“Il mistero dell’orto di Rocksburg” di K. C. Constantine

«Sotto la parvenza di misteri, Constantine scrive alcuni dei più riusciti romanzi apparsi sin d’ora della Regional Fiction americana» («The Washington Post»)
«Un quarto di secolo raccontato in oltre quindici brillanti romanzi, Constantine ci illumina sulla crisi economica che ha investito la Rust Belt. Una delle migliori crime series mai pubblicate» («Booklist»)
«Uno scrittore e cronista sociale superlativo. Nessuno dai tempi di John O’Hara ha dissezionato i dislivelli sociali e le differenze di classe con così tanta sensibilità e millimetrica precisione» («Los Angeles Time»)
«Lo stile di Constantine è insieme ruvido e denso di humour, con un orecchio al dialogo paragonabile a quello di George V. Higgins» («Times Literary Supplement»)
«[…] i personaggi schizzano sulla pagina, sono vitali, vividi, anche quando gli tocca una singola apparizione. Con poche frasi e tutti i dettagli al posto giusto, Constantine riesce a definire un’umanità dolente, […] segue Mario Balzic per raccontare la dissoluzione di un’intera civiltà, che al lavoro affidava la propria dignità non meno che ogni altra speranza […] quello che importa è la crudele trasformazione di una comunità costretta ad arrendersi e a ripiegarsi su se stessa. […] Succedeva già nel 1982, e guardate un po’ dove ci ha condotti quella lunga corsa nel vuoto». (Marco Denti, «Bookshighway»)
«Mi piace guadagnare soldi. Mi fa sentire bene andare in un negozietto a comprarmi un rossetto e non chiedere a Jimmy se posso averlo. Un maledetto rossetto! Mi credete? Non potevo comprarmi un accidenti di rossetto senza doverglielo chiedere e lui mi accompagnava in uno di quei posti che vendono tutto a poco e io sceglievo il rossetto e poi andavamo dalla cassiera e Jimmy le dava i soldi e lei lo ringraziava, e poi anch’io lo ringraziavo. E mi piaceva». «E invece adesso le piace fare come sta facendo, giusto?». «Sì, esatto! E Jimmy non fa che tenermi il broncio tutto il santo giorno ed e convinto che per me sia tutto favoloso, la vita che stiamo conducendo e il resto. Mi sto facendo in quattro! Ho trentasei anni e non ho mai avuto un lavoro da quando facevo l’impiegata a Natale in un grande magazzino negli ultimi due anni di liceo e adesso, all’improvviso, mi ritrovo con due lavori e vado all’università [...]» (K. C. Constantine, Il mistero dell’orto di Rocksburg, Carbonio Editore, Milano 2018)
La serie dell’ispettore Mario Balzic arriva finalmente in Italia.
A Rocksburg, gravitano uomini che, rimasti disoccupati a causa della crisi delle industrie, si rivelano del tutto incapaci di reinventarsi manifestando inattese vene di violenza verso le proprie donne. Donne che, dal canto loro, si sentono colpevolmente confuse perché stanno provando forse un po’ troppo gusto a emanciparsi attraverso il lavoro e lo studio. È in questa cittadina in profonda sofferenza economica della Pennsylvania che- nei mai menzionati anni Ottanta del Novecento - si registra la scomparsa, prima presunta poi effettiva, dell’ex minatore Jimmy Romanelli a seguito della denuncia da parte dell’angosciatissima moglie Frances. Prima di sparire, Jimmy si dilettava a piantare pomodori maturi in un orto contiguo a quello del suocero e aveva cominciato a frequentare un brutto giro, tanto che il suo nome era finito negli schedari dell’ufficio Antinarcotici del Dipartimento di Stato.
A mettersi sul caso, temporaneamente distolto da un’estenuante trattativa sindacale per migliorare le condizioni di servizio dei suoi agenti, è l’ispettore di origini italoserbe Mario Balzic, capo della polizia locale. L’indagine si rivelerà subito spinosa appesantita da un’atmosfera in cui dramma domestico e disagio sociale procedono paralleli.
