40 anni senza Marshall McLuhan

Marshall McLuhan (a destra) nel ruolo di se stesso in "Io e Annie" di Woody Allen Marshall McLuhan (a destra) nel ruolo di se stesso in "Io e Annie" di Woody Allen
Quarant’anni fa moriva a Toronto - in Canada - il grande sociologo, filosofo e critico letterario canadese, noto nel mondo per la sua innovativa interpretazione degli effetti prodotti dalla comunicazione sulla società e sul comportamento delle singole persone, ed autore di opere quali “La sposa meccanica”, “La Galassia Gutenberg” e “Gli strumenti del comunicare”.

Le sue riflessioni ruotano attorno all’ipotesi secondo cui il mezzo tecnologico che determina i caratteri strutturali della comunicazione, indipendentemente dai contenuti dell’informazione di volta in volta veicolata, produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo. Celeberrima la sua tesi secondo cui «il medium è il messaggio».

«Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti. Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un’azienda privata o dare in monopolio a una società l’atmosfera terrestre» (Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare)

Nato nel luglio 1911 a Edmonton - in Canada, nella regione dell'Alberta -, Herbert Marshall McLuhan studia dapprima ingegneria alla Università del Manitoba, poi lingua e letteratura inglese a Cambridge, dove è allievo di I. A. Richards e Frank Raymond Leavis e viene influenzato dalla corrente letteraria del New Criticism.

Nell’anno accademico 1936-37 insegna negli Stati Uniti, all’Università del Wisconsin.

Dal ’37 al ’44 insegna Inglese all’Università di St. Louis (nel Missouri). Qui, fra i suoi studenti, ha il giovane Walter J. Ong, il quale poi preparerà e discuterà la tesi (Ph.D.) su un argomento proposto da McLuhan, e che in seguito diventerà anch’egli un'autorità nel campo dei mezzi di comunicazione e delle relative tecnologie.

Nel 1939-40 passa all’Università di Cambridge, dove continua a lavorare alla sua tesi di dottorato su Thomas Nashe e le arti verbali.

Dal ’44 al ’46 insegna presso l'Assumption College di Windsor, in Canada.

Dal ’46 e per oltre trent’anni (fino al’79) è professore al St. Michael's College dell’Università di Toronto, avendo fra i suoi studenti personaggi come Hugh Kenner.

Nei sette anni trascorsi all’Università di Saint Louis McLuhan lavora a due progetti: la sua tesi di dottorato ed il manoscritto che verrà pubblicato in libro nel ’51 con il titolo La sposa meccanica (The Mechanical Bride: Folklore of the Industrial Man).

La tesi di dottorato a Cambridge (1943) di McLuhan è un saggio di grandissima erudizione, che studia la storia delle arti verbali (grammatica, logica e dialettica, a, ovverosia il “trivium”) dall'epoca di Cicerone fino al tempo di Thomas Nashe. Nelle sue pubblicazioni successive McLuhan a volte utilizzerà il concetto latino di “trivium” per indicare una rappresentazione ordinata e sistematica di alcuni periodi della Storia della cultura occidentale. Ad esempio McLuhan suggerisce che il Medioevo fosse caratterizzato dalla centralità dello studio della logica formale. La svolta chiave che portò al Rinascimento non fu la riscoperta di testi antichi, bensì la nuova enfasi che ricevettero lo studio della retorica e del linguaggio rispetto allo studio formale della logica.

 

In La Galassia Gutenberg (The Gutenberg Galaxy: The Making of Tipographic Man - 1962) McLuhan sottolinea per la prima volta l’importanza dei mass media nella storia umana. In particolar modo, discute dell’influenza della stampa a caratteri mobili sulla storia della cultura occidentale.

