Un ricordo di Carlo Lizzani nel centenario della sua nascita

Carlo Lizzani  con Pier Paolo Pasolini sul set di "Il gobbo" Carlo Lizzani con Pier Paolo Pasolini sul set di "Il gobbo" foto Carlo Riccardi
Cento anni fa nasceva il grande regista, noto per aver diretto film quali “Achtung! Banditi!”, “Il gobbo”, “Il carabiniere a cavallo”, “Il processo di Verona”, “La vita agra”, “Banditi a Milano”, “Barbagia - La società del malessere”, “Torino nera”, “Storie di vita e di malavita”, “Fontamara”, “La casa del tappeto giallo”, “Caro Gorbaciov”, “Hotel Meina” e molti altri.

Nato a Roma nel 1922 - è morto nell’ottobre 2013 -, già collaboratore delle riviste «Cinema» e «Bianco & Nero», nonché saggista (Cinema italiano - 1953), alla fine degli anni Quaranta è cosceneggiatore - Germania anno zero (1948) di Roberto Rossellini - e a volte anche attore - Il sole sorgerà ancora (1946) di Aldo Vegano, Caccia tragica (1947) di Giuseppe De Santis - della fortunata stagione neorealista.

Già molto lucido nello stile documentaristico e nel taglio corale del racconto – tratti che continueranno a contraddistinguerlo per tutta la sua carriera -, esordisce alla regia in pieno neorealismo con Achtung! Banditi! (1951), rievocando con attenzione una pagina della resistenza ligure.

Utilizzando ancora il sistema della produzione in cooperativa, realizza Cronache di poveri amanti (1953), tratto dal romanzo omonimo di Vasco Pratolini, affresco appassionato dei retroscena pubblici e privati, politici ed affettivi della Firenze fascista.

Non molto a suo agio nel genere comico - Lo svitato (1956) - e nella commedia - Esterina (1956) - centra il bersaglio con il film satirico di costume - La vita agra (1964) -, coltiva le agiografie popolari - Il gobbo (1960), con Gérard Blain e Pier Paolo Pasolini - e predilige l’avvenimento storico rievocato con profondità e rigore - Il processo di Verona (1963).

La sua decisa verve giornalistica lo porta ad inseguire la cronaca nella formula dell’instant movie - Banditi a Milano (1968), con Gian Maria Volonté e Don Backy - o gli impone riflessioni sociali e storiche - Barbagia - La società del malessere (1969), con Terence Hill.

Divenuto ancor più rigido, fra ricostruzione storica - Mussolini ultimo atto (1974), con Rod Steiger - e reportage sociale - Storie di vita e malavita (1975) -, affronta la robusta rievocazione delle lotte contadine ispirata a Ignazio Silone - Fontamara (1980).

Dopo un quadriennio come direttore della Mostra del Cinema di Venezia, offre un’ottima prova nel giallo con l’intrigante e teso La casa del tappeto giallo (1983) e poi riprende con vigore l’instant movie - Mamma Ebe (1985), Caro Gorbaciov (1988) - fino a Celluloide (1995), sobrio omaggio a Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini.

Oltre un decennio dopo rinnova il suo impegno civile in Hotel Meina (2007).

Nel corso degli anni continua a produrre documentari di indagine e divulgazione sul neorealismo e si dedica alla realizzazione di sceneggiati televisivi a sfondo storico.

Nello stesso anno vince il David di Donatello alla Carriera e pubblica il saggio Il mio lungo viaggio nel secolo breve, lucida ed appassionata autobiografia intellettuale, nonché illuminante quadro sui vizi e sulle virtù del cinema italiano.

Fra gli altri film da lui diretti ricordiamo Ai margini della metropoli (1953), Il carabiniere a cavallo (1961), con Nino Manfredi, L’oro di Roma (1961), La ronda (1964), episodio di Amori pericolosi, La Celestina P… R… (1965), La guerra segreta (1965), L’autostrada del sole (1965), episodio di Thrilling, Svegliati e uccidi (1966), Un fiume di dollari (1966), Requiescant (1967), L’amante di Gramigna (1968), tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga, L’indifferenza (1969), episodio di Amore e rabbia, Roma bene (1971), Torino nera (1972), Crazy Joe (1974), San Babila ore 20: un delitto inutile (1976), Kleinhoff Hotel (1977), Cattiva (1991), Art. 1 (2008), episodio di All Human Rights for All, Speranza (2011), episodio di Scossa.

 

Molto attivo, come già detto, anche in televisione, ha diretto vari film tv - C’era una volta un re e il suo popolo (1983), Nucleo zero (1984), Assicurazione sulla morte (1987), La trappola (1989), Il caso Dozier (1993), La donna del treno (1998), Maria José, l’ultima regina (2002), Le cinque giornate di Milano (2004) - e miniserie - Inverno di malato (1983), episodio di Dieci registi italiani, dieci racconti italiani, Un’isola (1986), Cause à l’autre (1988), episodio di Série noire -, Emma (1989), episodio di Quattro storie di donne.

Nel 2002 interpreta il ruolo di Papa Pio XII nella miniserie tv Papa Giovanni - Joannes XXIII di Giorgio Capitani, con Edward Asner e Massimo Ghini.

 

Fra i suoi documentari Togliatti è ritornato (1948), Viaggio al Sud (1949), Via Emilia km 147 (1949), Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato (1950), Modena, città dell’Emilia Rossa (1950), L’amore che si paga (1953), episodio di L’amore in città, La muraglia cinese (1958), L’Italia con Togliatti (1964), Facce dell’Asia che cambia (1973), Africa nera Africa rossa (1978), Venezia (1983), episodio di Capitali culturali d’Europa, L’addio a Enrico Berlinguer (1984), Capitolium (1987) e Flumen (1987), episodi di Roma imago urbis, Cagliari (1989), episodio di 12 registi per 12 città, Roma 12 novembre 1994 (1995), Luchino Visconti (1998), Roberto Rossellini: frammenti e battute (2000), Napoli Napoli Napoli (2006), Luchino Visconti - La vita come un romanzo (2008), The Unionist (2010), Il mio Novecento (2010).

Regista eclettico, in grado di lavorare in presa diretta sull’evoluzione del costume e sulle patologie del sociale così come di misurarsi con sicurezza professionale e con il sistema dei generi, Carlo Lizzani è stato un rappresentante piuttosto raro del cosiddetto “cinema medio” - ovverosia colto e nello stesso tempo e popolare - che sovente è mancato nel panorama cinematografico italiano.