Per mezzo di dialoghi portentosi, Constantine dà corpo ai suoi personaggi rendendoli straordinariamente vividi – ne vediamo le facce e indoviniamo la postura, ne avvertiamo idiosincrasie e sollievi. Sono tipi che sembra abbiano perso la scommessa con la vita ma che continuano a fare del loro meglio per non soccombere, anche a costo di errori ineluttabili di cui neppure si rendono conto. È fra loro e con loro che si muove Mario Balzic, poliziotto burbero, che pare sempre appena emerso dai postumi di una sbornia rivelatrice, capace, tuttavia, di far allentare la presa in chiunque incroci il suo cammino. Balzic sa comprendere e provare compassione perché non smette mai di sentirsi partecipe della stessa commedia umana vissuta dai poveri diavoli con cui ha a che fare.
Alla maestria nella caratterizzazione si affianca quella nella descrizione degli ambienti in primis dell’immaginaria Rocksburg, passata dall’essere un robusto centro industriale ad alto salario a una cittadina dall’economia di servizi poco redditizi, disertata dal ceto medio istruito. Gli abitanti - in prevalenza figli e nipoti di immigrati italiani e dell’Europa dell’Est che lavoravano negli altiforni ora chiusi, nelle fabbriche manifatturiere ora fallite e nelle fattorie ora in rovina - campano tra sussidi statali e previdenza sociale e assistono a tale trasformazione come intontiti. Vagamente consapevoli di ciò che accade ma non abbastanza forti per reagire. Un tempo cuore pulsante dell’industria a stelle a strisce, la cosiddetta "Rust Belt" (cintura della ruggine) - quell’immenso Nord Est statunitense che va dai monti Appalachi settentrionali ai Grandi Laghi -, a cui Rocksburg appartiene, sconta dalla metà del XX secolo, gli strascichi interminabili del declino della siderurgia dovuto all’affermazione della concorrenza straniera, al trasferimento più a Ovest delle manifatture, all’aumento dell’automazione. Constantine è magistrale nel mettere a nudo tutto questo. Non è un caso che il giudizio della critica statunitense - che ne ha seguito costantemente il lavoro - abbia collocato la sua Rocksburg nel solco di quei luoghi fittizi della letteratura talmente potenti da diventare più veri del vero.
Se Faulkner, come qualcuno ha affermato, attraverso la contea di Yoknapatawpha, ha fatto scoprire il Mississippi segregazionista, K.C. Constantine, attraverso la sua Rocksburg, fa conoscere i contraccolpi subiti da migliaia e migliaia di città e cittadine statunitensi a causa del travolgente processo di deindustrializzazione degli ultimi decenni e del sopravvento conseguente della globalizzazione. Il talento di Constantine sta nel fatto che egli è sia un grande scrittore sia un grande scrittore di genere, collocandosi tra Faulkner e Flannery O’Connor, da un lato, e Chandler e Spillane dall’altro. Il ciclo di inchieste del poliziotto Mario Balzic diventa il lungo affresco di un tracollo economico fattosi poi inevitabilmente sociale, fornendo in filigrana più di una risposta sui motivi che hanno portato alla casa Bianca il tycoon Donald Trump.
K. C. Constantine (McKees Rocks - Pennsylvania -, 1934) per circa quarant’anni ha rappresentato un enigma rivelando la sua identità - per la gioia delle sue legioni di fa - soltanto nel 2011: dietro il “nom de plume” di K.C. Constantine c’è Carl Constantine Kosak, ex marine, giocatore di football, cronista e docente di Scrittura creativa e composizione. Personalità estremamente schiva (al limite dell’autoreclusione) ed allergica alla malìa di successo, negli anni Ottanta, rifiutò di cedere i diritti delle inchieste dell’ispettore Balzic agli stessi produttori de Il Tenente Colombo. La serie delle inchieste dell’ispettore Balzic è formata da diciassette romanzi scritti nei trent’anni compresi fra il 1972 ed il 2002.
The Man Who Liked Slow Tomatoes (Il mistero dell'orto di Rocksburg) di K. C. Constantine, pubblicato da Carbonio Editore (Milano) nella collana "Cielo stellato", traduzione di Nicola Manuppelli, è disponibile in libreria e online da giugno 2018.
Alessandro Poggiani
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