40 secondi. Willy Monteiro Duarte: la luce del coraggio e il buio della violenza di Federica Angeli a Castelliri ed al Festival Ombre di Viterbo

Nel suo ultimo libro l’autrice porta il lettore/lettrice dentro uno fra i casi di cronaca più violenti degli ultimi anni. Willy Monteiro Duarte un ragazzo di ventuno anni fu brutalmente ucciso nel settembre 2020 perché tentò di difendere un amico in difficoltà. Perché almeno attraverso il ricordo e la scrittura non si aggiunga l’affronto dell’oblio alla ingiustizia più efferata e terribile.
«Nel retrobottega della memoria collettiva, spesso, gli scatoloni dei ricordi formano una torre alta dove tutto sembra ordinato, dall'esterno. In 40 secondi ho cercato - con una narrazione che alterna gli atti giudiziari al mio lavoro sul campo come cronista nei luoghi in cui si è consumata la tragedia - di mettere davvero in fila quanto accaduto. A cominciare proprio, nella prima parte, da quanto i protagonisti hanno fatto il giorno in cui tutto era ancora normalità. Guardare alprima è sempre complicato: si sa tutto dell'accaduto e del dopo, mai uno sguardo profondo a ciò che ha preceduto. Mi sono avvalsa in questo caso non di carte, ma di testimoni che hanno preferito non essere citati nel libro e che hanno provato a mettere a fuoco quanto avevano sepolto perché poco importante, irrilevante per loro. Qui ho scelto il verosimile al vero, senza la pretesa di arrivare con puntuale precisione alla verità su quanto nelle ore che hanno preceduto l'orrore fosse accaduto nella vita di ventenni. Mi sono fidata di un racconto a cui nessuno aveva dato peso. Andando avanti con la narrazione la vaghezza ha invece lasciato il campo al rispetto di una verità processuale, quasi ossessiva. Accompagnarvi in questa storia non è stato facile, ho scelto di non mantenere le distanze che un cronista deve necessariamente tenere quando scrive un articolo; in fondo qui sono una scrittrice, anche se pur sempre afflitta dalla deformazione professionale. Mi preme solo che il lettore tenga presente che la storiografia di una morte inutile che qui si narra è un cocktail fra la realtà da me filtrata e quella emersa dalle carte dell'inchiesta. Vorrei poter scrivere: ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale. Ma così, purtroppo non è» (Federica Angeli)
«Orwell diceva che in tempi di menzogna dire la verità è un atto rivoluzionario. Churchill che una bugia fa in tempo a compiere mezzo giro del mondo prima che la verità riesca a indossare i pantaloni. "Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare", sosteneva Eraclito.
La verità è che, malgrado le buone intenzioni di scrittori, romanzieri e filosofi, a nessuno piace la verità [...]. Sin da quando siamo piccoli la parola verità si muove nella nostra mente come un feto che galleggia nel liquido amniotico. "Di' la verità!", grida il genitore al figlio quando vede correre sul suo volto la bugia. Quell'indice puntato ci fa temere questa parola, la rende minacciosa, iniziamo a detestarla perché mentire e ascoltare bugie è molto più facile. La bugia è spesso conforto. [...]. La verità è per i temerari, per chi odia l'ipocrisia e per chi è in grado di sostenerla. Per chi si nutre di illusioni, per chi trova il proprio equilibrio in strati di false verità, quelle vere sono veleno. La verità vera. Accostare il sostantivo all'aggettivo per rafforzarlo suona di per sé ridicolo. Ma se si pensa che esiste una quantità pressoché infinita di verità allora il rafforzativo diventa un imperativo. per distinguerlo dalle altre. Provate a pensare a quante sono le verità. C'è quella giudiziaria e quella processuale, quella giurata e quella gridata, quella millantata e quella nascosta, la verità buona e quella cattiva. C'è quella filosofica, quella religiosa e quella matematica, algebrica, chimica e fisica. la verità politica e quella amministrativa. la tua verità contro la mia, ma anche la mia contro la tua, o la nostra contro la vostra. C'è una verità che è più verità delle altre. Con la verità si possono fare milioni di azioni, in forma attiva e passiva: la verità infatti si può provare, nascondere, ostentare, ricercare, seppellire, rincorrere, amare, subire, odiare, spiattellare, cantare, raccontare, scrivere, appallottolare, implorare e tacere. E ancora: gridare, dire sottovoce, sussurrare, far arrivare all'orecchio di, dire e non dire, può essere esplicita o implicita, morale o immorale. La verità può aprire gli occhi e farli chiudere, trionfare, annientare, può far soffrire o dare gioia, obbligare a tirare fuori la testa da sotto la sabbia, costringere a nascondersi sotto la sabbia. [...] Per qualcuno la verità è l'ancora di salvezza a cui aggrapparsi per vivere in pace con la propria coscienza e qualcun altro invece la rifugge per tutta la vita proprio per non doversi mai trovare a quattr'occhi con la propria coscienza. Già, perché la verità implica la capacità di sapersi e volersi mettere in discussione, di accettare l'evidenza, anche se fa male, di grattare la corazza di fili d'erba delle proprie certezze ed essere in grado di ricominciare da capo. Non tutti lo sanno fare, davvero. Chiedete a un qualsiasi psicologo, sociologo o studioso dell'essere umano nelle sue diverse sfaccettature. E' difficile farlo. Le persone che dicono la verità sono destinate alla solitudine. La verità non ha amici.
