Il grande sogno di Sam Shepard

«Stanno per puntarmi contro una pistola. Si avvicineranno al banco, tireranno fuori una grossa 357 magnum e me la cacceranno in bocca. Ho le dita gelide e mi viene da pensare alla mamma. Me la vedo seduta sul divano, a guardare la tv, fumare erba, mangiare popcorn e Ritz, piangendo calde lacrime sulle disgrazie degli ospiti della trasmissione. Non so cosa succederà, chi si prenderà cura di lei quando io non ci sarò più, chi le dirà che mi hanno fatto saltare il cervello giù alla stazione della Conoco. Non c’è nessuno. Sono rimasta solo io!» (Sam Shepard, Il grande sogno, il Saggiatore, Milano 2017)
Un lungo cavo telefonico percorre le sterminate routes della California da Coalinga Los Angeles. La voce di un uomo entra elettricamente in una cornetta e annuncia alla moglie che non tornerà a casa. Nel frattempo, attraverso il deserto dello Utah, sulle note di A Lover’s Question, una donna trasporta in un’urna le ceneri della madre. Nei grandi boschi del Nord , da diciotto anni avanti marito e moglie siedono sulle stesse sedie arancioni di fronte al molo. La superfice del lago riflette i ricordi di un’ormai irrecuperabile giovinezza prima che affondino.
Dall’Arizona all’Indiana, verso l’Illinois, e poi a Sud attraverso Santa Fe - nel New Mexico -, lungo le sponde uraniche del Colorado fino alla periferia di Twentynine Palms, Sam Shepard snoda la rotta di un viaggio di scoperta e mistificazione, una sorta di canto funebre per la sua America - o, meglio, per ciò che ne rimane - nella triste e spietata solitudine di cowboys ormai invecchiati. Brevi sprazzi di quotidianità , acuminati frammenti di irrealtà, logore istantanee americane che riscrivono il mito del “Sogno americano” trasferendolo al di là della frontiera, dove la visionarietà dell’ambizione rinsecchisce nella desolazione di un’allucinata “waste land” e la temerarietà dello spirito western si fonde con la silenziosa malinconia delle speranze svanite. È questo il “paradiso perduto” che Sam Shepard riporta alla luce attraverso diciotto brevi prose di dolore, a mezza strada fra narrazione e sceneggiatura, fra commedia e dramma, che intonano il requiem del sogno americano e, nello stesso tempo, il suo definitivo decadimento.
Nelle plumbee atmosfere de Il grande sogno, la “wilderness” delle terre primitive e violente che Sam Shepard aveva fotografato in Motel Chronicles (il Saggiatore, Milano 2016) sopravvive solo come struggente desiderio, e la “Terra promessa” dell’Ovest brucia nell’inconfondibile odore delle bestie macellate. È l’America degli ultimi anni, controversa definizione del ventunesimo secolo, l’America-carnaio in cui la conquista si trasforma in ansia di smarrimento, la violenza in un gesto appassito. L’America “vedova”, l’America “non luogo”, grottesca parodia di se stessa e de suoi leggendari “eroi”. Un’America che assomiglia più a Parigi o a Berlino, nell’isterismo di una geografia surreale, mentre un abbagliante sole al neon frantuma l’involucro della “grande illusione” per mostrarne il nudo nocciolo, ovvero quello di una terribile menzogna.
Sam Shepard (nato a Fort Sheridan - nell’Illinois - nel novembre 1943 e scomparso a Midway - nel Kentucky - nel luglio 2017) è stato un commediografo, scrittore, attore, sceneggiatore e regista. Nel 1979 ha vinto il premio Pulitzer per Il bambino sepolto.
Fra i film da lui interpretati ricordiamo I giorni del cielo (1978) di Terrence Mallick, in cui lavora con il giovane Richard Gere e con Brooke Adams e Robert J. Wilke, Frances (1982) di Graeme Clifford, Uomini veri (1983) di Philip Kaufman, Country (1984) di Richard Pearce, Crimini del cuore (1986) di Bruce Beresford, la commedia Baby Boom (1987) di Charles Shyer, in cui recita con Diane Keaton, Fiori d’acciaio (1989) di Herbert Ross, Passioni violente (1991) di Volker Schlodorff, Cuore di tuono (1992) di Michael Apted, Il rapporto Pelican (1993), tratto dall’omonimo libro di John Grisham ed in cui lavora con Julia Roberts e Denzel Washington, La neve cade sui cedri (1998) di Scott Hicks, Passione ribelle (2000) di Billy Bob Thornton, La promessa (2001) di Sean Penn, con Jack Nicholson, Black Hawk Down (2001) di Ridley Scott, Le pagine della nostra vita (2004) di Nick Cassavetes, L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007) di Andrew Dominik, Brothers (2009) di Jim Sheridan, Darling Companion (2012) di Lawrence Kasdan, Ithaca (2015) di Meg Ryan, In Dubious Battle - Il coraggio degli ultimi (2016) James Franco, Never Here (2017) di Camille Thorman.
Ha scritto e dirett Far North- Estremo Nord (1988) e Silent Tongue (1993).
Ha collaborato alle sceneggiature di Zabriskie Point (1970) di Michelangelo Antonini, Renaldo e Clara (1978) di Bob Dylan, Paris, Texas (1984) di Wim Wenders, Follia d’amore (1985) di Robert Altman, Inganni pericolosi (1998) di Matthew Warchus, See You in My Dreams (2004) di Graeme Clifford, Non bussare alla mia porta (2005) di Wim Wenders, ed altri film.
Nel 2016 il Saggiatore ha pubblicato il suo Motel Chronicles.
Il grande sogno di Sam Shepard, pubblicato da il Saggiatore (Milano) nella collana “La Cultura”, traduzione di Andrea Buzzi, è disponibile in libreria e online a partire da novembre 2017.
Alessandro Poggiani
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