Cristina Comencini presenta il suo libro L’altra donna al CineVillage Parco Talenti

«Se un’altra donna ti dice qualcosa sull’uomo che ami, deve farsi attraversare dallo stesso dolore che provi tu, non può restarne fuori o argomentare con distacco. Da un uomo è accettabile, da una donna no, perché è un’altra te stessa» (Cristina Comencini, L’altra donna, Einaudi, Torino 2021)
Non è detto che quando gli amori si complicano ci sia sempre qualcuno destinato a perdere. E non è neppure vero che, se due donne hanno in comune lo stesso uomo, debbano per forza esser rivali. Un gioco di specchi che racconta di guerre silenziose, di feroci confronti generazionali e di improvvisi gesti di dolcezza. Perché anche nel peggiore fra i sabotaggi, in fondo, si può nascondere la chiave per salvarsi.
Elena è giovane, Pietro è molto più vecchio di lei. Ma si sono scelti, e dalla loro relazione hanno deciso di tener fuori le ferite della loro vita precedente: fanno l’amore con il gusto di chi scopre tutto per la prima volta, bevono caipirinha quando lui torna tardi, si concentrano sull’ebbrezza del quotidiano. Quando Maria, l’ex moglie di Pietro, riesce a conoscere Elena con un inganno, la vita si complica per tutti. Le due donne si raccontano, si confidano e confrontano, e poco per volta la figura di Pietro si trasforma per entrambe.
La scrittura affilata e rivelatrice di Cristina Comencini torna ad illuminare i vortici e le secche delle relazioni, scegliendo la prospettiva di due donne rivali che in comune sembrano aver soltanto lo stesso uomo. Una turbinosa e vitale riflessione sulla complicità e sulla rivalità femminile. E su quella stanza tutta per sé a cui anche gli uomini, con tale romanzo, hanno la possibilità di avere accesso. «La moglie aveva scoperto che viaggiava per lavoro con un’altra, che dormivano nella stessa stanza. L’aveva cacciato di casa e lui era andato a vivere con l’altra donna, la compagna di viaggio, e poi si erano lasciati. Ricordo benissimo che mentre me lo raccontava avevo pensato: ora l’altra sono io».
Cristina Comencini (Roma, 1956) figlia del grande Luigi Comencini (1916-2007, regista di film quali Proibito rubare - 1948 -, Persiane chiuse - 1951 -, La valigia dei sogni - 1953 -, Tutti a casa - 1960 -, A cavallo della tigre - 1961 -, Il commissario - 1962 -, La ragazza di Bube - 1963 -, tratto dal libro omonimo di Carlo Cassola, Premio Strega 1960 -, Il compagno Don Camillo - 1965 -, Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova, veneziano - 1969 -, Lo scopone scientifico - 1972 -, La donna della domenica - 1975 -, Il gatto - 1977 -, Un ragazzo di Calabria - 1987), collabora a lungo con il padre come sceneggiatrice. Fra i suoi libri, pubblicati con Feltrinelli: Le pagine strappate (1991; 2006), Passione di famiglia (1994), Il cappotto del turco (1997), Matrioska (2002), La bestia nel cuore (2004), da cui è stato tratto il film omonimo del 2005, candidato all’Oscar, Due partite (2006), da cui è stato tratto il film omonimo del 2009, diretto da Enzo Monteleone, Quando la notte (2009; 2011 anche in audiolibro), La nave più bella (2012), per la collana digitale “Zoom”, Lucy (2013), Voi non la conoscete (2014). Nel 2016, per Einaudi, pubblica Essere vivi e, due anni dopo, Da soli (2018).
Fra i suoi film Zoo (1988), I divertimenti della vita privata (1990), La fine è nota (1992), Va’ dove ti porta il cuore (1996), tratto dal libro omonimo di Susanna Tamaro, Matrimoni (1998), Liberate i pesci (2000), Il più bel giorno della mia vita (2002), Bianco e nero (2008), Quando la notte (2011), Qualcosa di nuovo (2016), Tornare (2019).
