti e champagne - 1967); La route de Corinthe (Criminal story - 1967). Maggiore impegno, dopo lo scabroso Les biches (Le cerbiatte - 1968), C. ha mostrato nel dramma intimista La femme infidèle (Stéphane, una moglie infedele - 1968), nei gialli-neri Que la bête meure (Ucciderò un uomo - 1969), tratto da La bestia deve morire di Nicholas Blake, Le boucher (Il tagliagole - 1970), La rupture (All'ombra del delitto - 1970 -, tratto da Il postino non suona due volte di Charlotte Armstrong), Juste avant la nuit (Sul far della notte - 1971); La décade prodigieuse (Dieci incredibili giorni - 1971), tratto dal libro omonimo di Ellery Queen ed interpretato da Orson Welles, Docteur Popaul (Trappola per un lupo - 1972), Les noces rouges (L'amico di famiglia - 1973).

Pagato un esplicito tributo al cinema d'azione denunciando la società dei consumi in Nada (Sterminate Gruppo Zero - 1973), C. è tornato al poliziesco con Les innocents aux mains sales (Gli innocenti dalle mani sporche - 1974), facendo poi un’incursione nel fantastico con Alice ou la dernière fugue (Alice o l'ultima fuga - 1976) e raccontando nuovi assassini in Les liens de sang (Rosso nel buio - 1978), tratto da Parenti di sangue per l’87° distretto di Ed McBain, e in Violette Nozière (1978).

Da Georges Simenon trae Les fantômes du chapelier (I fantasmi del cappellaio - 1982).

Fra gli altri numerosi film da lui diretti ricordiamo inoltre Le sang des autres (Il sangue degli altri - 1983), tratto da un romanzo di Simone de Beauvoir, di cui esiste anche una versione televisiva; Poulet au vinaigre (Una morte di troppo - 1984), interpretato da J. Poiret nel ruolo di un ispettore di polizia che tornerà anche in Inspecteur Lavardin (L’ispettore Lavardin - 1986), dal personaggio ideato da Dominique Roulet; Masques (Volto segreto - 1987); Le cri du hibou (Il grido del gufo – 1987), tratto da Il grido della civetta di Patricia Highsmith, Jours tranquilles à Clichy (I giorni di Clichy - 1989), un film “piccante” tratto da H. Miller; una versione fedele di Madame Bovary (1991), ancora con I. Huppert, e Betty (1992, tratto dal libro omonimo di Georges Simenon), due profili di donne infelici; L'enfer (L'inferno - 1993), un saggio sulla gelosia lasciato incompiuto da H.-G. Clouzot, La cérémonie (Il buio nella mente - 1995), tratto da La morte non sa leggere di Ruth Rendell Rien va plus - Il gioco è fatto (1997), Au coeur du mensogne (Il colore della menzogna - 1998), Merci pour le chocolat (Grazie per la cioccolata - 2000), La fleur du mal (Il fiore del male - 2003), La demoiselle d’honneur (La damigella d’onore - 2004), L’ivresse du pouvoir (La commedia del potere - 2006), La fille coupée en deux (L’innocenza del peccato - 2007), Bellamy (2009).

Autore anche di numerosi spot pubblicitari, di regie teatrali e televisive, produttore e scrittore (il romanzo autobiografico Et pourtant je tourne, 1977), attore in film suoi ma anche diretti da altri registi, Claude Chabrol è stato un grande professionista del cinema, un “moralista” che è stato in grado di dare un aspro e sardonico giudizio sulle cose del mondo («Mi considero un ottimista triste»).

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.

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