Nel libro illustra come con l’avvento della stampa a caratteri mobili (1455) si compia definitivamente il passaggio dalla cultura orale alla cultura alfabetica. Se nella cultura orale la parola è una forza viva, risonante, attiva e naturale, nella cultura alfabetica la parola diventa un significato mentale, connesso al passato. Con l’invenzione di Gutenberg queste caratteristiche della cultura alfabetica si accentuano e si amplificano: tutta l’esperienza si riduce ad un solo senso, ovverosia la vista. La transizione dalla prevalenza di un senso (l’udito della cultura orale) alla prevalenza di un altro (la vista della cultura scritta) ha profonde ripercussioni anche sul nostro modo di percepire il mondo. La comunicazione orale, poiché si veicola attraverso l’udito, ci pone in una relazione avvolgente, in quanto il suono si propaga in ogni direzione. La comunicazione orale ci inserisce in uno stato relazionale emotivamente più coinvolgente che amplifica il nostro senso di comunità. Al contrario, la comunicazione scritta, veicolata dalla vista, ci pone in una modalità di relazione più distanziante e meno emotiva. Comunicando attraverso il senso della vista, tendiamo pertanto ad esercitare maggiormente la nostra singolarità e razionalità.

La stampa è la tecnologia dell’individualismo, del nazionalismo, della quantificazione, della meccanizzazione, dell'omogeneizzazione. È la tecnologia che ha reso possibile l'era moderna.

Inoltre la diffusione della stampa e della comunicazione scritta modifica la relazione anche con altri mezzi di comunicazione apparentemente distanti da un testo. Interessanti, in questo senso, sono le ricerche che mostrano come la diffusione del libro eserciti un'influenza significativa anche nella modalità di approccio allo schermo cinematografico. Una volta “addestrati” ed abituati ad una direzione di lettura (ad esempio da sinistra a destra e dall'alto verso il basso nel canone occidentale) l'occhio tenderà a “leggere” e a recepire le informazioni che passano sullo schermo di un cinema o di un televisore secondo il meccanismo di lettura testuale.

Alla base del pensiero di McLuhan (e della cosiddetta Scuola di Toronto di cui, insieme al già citato Walter J. Ong, è il maggiore rappresentante) troviamo un accentuato determinismo tecnologico, ovverosia l’idea per cui in una società la struttura mentale delle persone e la cultura siano influenzate dal tipo di tecnologia di cui tale società dispone.

 

Gli strumenti del comunicare (Understanding Media: The Extensions of Man - 1964), uno fra i lavori più noti di McLuhan, rappresenta una ricerca innovativa nel campo dell'ecologia dei media. È qui che McLuhan afferma che è fondamentale studiare i media non tanto in base ai contenuti che veicolano, bensì in base ai criteri strutturali con cui organizzano la comunicazione. Tale pensiero è notoriamente riassunto con la celebre frase «Il medium è il messaggio».

Tuttavia, l’analisi condotta da McLuhan non si riduce ai soli mezzi di comunicazione di massa (i cosiddetti mass media). La sua riflessione abbraccia qualunque tipo di media. Secondo McLuhan “medium” è tutto ciò da cui si origina un cambiamento; secondo tale accezione, anche l’orologio può essere definito come media, in quanto ha trasformato il modo di percepire ed amministrare il tempo. A questo proposito è utile notare il fatto che il titolo originale del libro, come già detto, è Understanding Media (ovverosia Capire i media), mentre il titolo italiano, Gli strumenti del comunicare, può trarre leggermente in inganno.

L'espressione «il medium è il messaggio» rivela che ogni medium va studiato in base ai “criteri strutturali” in base ai quali organizza la comunicazione; è proprio la particolare struttura comunicativa di ogni medium che lo rende non neutrale, in quanto essa suscita negli utenti-spettatori determinati comportamenti e modi di pensare e porta alla formazione di una certa forma mentis. Esistono poi alcuni media che secondo McLuhan assolvono soprattutto la funzione di rassicurare e uno di questi è la televisione, che secondo lui non è un medium che dà luogo a novità nell’ambito sociale o dei comportamenti personali, bensì è un mezzo di conferma. La televisione non crea delle novità; è quindi un mezzo che conforta, conferma e «inchioda» gli spettatori/spettatrici in una stasi fisica (lo star seduti a guardarla) e mentale (in quanto, a differenza di altri ambiti comunicativi a due o più sensi, favorisce lo sviluppo di una forma mentis non interattiva).

 

Nel ’67 McLuhan e Quentin Fiore pubblicano un testo dal titolo Il medium è il massaggio (The Medium is the Massage). Secondo il figlio di McLuhan (l’episodio è riportato anche dal sito della fondazione McLuhan) il termine “massaggio” invece di “messaggio” sarebbe stato frutto di un errore tipografico. Quando McLuhan lo vide avrebbe esclamato: «Lascialo. È grandioso e mira al target!» Si veniva così a creare un involontario gioco di parole - in perfetto stile McLuhan - e l'ultima parola del titolo poteva esser interpretata in quattro modi differenti: massaggio ed era delle masse (“Massage” e “Mass Age”); messaggio ed era del caos (“Message” e “Mess Age”).

