Un ricordo di Steno, re della commedia all’italiana e del poliziottesco

Nato a Roma nel gennaio 1917, Stefano Vanzina - meglio noto con il suo nome d’arte “Steno” -, dopo la laurea in Giurisprudenza collabora con importanti giornali umoristici (come ad esempio il «Marc’Aurelio») ed entra nel mondo dello spettacolo come sceneggiatore.
Il lieve umorismo, privo di metafore e grossolanità, e adatto ad un pubblico molto vasto, e il ritmo incalzante sono caratteristiche fondamentali e peculiari che lo contraddistinguono fin da subito e che continueranno a rimaner tali nel corso della sua intera carriera.
Dopo aver lavorato per il cinema dei “Telefoni bianchi” e per comici come Erminio Macario e Totò, tenta la via della regia, inizialmente in collaborazione con Mario Monicelli, e scoprendo così la sua vera carriera. Insieme a Mario Monicelli, gira Totò cerca casa (1949), il celebre Guardie e ladri (1951), con Totò e Aldo Fabrizi, e il documentario di costume Le infedeli (1953).
Nei film successivi, separatosi da Monicelli, dirigerà i maggiori comici italiani - contribuendo a lanciar le loro carriere - e scoprirà nuovi talenti: Marisa Allasio, Walter Chiari, Johnny Dorelli, Nino Manfredi, Mariangela Melato, Enrico Montesano, Tina Pica, Renato Pozzetto, Renato Rascel, Alberto Sordi, Bud Spencer, Ugo Tognazzi, Franca Valeri, Raimondo Vianello, Monica Vitti.
Fra i suoi maggiori successi ricordiamo il pirandelliano L’uomo, la bestia e la virtù (1953), interpretato dal grande Orson Welles, l’ironico Un americano a Roma (1954), con Alberto Sordi, Susanna tutta panna (1957), con Marisa Allasio, il parodico Arriva Dorellik (1967), con Johnny Dorelli, Amori miei (1978), con Monica Vitti.
Sprezzante del pericolo, Steno faceva l’imitazione radiofonica del Duce e coniò la già citata definizione “Telefoni bianchi” per indicare gli innocui filmetti voluti dal fascismo. E negli anni Settanta, in un’Italia che stava cambiando rapidamente gusti, abitudini e modo di ridere, inventa due generi destinati a riempire le casse dei cinema; inaugura il filone “poliziottesco” con La polizia ringrazia (1972), firmato in via eccezionale con il suo vero nome e cognome, e lo porta avanti con Piedone lo sbirro (1973), interpretato da Bud Spencer, il quale verrà diretto da Steno anche nei successivi Piedone a Hong Kong (1975), Piedone l’africano (1978) e Piedone d’Egitto (1980), e nella commedia Banana Joe (1982).
Fra i suoi altri film Totò a colori (1952), Un giorno in pretura (1953), Le avventure di Giacomo Casanova (1954), Piccola posta (1955), Mio figlio Nerone (1956), con Alberto Sordi, Gloria Swanson e Brigitte Bardot, Guardia, ladro e cameriera (1958), Totò nella luna (1958), Totò, Eva e il pennello proibito (1959), I tartassati (1959), Un militare e mezzo (1960), La ragazza di mille mesi (1961), I due colonnelli (1962), Totò diabolicus (1962), Totò contro i quattro (1963), Un mostro e mezzo (1964), Rose rosse per Angelica (1965), La feldmarescialla (1967), Il trapianto (1969), Cose di Cosa Nostra (1971), Il vichingo venuto dal Sud (1971), La poliziotta (1974), con Mariangela Melato, Il padrone e l’operaio (1975), Febbre da cavallo (1976), con Gigi Proietti, Enrico Montesano e Francesco De Rosa (già apparso l’anno avanti nel memorabile ruolo del borseggiatore “Mani d’oro” del già citato Piedone a Hong Kong), Doppio delitto (1977), interpretato da Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Peter Ustinov, Agostina Belli e Gianfranco Barra, Tre tigri contro tre tigri (1977), in co-regia con Sergio Corbucci, Dottor Jekyll e gentile signora (1979), Fico d’India (1980), Il tango della gelosia (1981), con Monica Vitti, Bonnie e Clyde all’italiana (1983), Mani di fata (1983), Mi faccia causa (1984).
Steno non è stato solo un grande regista di commedie. Era anche bravissimo a coniare feroci soprannomi per i suoi amici intellettuali (talento ereditato da suo figlio Enrico, autore di divertenti calembour su gente del cinema). E così l’artista Alberto Savinio divenne “il brutto addormentato nel basco”, Sandro De Feo “pancia competente” (con chiaro riferimento a Mancia competente, la commedia americana di Ernst Lubitsch del 1932), Vincenzo Cardarelli “il poeta deca-dente”, Filippo De Pisis “l’incantatore di sergenti”, il pittore Renato Guttuso “Guttuse-Lautrec”.
Contemporaneamente alla sua carriera da regista, continua a lavorare anche come sceneggiatore e, negli anni Ottanta anche in televisione, dove nel 1987-88 chiude la carriera dirigendo quattro episodi (Boomerang, La fanciulla che ride, Polizza droga, Polizza inferno) della serie Big Man, interpretata dall’amico Bud Spencer, scritta dallo stesso Steno, insieme a Lucio De Caro, Carlo Pedersoli - Bud Spencer -, Enrico Vanzina e Ottavio Jemma.
I figli Carlo ed Enrico Vanzina ricordano un significativo aneddoto della carriera del padre: «Fu lui a suggerire a Sergio Leone, che voleva affidargli la regia di Un sacco bello, di mettere alla prova Verdone». I due fratelli rivelano anche un progetto sconosciuto: «Papà, che da segretario di redazione del Marc’Aurelio aveva assunto Fellini, era rimasto in contatto con lui. Alla fine della vita i due amici avevano deciso di girare insieme Le ciccione volanti, un film-fumetto ispirato alle strisce della rivista. Non hanno fatto in tempo. Peccato».
Alessandro Poggiani
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