Deve essere per questo che è stato inventato il "verosimile". Si tratta di quella via di mezzo che consente di raccontare a se stessi e agli altri una versione che ha del vero ma su cui si aggiungono dettagli, si smussano asperità come se si trattasse di una pietra grezza da trasformare in diamante. Si cuciono su un canovaccio particolari e coincidenze per far quadrare il cerchio così da poter tirare un sospiro di sollievo. "Lo dicevo io che non era proprio così la verità". Pace per tutti. Se la verità così condita e abbellita ci piace e ci soddisfa allora al diavolo quella "vera"; alla versione originale si preferisce quella che ci consente di esaminare fatti e conseguenze della storia verosimile come un puzzle i cui pezzi si incastreranno perfettamente. Anche se il disegno che ne uscirà sarà diverso dall'originale poco conta; l'importante è che sia simile al vero. Verosimile, appunto. E dal verosimile al vero il passo è breve: un plié preceduto (o seguito) da una piroetta, et voilà! [...]. Così recita il vocabolario: "verosimile: conforme al vero, fino al punto da garantire la possibilità o la credibilità di un fatto non documentato, non atteso". Sembra vero e dunque è credibile, anche se non corrisponde alla verità. Il verosimile, diciamocelo, fa meno male. È meno onesto, o meglio ancora, diversamente onesto. mentre la verità può uccidere o guarire, il verosimile è come un balsamo rinfrescante ed emolliente spalmato sulla pelle dopo un'ustione. Perché al verosimile si possono fare assumere tutte le forme che vogliamo, lo si può plasmare, allungare, accorciare, abbellire a proprio piacimento. Ecco perché ci saranno sempre due verità e la gran parte delle persone rinnega l'esistenza della Verità Assoluta. Del resto, Friedrich Schiller ne fece il suo cavallo di battaglia: la verità è sempre relativa all'uomo, valida perché utile a lui. Ma del relativismo oggi come oggi se n'è fatto una necessità, un modo per infilarsi in una versione dei fatti che si confaccia al nostro ruolo nel mondo e che viaggerà sempre su un binario parallelo rispetto alla coscienza: verosimile e coscienza non si incontreranno mai e se per caso ciò dovesse accadere si ignorerebbero garbatamente l'un l'altro. Un inchino e ognuno per la sua strada.
