Buona la prima. Il cinema di Carlo Ludovico Bragaglia a cura di Orio Caldiron e Matilde Hochkofler presentato alla Casa del Cinema

Orio Caldiron con Ruggero Deodato Orio Caldiron con Ruggero Deodato
Si è svolta lunedì 31 ottobre 2022 presso la Casa del Cinema - largo Marcello Mastroianni, 1 - a Villa Borghese la presentazione del libro “Buona la prima. Il cinema di Carlo Ludovico Bragaglia” (Centro Sperimentale di Cinematografia/Edizioni Sabinae), a cura di Orio Caldiron e Matilde Hochkofler.

Con O. Caldiron sono intervenuti Ruggero Deodato (regista e sceneggiatore), Alberto Anile (giornalista, saggista e critico cinematografico), Simone Casavecchia (storico e critico cinematografico) e Antonello Buffardi, nipote di Totò.

Nonostante una carriera eccezionale, oggi (e già da molti anni fa) in pochi ricordano Carlo Ludovico Bragaglia (1894-1998), il più versatile “artigiano” del cinema italiano di ieri. Coinvolto fin dall’inizio nella trascinante esperienza futurista, con il fratello Anton Giulio (1890-1960) diede vita al Teatro Sperimentale degli Indipendenti ed alla Casa d’Arte Bragaglia. Il suo esordio nel cinema avvenne nel 1932 con O la borsa o la vita, con Sergio e Rosetta Tofano, uno fra i film più originale del primo sonoro, in cui si avvertono gli echi delle avanguardie. Nei suoi oltre sessanta film - in cui affrontò tutti i generi, commedia e comico, film-canzone e avventuroso, melodramma e peplum - fece da “burattinaio” ad una strepitosa serie di intramontabili: Vittorio De Sica, Anna Magnani, Totò, i De Filippo, Ruggero Ruggeri, Armando Falconi, Alberto Rabagliati, Gino Bechi, Massimo Girotti, Ugo Tognazzi, Silvana Pampanini, Giovanna Ralli, Aldo Fabrizi, Domenico Modugno.

Nella prima monografia completa, la vita e le opere di “Carletto” Bragaglia rivivono nell’analisi dei singoli film, in una preziosa antologia di sue dichiarazioni e nei ricordi di molti testimoni. Alla fine del volume La fossa degli angeli (1937), il suo grande film perduto ambientato nelle cave delle Alpi Apuane, con Amedeo Nazzari e Luisa Ferida, e ricostruito come un sorprendente cineromanzo grazie ad una sessantina di rarissime fotografie.

Carlo Ludovico Bragaglia (Frosinone, 8 luglio 1894 - Roma, 3 gennaio 1998), figlio di Francesco Bragaglia, direttore generale della Cines, e fratello minore del regista Anton Giulio (1890-1960) e del caratterista Arturo (1893-1962), si forma a teatro, per poi lavorare come fotografo di scena, montatore, sceneggiatore e documentarista. Combatte la Prima guerra mondiale, dove nel 1916 viene seriamente ferito a causa di una granata che colpisce il cannone vicino a cui si trova. Inizialmente dato per morto, viene poi operato. Gli viene tolta la milza, un pezzo di fegato, un rene ed un polmone e gli pronosticano non più di sei o sette mesi di vita. Vivrà, invece, altri o ottantuno anni, smentendo clamorosamente quelle previsioni. All’età di quasi quarant’anni dirige il suo primo film, ovverosia O la borsa o la vita (1932), opera piuttosto anomala per via degli innesti di nonsense vicini al surrealismo, e che narra di un agente di borsa che prova in ogni modo a farsi uccidere in un incidente per ottenere il premio dell’assicurazione e risarcire un amico che crede di aver rovinato. C. L. Bragaglia mostra fin da subito la mano leggera - ma nello stesso tempo precisa - del narratore popolare, piuttosto incline ai toni brillanti - e a volte anche comici - che tuttavia evita di far scadere nella farsa autoreferenziale e fine a se stessa. Nel corso della sua trentennale carriera da regista dirigerà sessantaquattro film, lavorando anche con Totò (1898-1967), all'ascesa del quale contribuisce con Animali pazzi (1939), secondo film del grande comico napoletano dopo Fermo con le mani! (1937) di Gero Zambuto. Si dedica alle commedie dei cosiddetti “telefoni bianchi” con Pazza di gioia (1940) e affronta la versione cinematografica di Non ti pago! (1942), dirigendo i tre fratelli De Filippo, fra i quali il grande Eduardo (1900-1984), autore dell’omonima pièce teatrale da cui il film è tratto.