La classificazione di McLuhan di “media caldi” e “media freddi” ha dato luogo ad equivoci e discussioni, dovute al fatto che gli aggettivi “caldo” e “freddo” sono stati utilizzati in senso opposto in confronto al loro reale significato.

McLuhan classifica come “freddi” i media che hanno una “bassa definizione” e che pertanto richiedono una “alta partecipazione” dell'utente, in modo tale che egli/ella abbia la possibilità di “completare” le informazioni non trasmesse; i media “caldi” sono invece quelli contraddistinti da un’alta definizione e da una scarsa partecipazione.

 

«Il villaggio globale» (1968) è un metaforico ossimoro utilizzato da McLuhan per indicare come, con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, attraverso l’avvento del satellite che ha permesso comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo sia diventato piccolo e abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio. Qualche anno avanti, nel già citato Gli strumenti del comunicare, McLuhan aveva scritto scrive: «Oggi, dopo più di un secolo di tecnologia elettrica, abbiamo esteso il nostro sistema nervoso centrale fino a farlo diventare un abbraccio globale, abolendo limiti di spazio e tempo per quanto concerne il nostro pianeta». Il concetto che è alla base di tale affermazione è la credenza dello studioso nel fatto che la tecnologia elettronica si sia trasformata in un’estensione dei nostri sensi, in particolar modo della vista e dell’udito. Le nuove forme di comunicazione - soprattutto la radio e televisione - hanno trasformato il globo in uno spazio fisicamente molto più contratto di quanto non fosse in epoche precedenti, uno spazio in cui il movimento di informazione da una parte all’altra del mondo è istantanea. La formazione di una comunità globale vasta ma anche molto integrata nelle sue differenti parti incoraggia lo sviluppo di nuove forme di coinvolgimento internazionale e di relativa responsabilità.

A tal proposito, l’espressione “villaggio globale” è intesa in due accezioni differenti:

Sotto un profilo più letterale, si riferisce alla nozione di un piccolo spazio in cui le persone hanno la possibilità di comunicare rapidamente fra loro ed in tal modo l’informazione diventa molto più diffusa e immediata. Infatti, attraverso i nostri “sensi estesi”, ognuno di noi fa esperienza in tempo reale di eventi che possono avvenire fisicamente sull’altra faccia del pianeta; da una prospettiva più vasta, si intende una “comunità globale”, in cui tutti sono interconnessi all’interno di uno spazio armonioso ed omogeneo.

 

Nel ’74 McLuhan viene citato nell’album dei Genesis The Lamb Lies Down on Broadway (1974): «Marshall McLuhan, casual viewing, head buried in the sand».

Tre anni dopo Marshall McLuhan appare nel ruolo di se stesso di una nota scena - divenuta cult - di Io e Annie (1977) di Woody Allen. Il regista, con l’obiettivo di metter in evidenza la totale inadeguatezza di molti pseudo-intellettuali e nello stesso tempo mettere in risalto un aspetto della personalità di McLuhan, fa apparire lo studioso canadese in modo del tutto inaspettato e, in risposta agli sproloqui di un giovane professore della Columbia University, gli fa dire la frase «Lei non ha capito assolutamente nulla del mio lavoro, il solo fatto che lei possa insegnare una qualunque materia in una scuola è assolutamente sconvolgente». La scena si svolge nel corso dell’attesa in fila all’ingresso di un cinema, dove un saccente critico, proprio dietro ad un infastidito Woody Allen - in fila insieme a Diane Keaton, la quale per la sua performance in Io e Annie vincerà l’Oscar come Miglior Attrice Protagonista -  prova a far colpo su una ragazza con una conversazione intellettuale in cui cita Samuel Beckett, Federico Fellini ed infine lo stesso M. McLuhan.

All’inizio degli anni Ottanta, dopo la sua scomparsa, McLuhan ha ispirato il personaggio del professor Brian O’ Blivion (interpretato da Jack Creley) in Videodrome (1983) di David Cronenberg (anch’egli canadese).

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.