30 anni senza Natalia Ginzburg

Natalia Ginzburg negli anni Sessanta Natalia Ginzburg negli anni Sessanta foto Carlo Riccardi
Trent’anni fa moriva Natalia Ginzburg, autrice di "Sagittario", "Le voci della sera" e Premio Strega 1963 con “Lessico famigliare”.

Nata a Palermo nel luglio 1916, Natalia Ginzburg (nata Levi) era figlia di Lidia Tanzi, milanese di religione cattolica, e di Giuseppe Levi, noto scienziato triestino di origine ebraica, professore universitario antifascista che verrà arrestato e processato (insieme ai tre fratelli di lei) con l’accusa di antifascismo.

Natalia Levi trascorre l'infanzia e la giovinezza a Torino, dove frequenta il ginnasio presso il Liceo “Vittorio Alfieri” e molto presto di dedica alla scrittura. Nel ’33, a diciassette anni, esordisce con I bambini, il suo primo racconto, pubblicato dalla rivista «Solaria».

Nel ’38 sposa Leone Ginzburg, con il cognome del quale, negli anni successivi, firmerà tutte le sue opere. Dalla loro unione nasceranno due figli (Carlo - 1939 -, che diventerà un noto storico e saggista, e Andrea - 1940) e una figlia (Alessandra - 1943). In quegli anni stringe solidi rapporti con alcuni fra i maggiori rappresentanti dell’antifascismo torinese e in particolar modo con gli intellettuali della casa editrice Einaudi: lo stesso Giulio Einaudi, il filosofo Norberto Bobbio, ed altri, fra i quali Leone Ginzburg, professore universitario di Letteratura russa, che era collaboratore Einaudi dal ’33, anno di fondazione della casa editrice.

Nel ’40 segue il marito a Pizzoli in Abruzzo, dove era stato inviato al confino per motivi politici e razziali, e vi rimarrà fino al ’43. Nel frattempo nel ’42, con lo pseudonimo di “Alessandra Tornimparte”, scrive e pubblica La strada che va in città, il suo primo romanzo, che verrà ristampato nel 1945 (stavolta con il vero nome dell'autrice)

In seguito alla morte di Leone Ginzburg, torturato ed ucciso dai tedeschi nel febbraio del ’44 nel carcere romano di Regina Coeli, comincia a lavorare presso la sede romana della casa editrice Einaudi. Nell'autunno del ’45 torna a Torino e, due anni dopo, pubblica È stato così (1947), il suo secondo romanzo, che vince il premio letterario “Tempo”.

Nel ’50 sposa l'anglista Gabriele Baldini, professore di Letteratura inglese e direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra. Comincia un periodo molto ricco e la sua produzione letteraria si rivelerà orientata soprattutto sui temi della memoria e dell’indagine psicologica. Pubblica Tutti i nostri ieri (1952) e Valentino (1957), volume di racconti lunghi che vince il Premio Viareggio, ed il romanzo Sagittario (1957)

Nel ’61 pubblica Le voci della sera che, insieme al già citato La strada che va in città, nel ‘64 verrà raccolto nel volume Cinque romanzi brevi. L'anno seguente esce la raccolta di saggi Le piccole virtù, e nel '63 vince il Premio Strega con Lessico famigliare, memoir che verrà accolto da un ottimo consenso sia di pubblico sia di critica.

Negli anni Settanta, in narrativa, seguiranno i volumi Mai devi domandarmi (1970) e Vita immaginaria (1974). In quel periodo, insieme ad altri intellettuali di altissimo livello (su tutti Pier Paolo Pasolini), è anche assidua collaboratrice del «Corriere della Sera», che pubblica numerosi suoi elzeviri su argomenti di critica letteraria, arte, teatro e cinema. Fra questi, impossibile non ricordare la sua lettura critica - con uno sguardo al femminile – del film Sussurri e grida (1973) di Ingmar Bergman, lettura che otterrà un forte riscontro nel panorama culturale nazionale, diventando un riferimento per la critica sul grande regista svedese.

