Walter Murch compie 75 anni

«Sono stato avvicinato dal produttore Rick Schmidlin che non avevo mai incontrato prima, ma è stato lui a trovarmi e mi ha detto che aveva questo progetto in mente come omaggio a Orson Welles quarant’anni dopo l’uscita di Touch of Evil. Mi descrisse i problemi del film e io posi tre domande: “Posso leggere questo memorandum? Il negativo è in buono stato? La colonna sonora è separata in tre livelli (dialoghi, musica e effetti sonori)?” Rispose di sì a tutte e tre le domande. Il memorandum era già famoso, nessuno però l’aveva mai visto. Giravano delle voci su di esso, visto che era scomparso poco dopo che Welles l’aveva scritto e sembrava che fossero sopravvissute solo poche pagine. Ma Rick era una specie di detective e cercando insistentemente riuscì a capire dove si trovasse la copia del memorandum. Era stato scritto da Welles dopo che il film gli era stato tolto, riscritto e rimontato. A Welles era stato permesso di vedere il film in una proiezione, senza però poter fermare il proiettore e dare indicazioni. Si appuntò perciò delle note durante la proiezione e poi quella notte rimase alzato e scrisse 58 pagine che mandò ai suoi nemici negli studios. Quindi è un documento molto polemico e tagliente, che non è molto specifico riguardo a cosa fare, ma mi ha dato comunque una buona idea di come Welles fosse come essere umano e artista. Ad un certo punto ho avuto proprio l’impressione che Orson mi avesse consegnato personalmente queste pagine dicendo “Walter, vedi se riesci a realizzare queste idee, intanto io vado nella camera qua di fianco a schiacciare un pisolino, svegliami quando è pronto”. Tre settimane dopo avevo finito e sono rimasto deluso per non averlo potuto andare davvero a svegliare nella camera a fianco, perché quella era una fantasia che avevo avuto nella mia mente durante tutto il periodo del rimontaggio. Mi sarebbe tanto piaciuto potergli mostrare quello che avevo fatto perché eravamo riusciti a realizzare ogni cosa che c’era scritta in quel memorandum. Caratterizzerei i cambiamenti fatti confrontandoli con L’orgoglio degli Amberson, dove il finale fu molto cambiato dagli studios e, se fosse possibile ritrovare il finale originale di Welles, cambierebbe completamente la nostra concezione di quel film. Non è stato questo il caso di Touch of Evil. Niente di quello che abbiamo fatto ha trasformato il film in un film diverso, ma ha permesso che diventasse più se stesso, capisci? Molti dei cambiamenti sostanziali erano previsti ovviamente per l’incipit, ma ce ne erano anche altri più piccoli più avanti, che hanno avuto un forte impatto sul film. Le differenze maggiori sono state l’eliminazione di ogni titolo nel piano sequenza di apertura e la diversa musica che si sente lì. Infatti, invece del tema di Henry Mancini, Welles aveva impostato il suono mischiando diverse fonti, dalla musica che arrivava dal nightclub, alle voci dei turisti, passando per quello che trasmetteva l’autoradio della macchina che si approssima a varcare il confine tra il Messico e gli Stati Uniti. Così, mentre la mdp si muove da un punto all’altro, si sentono diversi tipi di suoni e di rumori. Perciò le differenze dal punto di vista della regia in pratica sono queste: all’inizio di quel celebre piano sequenza si vede una bomba che viene messa dentro il portabagagli di una macchina e poi iniziavano i titoli e quindi, inconsciamente, sapevi che la bomba non sarebbe esplosa prima della fine dei titoli. Senza i titoli, al contrario, sei più sulle spine perché non sai quando la bomba esploderà. C’è infatti un momento in quella ripresa, attorno ai due terzi, in cui Charlton Heston e Janet Leigh camminano proprio di fianco alla macchina con la bomba e, quindi, l’esplosione potrebbe esserci proprio in quel momento. In questo modo, perciò, avendo tolto i titoli di testa, in quel punto della scena aumenta la tensione, rendendo il tutto più imprevedibile. Poi, abbiamo realizzato un intervento, come