La stessa C. Comencini, nel suo sito ufficiale, scrive. «Ho trascorso la mia infanzia a Roma in una famiglia di donne: mia madre e le mie tre sorelle. Mio padre, Luigi Comencini, ha raggiunto il successo nel suo mestiere di regista quando io avevo circa dieci anni. Tutta la nostra vita di famiglia è stata influenzata dai suoi film, dai discorsi sul cinema, dalle interminabili riunioni di sceneggiatura che si svolgevano nella nostra casa. La scrittura è entrata nella mia vita prima attraverso il cinema. Mio padre evitava di portarci sul set; non voleva in nessun modo che la nostra vita fosse diversa da qualsiasi altra. E ha sempre cercato di scoraggiarci, senza riuscirci, a intraprendere un mestiere vicino al suo. Credo lo facesse di proposito: ogni passione doveva essere scoraggiata per capire se era resistente alle difficoltà e dunque vera. Mio padre è lombardo, protestante valdese. Mia madre napoletana, cattolica. Forse per via del proposito di mio padre, forse casualmente, mi sono avvicinata alla scrittura attraversando molti mestieri, per vie tortuose. Ho frequentato una scuola francese e ho preso la doppia maturità, italiana e francese. Mi sono iscritta alla facoltà di Economia e Commercio. Erano gli anni della politica, e l’economia, credevamo, potesse aprirci gli occhi sul mondo. Davo esami di statistica, matematica, econometria, sforzandomi di pensare che non avevo sbagliato facoltà. Scrivevo racconti. Ho fatto tre figli. L’università mi ha permesso di trovare lavoro quasi subito: recensioni economiche, un ufficio di ricerche in cui sono rimasta per un anno. Non mi interessava più l’economia, volevo scrivere. Così un giorno ho lasciato l’ufficio di ricerche per scrivere una sceneggiatura per mio padre con Suso Cecchi d’Amico. Con lei ho iniziato a capire la scrittura del cinema, e lei mi ha incoraggiato ad andare avanti. Volevo un mestiere più vicino possibile alla scrittura, che mi lasciasse il tempo per i miei racconti, forse per un romanzo che non avevo ancora scritto. Poi, quando ho finito il secondo libro (il primo l'ho lasciato nel cassetto), un'altra grande donna mi ha aiutato: Natalia Ginzburg. Le avevo mandato il romanzo con uno pseudonimo, non volevo risalisse a nessuna storia personale. Mi telefonò due giorni dopo, l'aveva letto e amato, voleva incontrarmi. Non lo dimenticherò mai. Sono passata al cinema inseguendo la letteratura, e mi sono trovata due mestieri meravigliosi».
L’altra donna di Cristina Comencini, pubblicato da Einaudi (Torino) nella collana “SuperCoralli”, è disponibile in libreria e online da settembre 2021.
L’incontro con Cristina Comencini è stato seguito dalla proiezione del film Latin Lover (2015), diretto da C. Comencini (soggetto e sceneggiatura: C. Comencini; fotografia: Italo Petriccione; musiche: Andrea Farri, costumi: Alessandro Lai; montaggio: Francesca Calvelli; produzione: Lionello Cerri per Lumiere & Co e Rai Cinema; distribuzione: 01 Distribution) ed interpretato da Angelo Finocchiaro, Virna Lisi (al suo ultimo film prima della sua scomparsa, avvenuta nel dicembre 2014 - il film uscirà postumo nel marzo 2015 e verrà a lei dedicato), Valeria Bruni Tedeschi, Marisa Paredes, Candela Pena, Lluis Homar, Francesco Scianna, Pihla Viitala, Jordi Mollà, Claudio Gioè, Neri Marcorè, Toni Bertorelli, Nadéah Miranda e Cecilia Zingaro.
Il film è stato candidato a quattro David di Donatello - Miglior Attrice Protagonista (Virna Lisi), Migliori Costumi (Alessandro Lai), Miglior Trucco (Ermanno Spera), Migliori Acconciature (Alberta Giuliani) - ed a sei Nastri d’Argento - Migliore Commedia (Cristina Comencini), Miglior Attore Non Protagonista (Francesco Scianna), Miglior Attrice Non Protagonista (Valeria Bruni Tedeschi), Migliori Costumi (A. Lai), Miglior Montaggio (Francesca Calvelli), Miglior Casting Director (Laura Muccino).
La rassegna “Cineasti di Parole”, curata da Franco Montini, proseguirà mercoledì 21 luglio con Ambra Angiolini, che presenterà il suo libro InFame (Rizzoli, 2020) e mercoledì 4 agosto con Carlo Verdone, il quale presenterà il suo La carezza della memoria (Bompiani, 2021).
Alessandro Poggiani
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