Un ricordo di Deborah Kerr nell'anniversario della sua scomparsa

Deborah Kerr in "Il viaggio" di Anatole Litvak Deborah Kerr in "Il viaggio" di Anatole Litvak
Quindici anni fa moriva la grande attrice scozzese, interprete di film quali “Da qui all’eternità” di Fred Zinnemann, “Il re ed io” di Walter Lang, “Un amore splendido” di Leo McCarey, “Il viaggio” di Anatole Litvak, “L'erba del vicino è sempre più verde” di Stanley Donen, “La notte dell’iguana” di John Huston, “Il giardino indiano” di Mary McMurray e molti altri.

Nata a Helensburg - in Scozia - nel settembre 1921, già ballerina ed attrice di teatro, esordisce al cinema in Il maggiore Barbara (1941), elegante commedia tratta da George Bernard Shaw e diretta da G. Pascal, Harold French e David Lean.

Tre anni dopo, la sua performance in triplice ruolo in Duello a Berlino (1944) di Michael Powell ed Emeric Pressburger la trasforma in una sorta di simbolo della bellezza britannica. Protagonista del melodramma in costume - Il castello del cappellaio (1941) di L. Comfort - e dello spionaggio rosa - Agente nemico (1946) di F. Launder -, raggiunge l’affermazione internazionale nel ruolo di una suora severa e determinata in Narciso nero (1947) di M. Powell e E. Pressburger.

Trasferitasi ad Hollywood, viene messa sotto contratto dalla Metro-Goldwyn-Mayer ed attraversa numerosi generi - I trafficanti (1947) di Jack Conway, con Clark Gable, Le miniere di re Salomone (1950) di Compton Bennett ed Andrew Marton, con Stewart Granger, Bagliori ad Oriente (1951) di Charles Vidor, con Alan Ladd e Charles Boyer -, fino a quando il melodramma bellico Da qui all’eternità (1953) di Fred Zinnemann, tratto da un libro di James Jones, ed in cui recita con Burt Lancaster, Montgomery Clift,  Frank Sinatra (Oscar come Miglior Attore non Protagonista) e Ernest Borgnine, non libera la sua algida aura britannica.

Molto brava nel dramma in costume - Giulio Cesare (1953) di Joseph L. Mankiewicz, con Marlon Brando e James Mason -, alterna commedie - La sposa sognata (1953) di Sidney E. Sheldon, con Cary Grant, Tè e simpatia (1956) di Vincente Minnelli - e musical - il celebre Il re ed io (1956) di Walter Lang, con Yul Brynner -, al melodramma - Un amore splendido (1957) di Leo McCarey, in cui recita nuovamente con Cary Grant - all’avventura bellica - L’anima e la carne (1957) di John Huston, con Robert Mitchum.

Dopo Il viaggio (1959) di Anatole Litvak, con Yul Brynner, Jason Robards (al suo esordio cinematografico), Robert Morley, E. G. Marshall e Ron Howard bambino, la commedia L’erba del vicino è sempre più verde (1960) di Stanley Donen, con Cary Grant, Robert Mitchum e Jean Simmons, I nomadi (1960) di Fred Zinnemann, con R. Mitchum e Peter Ustinov, e Il dubbio (1961) di Michael Anderson, con Gary Cooper (al suo ultimo film), torna a produzioni inglesi come il giallo Suspense (1961) di Jack Clayton e il dramma psicologico Il giardino di gesso  (1964) di Ronald Neame.

Negli Stati Uniti offre ottime prove drammatiche - La notte dell’iguana (1964) di John Huston, con Ava Gardner, Elizabeth Taylor e Richard Burton -, fino ad arrivare a un nuovo apice - I temerari (1969) di John Frankenheimer, con Burt Lancaster e Gene Hackman.

Fra gli altri film ricordiamo Edoardo mio figlio (1949) di George Cukor, con Spencer Tracy, il kolossal Quo vadis? (1951) di Mervyn LeRoy, con Robert Taylor e Peter Ustinov, Il prigioniero di Zenda (1952) di Richard Thorpe, con Stewart Granger e James Mason, La regina vergine (1953) di George Sidney, con Jean Simmons e S. Granger, La fine dell’avventura (1955) di Edward Dmytryk, tratto da un libro di Graham Greene ed interpretato da Van Johnson, Anche gli eroi piangono (1956) di George Seaton, con William Holden, Buongiorno tristezza! (1958) di Otto Preminger, con David Niven e Jean Seberg, Tavole separate (1958) di Delbert Mann, con Burt Lancaster, Rita Hayworth e D. Niven, Patto a tre (1965) di Jack Donohue, con Frank Sinatra e Dean Martin, Cerimonia per un delitto (1967) di Jack Lee Thompson, con D. Niven, James Bond 007 - Casino Royale (1967) di John Huston, Val Guest, Ken Hughes, Joseph McGrath e Robert Parrish.  

Dopo Il compromesso (1969) di Elia Kazan, con Kirk Douglas, abbandona il cinema e, nei successivi quindici anni, reciterà a teatro ed in televisione. Torna al grande schermo negli anni Ottanta in Il giardino indiano (1985) di Mary McMurray e, dopo il film tv Ritorno alla base (1985) di Herbert Wise, in cui recita nuovamente con Robert Mitchum - molti anni dopo i già citati L’anima e la carne di J. Huston, L’erba del vicino è sempre più verde di S. Donen e I nomadi di F. Zinnemann - torna nuovamente a teatro.

Dopo aver ottenuto, nel corso della sua carriera cinematografica, ben sei nominations all’Oscar come Miglior Attrice Protagonista (senza mai vincerlo), nel ’94 riceve un meritato Oscar alla Carriera.

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.