dire, strutturale: la Universal, infatti, una volta che aveva portato via il film a Welles, aveva fatto in modo di unificare tutta la storia di Charlton Heston estrapolando quella di Janet Leigh, e il film iniziava a procedere solo quando i due si rincontravano molto più avanti. Invece l’idea originale che si trova nella versione che circola ora era quella di intrecciare le due storie. Infine, ci sono stati piccoli cambiamenti, comunque importanti, come ad esempio l’eliminazione di un singolo primo piano nel confronto tra Charlton Heston e il tenente di polizia Menzies. In quel primo piano Menzies praticamente ammette che il suo capo, Quinlan, è colpevole, e, eliminandolo, l’ammissione arriva solo molto più tardi, permettendo così di mantenere la tensione fino alla fine. Molto probabilmente Welles aveva girato quel primo piano, ma come capita spesso ai registi, riguardandolo aveva pensato che non fosse una buona idea averlo messo in quel punto. Questa è la tragedia dell’interferenza degli studios, che legano le mani al regista e gli impediscono di avere una relazione continua e organica con l’evoluzione del film» (Walter Murch, sul montaggio della versione restaurata di Touch of Evil - L’infernale Quinlan - di Orson Welles)
Nato a New York nel 1943, figlio del pittore Walter Tandy Murch (1907-1967), frequenta la Collegiate School dal 1949 al 1961, anno in cui si iscrive alla John Hopkins University, dove si laurea in arte nel 1965.
Con una borsa di studio post-laurea studia cinema alla University of Southern California e, proprio in questi anni conosce il futuro regista Matthew Robbins ed il direttore della fotografia Caleb Deschanel. Insieme a questi due amici organizza numerosi happening e partecipa ad un progetto per laureati alla University of Southern California, dove conosce alcune future personalità del mondo del cinema, tra cui Hal Barwood, Robert Dalva, Don Glut, Willard Huyck, George Lucas, Marcia Lucas e John Milius.
A partire dalla fine degli anni Sessanta si dedica definitivamente all’attività di montatore e tecnico del suono, lavorando con Francis Ford Coppola per Non torno a casa stasera (1969), Il Padrino (1972), Il Padrino - Parte II (1974) e La conversazione (1974), oltre che con George Lucas per L'uomo che fuggì dal futuro (1971) e American Graffiti(1973).
Nel ’79, proprio lavorando nuovamente con Francis Ford Coppola vince l’Oscar per il Miglior Suono per Apocalypse Now (1979), ottenendo notorietà internazionale.
Nel 1985 esordisce alla regia con Nel fantastico mondo di Oz. Prodotto da Gary Kurtz ed ispirato ai ai libri di Lyman Frank Baum Il meraviglioso paese di Oz e Ozma, regina di Oz, il progetto era nato qualche anno avanti nel corso di una conversazione fra lo stesso Murch e l’allora supervisore della Walt Disney Pictures Tom Wilhite.
Nel ’96 vince due Oscar curando sia il montaggio sia il suono de Il paziente inglese di Anthony Minghella.
Fra gli altri film a cui ha lavorato ricordiamo Il giorno dello sciacallo (1973), tratto dal libro omonimo di Frederick Forsythe, e Giulia (1977), entrambi diretti da Fred Zinnemann, L’insostenibile leggerezza dell’essere (1988), tratto dal libro omonimo di Milan Kundera e diretto da Philip Kaufman, Il padrino - Parte III (1990) di Francis Ford Coppola, Ghost - Fantasma (1990) di Jerry Zucker, La voce del silenzio (1993) di Michael Lessac, Triplo gioco (1993) di Peter Medak, Inviati molto speciali (1994) di Charles Shyer, Il primo cavaliere (1995) di J. Zucker, il rimontaggio della versione restaurata (1998) de L’infernale Quinlan (1958) di Orson Welles, Il talento di Mr Ripley (1998) di Anthony Minghella, Apocalypse Now Redux (2001) di Francis Ford Coppola, K-19 (2002) di Kathryn Bigelow, Ritorno a Cold Mountain (2003) di A. Minghella, Jarhead (2005) di Sam Mendes, Un’altra giovinezza (2007) e Segreti di famiglia (2008), entrambi diretti da F. F. Coppola, Wolfman (2010) di Joe Johnston, Tomorrowland - Il mondo di domani (2015) di Brad Bird.
