Frantz e il Golem, il mito si risveglia

Nella pancia del ghetto, nella città vecchia di Praga, un ragazzino, Frantz, figlio del tagliatore di pietre preziose, si muove furtivamente nel buio della notte. La sua è una meta proibita, la soffitta della vecchia sinagoga. Lì si conserva ciò che resta del Golem, l’invincibile gigante di argilla protettore degli ebrei nel Medioevo. A tutti è vietato l’accesso, pena la follia o la morte, ma Frantz non resiste, ed entra. Tutto gli turbina intorno e si ritrova immerso nel passato a rivivere la storia del Golem. È stato il Maharal di Praga, il grande rabbino, a dargli la vita nel Medioevo per difendere gli ebrei da soprusi e stragi. Muto, ma enorme e possente, li protegge per anni. Poi impazzisce, e comincia a distruggere ogni cosa. È una bambina del tempo, Myriam, figlia di un robivecchi, a fermarlo, cancellando dalla parola ebraica che il Golem ha incisa in fronte la prima lettera, trasformandola così da Verità in Morte. Frantz, tornato in sé, fugge terrorizzato dalla soffitta e corre dalla sua di Myriam. Anche lei è scossa, ha fatto uno strano sogno. Proprio quello che Frantz ha appena vissuto nel suo viaggio nel tempo.
Molti autori hanno tratto ispirazione dai miti, dalle leggende, dalla topografia della città vltavina, come amava chiamarla Angelo Maria Ripellino. In Frantz e il Golem la suggestiva potenza del mito ebraico è rivissuta nel racconto di due bambini. Non è un libro per ragazzi come gli altri. I suoi livelli di lettura sono molteplici e le sue referenze raffinate. L’autrice Irène Cohen-Janca non lascia nessuna parola al caso, ricordandoci cosí l’importanza della scrittura, della sua forza – cosí potente nella Cabala - e che non deve mai essere sottovalutata. La capitale boema, protagonista e decoro della vicenda, viene fotografata anche nella sua conformazione sociale, dove artigiani di ogni genere avevano la loro bottega nel dedalo di stradine e case malandate: si ritrovano le figure maggiori della vita ebraica dell’epoca, dal rabbino al tagliatore di pietre preziose.
La leggenda del Golem viene narrata attraverso l’espediente del sogno di Frantz, che mette in immagini il racconto terrificante fatto dal rabbino. Un immaginario di cui tutti gli elementi sono conservati nella polverosa soffitta della vecchia sinagoga dove: “Nella stregata luce della luna, Frantz, gli occhi chiusi e i pugni stretti, attraversa frontiere proibite”. E supera le linee che separano realtà e sogno, Storia e leggenda, presente e passato, vita e morte.
Le illustrazioni di Maurizio A.C. Quarello immergono superbamente nell’atmosfera di mediovalità tenebrosa quando di notte i portoni sembrano spalancarsi come gole urlanti e chiedere a Frantz dove stia correndo. Gli spettri che vi abitano riprendono vita: dimensione onirica, realtà e mito si impastano insieme negli acquarelli delicati dell’artista. L’enorme mantello grigio, dentro cui dorme il ragazzo, diventa conchiglia, simbolo del grembo materno, di (ri)nascita e del pellegrinare nelle varie dimensioni spazio temporali.
La poesia unisce ogni elemento di questo racconto, che ci parla di una storia d’amicizia nata per affinità elettive e non per legami di classe sociale. Del desiderio dell’uomo di trasgredire i divieti e di conoscere. E se nel Medioevo si dava vita al Golem, oggi si programmano robot e si immaginano dei replicanti: tutti esseri animati dall’uomo ma che potrebbero diventare autonomi, e che ci rinviano come un bumerang la questione dell’identità di ogni individuo.