Nella produzione di quegli anni (nonché in quella degli anni successivi) la scrittrice, la quale nel frattempo lavora anche come traduttrice (La strada di Swann di Proust), ripropone in modo più approfondito i temi del microcosmo familiare con il romanzo Caro Michele (1973) il racconto Famiglia (1977), il volume La famiglia Manzoni (1983), visto in prospettiva saggistica, il romanzo epistolare La città e la casa (1984)

È inoltre autrice di alcune commedie teatrali, fra cui ricordiamo Ti ho sposato per allegria (1965) e Paese di mare (1972)

Il ’69 rappresenta un momento di svolta nella vita della scrittrice. Muore Gabriele Baldini e, mentre in Italia, con la strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969), comincia il famigerato periodo della cosiddetta “strategia della tensione”, Natalia Ginzburg intensifica il suo impegno politico, dedicandosi sempre più attivamente alla vita politica e culturale del Paese, in sintonia con la maggior parte fra gli intellettuali italiani militanti, orientati su posizioni di sinistra.

Nel ’71, insieme a numerosi intellettuali, scrittori, artisti e registi, sottoscrive la “lettera aperta a «L’Espresso» sul caso Pinelli” - che ha per tema la morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli avvenuta il 15 dicembre 1969 -, documento in cui vengono denunciate le presunte responsabilità dei funzionari di polizia della questura di Milano. Nello stesso anno si unisce ai firmatari di un’autodenuncia di solidarietà nei confronti di alcuni giornalisti di Lotta Continua accusati di istigazione alla violenza.  

Nel 1983 viene eletta in Parlamento nelle liste del Partito Comunista. Qualche anno dopo scrive un articolo - apparso su «l’Unità» del 25 marzo 1988 e che diventerà molto noto - dal titolo Non togliete quel crocifisso: è il segno del dolore umano, in cui, da laica e non credente quale è, difende la presenza del simbolo religioso nelle scuole opponendosi alle contestazioni di quegli anni.

 

Alcune foto di Natalia Ginzburg sono ammirabili nella mostra Vita da Strega, cinquanta scatti realizzati dal grande fotografo Carlo Riccardi (classe 1926) negli anni compresi fra il 1957 ed il 1971 (in quindici differenti edizioni del Premio Strega) e curata dall’Archivio Fotografico Riccardi.

Nella mostra troviamo foto di autori ed autrici quali Elsa Morante (Premio Strega 1957 con L’isola di Arturo), Dino Buzzati (Quaranta racconti - 1958), Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Premio Strega - postumo - 1959 con Il Gattopardo, da cui, quattro anni dopo, verrà tratto il film omonimo diretto da Luchino Visconti ed interpretato da Burt Lancaster, Claudia Cardinale, Alain Delon, Paolo Stoppa, Serge Reggiani, Romolo Valli, Lina Morelli, Lucilla Morlacchi, Giuliano Gemma, un giovane Mario Girotti - non ancora Terence Hill - ed una giovanissima Ottavia Piccolo), Carlo Cassola (Premio Strega 1960 con La ragazza di Bube, da cui, tre anni dopo, verrà tratto il film omonimo di Luigi Comencini, con Claudia Cardinale e George Chakiris), Raffaele La Capria (Premio Strega 1961 con Ferito a morte - che batté per un solo punto il già citato Le voci della sera di N. Ginzburg, Delitto d’onore di Giovanni Arpino e Ballata levantina di Fausta Cialente), Mario Tobino (Il clandestino - 1962), Giovanni Arpino (L’ombra delle colline - 1964), Paolo Volponi (Premio Strega 1965 con La macchina mondiale), Michele Prisco (Una spirale di nebbia - 1966), Anna Maria Ortese (Poveri e semplici, 1967), Alberto Bevilacqua (L’occhio del gatto - 1968), Lalla Romano (Le parole tra noi leggere - 1969), Guido Piovene (Le stelle fredde - 1970), Raffaele Brignetti (La spiaggia d’oro - 1971).

Vita da Strega è anche un Libro, Gli anni d’oro del Premio Strega nel racconto fotografico di Carlo Riccardi (Ponte Sisto, 2016). Il volume, a cura di Maurizio Riccardi e Giovanni Currado, raccoglie una selezione di oltre novanta foto, una più vasta sintesi della raccolta presente nell’Archivio Riccardi.

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.