Walter Murch, che a partire dai primi anni Duemila ha diradato la sua attività di montatore e tecnico del suono ed intensificato quella di docente in varie scuole di cinema, si interessa anche di scienza della percezione umana, cosmologia e storia della scienza. Dagli anni Novanta lavora ad una reinterpretazione della Legge Titius-Bode sullo spazio planetario, basata sulla sonda Voyager probe, sul telescopio Hubble, e sulla scoperta di esopianeti. Ha anche pubblicato varie opere ancora non tradotte del poeta e romanziere italiano Curzio Malaparte.
W. Murch ha scritto un libro sul montaggio (In the Blink of an Eye - 2001) e la sua opera è stata il tema di due altri libri: The Conversations: Walter Murch and the Art of Editing Film (2002) di Michael Ondaatje e Behind the Seen (2004) di Charles Koppelman. Nel 2006 ha ricevuto una laurea ad honorem in lettere dal The Emily Carr Institute of Art and Design di Vancouver, in Canada.
Nel bellissimo e già citato libro In the Blink of an Eye, in Italia pubblicato da Lindau (Torino) nel 2007 e nel 2018 come In un batter d’occhi. Una prospettiva sul montaggio cinematografico nell’era digitale, prefazione di Francis Ford Coppola, ed ormai un classico cult presente nella maggior parte fra le bibliografie che riguardano le teorie e le tecniche del linguaggio cinematografico, Walter Murch raccomanda di tenere a mente sei fattori mentre si tagliano e si incollano i frame: l’emozione (51%), la storia (23%), il ritmo (10%), i legami fra sguardi (7%), il piano bidimensionale dello schermo (5%) e, infine, il piano tridimensionale dello spazio (4%). L’emozione ha la priorità assoluta, anche sulla storia e sul ritmo. Molto meglio andar temporaneamente fuori dalla storia e suscitare una reazione emotiva, piuttosto che mantenersi nella narrazione senza però provocare un bel nulla.
LO SBATTERE DEGLI OCCHI. Qui che Walter Murch si rivela anche un ottimo teorico. Il suggerimento è che la velocità con cui sbattiamo gli occhi coincida col nostro stato emotivo: minor frequenza indica concentrazione, maggior frequenza indica distrazione. Per questo motivo, durante la prassi di editing, il nostro porge una grandissima attenzione agli occhi del cast, in modo da evidenziare maggiormente il mood che si vuole dare allo spettatore.
STARE IN PIEDI. Secondo Walter Murch, fare il montatore è un po’ come essere un chirurgo, un cuoco, o un direttore d'orchestra, ovvero si fondono delle cose. È possibile operare qualcuno, cucinare, o dirigere un'orchestra rimanendo seduti? Assolutamente no. Sicuramente no.
In una scena in cui qualcuno sta camminando, Murch suggerisce: passo, passo e poi taglio. Due passi del soggetto, e quando la gamba si alza per il terzo, tagliare. Questo, se si vuole che il pubblico non si accorga dello stacco. Se invece si vuole enfatizzare il cut, lo stacco andrà effettuato subito dopo la fine del terzo passo. Non a caso Walter Murch è noto per la sua precisione e la sua meticolosità.
IL CASO. La prima volta in cui Walter Murch effettua gli stacchi, lo fa senza volume, e questo gli permette di focalizzare la massima attenzione sulle immagini. Se si è fortunati, il 70% sarà azzeccato, il 10% sarà sbagliato per via dei dialoghi tagliati a tronco, e il rimanente 20% sarà il puro caso. E, come è noto, dal caso a volte nascono cose assolutamente geniali.
Alessandro Poggiani
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