La verosimiglianza, volgarmente detta mezza verità, è la più subdola e pericolosa di tutte. la storia che andremo a raccontare nasce da una mezza verità che si trasforma via via in verità. Perché è così che oggi si distruggono le persone. Soprattutto quelle che continuano a cercare e a gridare la verità senza fare sconti né lasciarsi intimorire di fronte a potenti e arroganti. Ecco a voi quindi la storia verosimile di quanto è accaduto a un personaggio colpevole di cercare la verità vera, il cui sogno viene spezzato in una notte senza pace in cui insospettabili "onesti", ma con l'ambizione alla verosimiglianza, misero a punto un piano. Ho deciso di raccontarla perché, come scrive Oriana Fallaci, "ci sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare è un obbligo". Quella che leggerete è la verità che racconto io, e sono certa che gli altri protagonisti di questa storia avranno la loro verità. Sta a voi scegliere a chi o cosa credere. Se accontentarvi della mia oppure andare avanti, appena chiuderete questo libro, a scavare. Tutto dipende da quanto siete pronti ad accettare la Verità e quanto il Verosimile. [...]» (Federica Angeli, Prefazione a F. Angeli, 40 secondi. Willy Monteiro Duarte: la luce del coraggio e il buio della violenza, Baldini + Castoldi, Milano 2023)
«Almeno ti racconteremo che se semo divertiti da pischelli» (Noys Narcos)
Se ne stanno andando quasi tutti, la mezzanotte ormai è passata, ed è mentre un gruppo di giovani sta ritornando alla macchina che un apprezzamento di troppo verso una ragazza innesca la miccia. Sono in tanti a muoversi sulla scena, c’è una scala che porta al largo della movida di Colleferro, tutto parte da lì, ma finisce più giù, vicino a un chiosco chiuso. Willy Monteiro Duarte, diretto alla sua auto, vede un amico coinvolto nel battibecco e si avvicina per chiedere se è tutto a posto. Arriva improvvisamente a tutta velocità un Suv, da cui scendono altri giovani, e il litigio ormai risolto si trasforma in un pestaggio di una violenza inaudita. Meno di un minuto e Willy resta a terra, colpito a morte. Quella manciata di secondi è stata scandagliata da tutti i punti di vista: quello dei protagonisti, dei testimoni, dei periti. Il processo di primo grado ha stabilito che si è trattato di omicidio volontario. In queste pagine, lucide e al tempo stesso emozionanti, Federica Angeli ricostruisce la vicenda, ne spiega le dinamiche, ma soprattutto ci racconta la storia di un ragazzo di ventun anni brutalmente ucciso per aver fatto la cosa giusta: difendere un amico. A due anni esatti dall’accaduto, Federica Angeli ci porta dentro uno dei casi di cronaca più violenti degli ultimi tempi. Un viaggio attraverso la banalità del male della provincia italiana, un’indagine sulla natura umana, sulla responsabilità e la colpa, sulla volontà di sopraffazione e la generosità più istintiva e pura. Perché almeno attraverso il ricordo e la scrittura non si aggiunga l’affronto dell’oblio alla ingiustizia più efferata e terribile.
Federica Angeli (Roma, 1975), cronista di nera e giudiziaria, scrive dal 1998 per «la Repubblica», dove è redattrice dal 2005. Dal luglio 2013 vive sotto scorta a causa delle minacce mafiose ricevute mentre svolgeva un'inchiesta sulla criminalità organizzata ad Ostia. Fra i premi vinti ricordiamo il Premio Passetti - Cronista dell'Anno (2012 e 2013), il Premio Donna dell'Anno (2015), assegnato dal sindaco di Roma, il Premio Articolo 21 (2015), Premio Francese (2015), Premio "Piersanti Mattarella" (2016), Premio "Arrigo Benedetti" (2017), il Premio "Falcone e Borsellino" (2016) e il Premio Nazionale Borsellino (2017). Per il suo impegno nella lotta alle mafie il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 2016 l'ha nominata Ufficiale della Repubblica Italiana al Merito.
Ha pubblicato con Emilio Radice Cocaparty (Bompiani, 2008) e Rose al veleno. Stalking. Storie di amori e di odio (Bompiani, 2009); è coautrice di Io non taccio (2015) e autrice di Il mondo di sotto. Cronache della Roma criminale (Castelvecchi, 2016). Con Baldini + Castoldi ha pubblicato A mano disarmata. Cronaca di millesettecento giorni sotto scorta (2018), Il gioco di Lollo (2019) e Roma: 2000 anni di corruzione. Dall'Impero romano a Mafia Capitale (2020).
40 secondi. Willy Monteiro Duarte: la luce del coraggio e il buio della violenza di Federica Angeli, pubblicato da Baldini + Castoldi (Milano) nella collana “Le boe” e disponibile in libreria e online da agosto 2022, verrà presentato a Castelliri (FR) ed al Festival “Ombre” di Viterbo rispettivamente giovedì 20 e sabato 22 luglio 2023.
Alessandro Poggiani
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