Seguono altri due capisaldi della filmografia del Principe de Curtis, ovverosia Totò le Mokò (1949), parodia del francese Pepè le Mokò (Il bandito della Casbah, 1937) di Julien Duvivier interpretato da Jean Gabin, e 47 morto che parla (1950), in cui l’attore, nel ruolo di un avarissimo barone disposto a scendere all’inferno pur di non tirar fuori una lira, incontra Silvana Pampanini.

Fra gli altri film ricordiamo Non son gelosa (1933), Un cattivo soggetto (1933), Quella vecchia canaglia (1934), Frutto acerbo (1934),  La fossa degli angeli (1937), film andato perduto, Un mare di guai (1939), Alessandro, sei grande! (1940), Una famiglia impossibile (1941), film perduto, La forza bruta (1941), Il prigioniero di Santa Cruz (1941), Barbablù (1941), Due cuori sotto sequestro (1941), La scuola dei timidi (1941), film perduto, Se io fossi onesto (1942), Violette nei capelli (1942), La guardia del corpo (1942), Casanova farebbe così! (1942), Fuga a due voci (1943), La vita è bella (1943), con Anna Magnani pre Roma città aperta di Roberto Rossellini, Non sono superstizioso... ma! (1943), Il fidanzato di mia moglie (1943), Tutta la vita in ventiquattr’ore (1943), Torna a Sorrento (1945), Lo sbaglio di essere vivo (1945), La primula bianca (1946), Albergo Luna, camera 34 (1946), Pronto, chi parla? (1946), L’altra (1947), Il falco rosso (1949), Totò cerca moglie (1950), Le sei mogli di Barbablù (1950), Figaro qua, Figaro là (1950), Una bruna indiavolata (1951), Il segreto delle tre punte (1952), Don Lorenzo (1952), A fil di spada (1952), Orient Express (1954), La cortigiana di Babilonia (1954), Il falco d’oro (1955), Lazzarella (1957), con Domenico Modugno pre Volare (Sanremo 1958), La Gerusalemme liberata (1957),  La spada e la croce (1958), Io, mammeta e tu (1958), Tuppe, tuppe Marescia’! (1958, conosciuto anche con il titolo È permesso Maresciallo?), Caporale di giornata (1958), Le cameriere (1959), Annibale (1959), diretto insieme a Edgar G. Ulmer, Gli amori di Ercole (1960), Le vergini di Roma (1961), diretto insieme a Vittorio Cottafavi, Pastasciutta nel deserto (1961), Ursus nella valle dei leoni (1961), I 4 monaci (1962), I quattro moschettieri (1963). Nella seconda metà degli anni Cinquanta dirige anche alcune commedie televisive negli studi Rai di Roma, fra cui La foresta pietrificata (1957). Il suo ultimo lavoro, nel 1964, fu un documentario sull’isola di Capri, da lui molto amata.

Regista molto prolifico C. L. Bragaglia portò nel cinema italiano l’amore per il nonsense ed il surreale, e moduli di lavoro di tipo efficientista che, già piuttosto diffusi in altri Paesi, erano all’epoca sconosciuti in Italia, dove il cinema aveva ancora connotazioni artigianali. Nel 1994, in occasione del suo centesimo compleanno, presenziò alla retrospettiva che gli fu dedicata al Festival del Cinema di Locarno.

 

Buona la prima. Il cinema di Carlo Ludovico Bragaglia, a cura di Orio Caldiron e Matilde Hochkofler, pubblicato da Centro Sperimentale di Cinematografia (Roma) con Edizioni Sabinae (Roma) nella collana “Grande Cinema”, è disponibile in libreria e online da ottobre 2022

Classe 1986, storico del cinema e giornalista pubblicista, appassionato di courtroom dramas, noir, gialli e western da oltre quindici anni, ha lavorato come battitore e segretario di produzione per un documentario su Pier Paolo Pasolini. Dopo un master in Editoria e Giornalismo, ha collaborato con il Saggiatore e con la Dino Audino Editore. Attualmente lavora come redattore freelance, promotore di eventi culturali e collaboratore alle vendite in occasione di presentazioni, incontri, dibattiti e fiere librarie.