“L’altro Risorgimento” di Carlo Pisacane

«È un destino amaro quello del Risorgimento. Da sempre accusato di essere “troppo” o “troppo poco”, di essere minoritario da una parte o di aver dimenticato la “questione sociale” dall’altra, si ritrova oggi stretti in una morsa terribile. Da una parte vilipeso da ogni forza che trae alimento (al Nord come al Sud) dallo sgretolamento del paese, dalla crisi dello Stato, dal collasso di ogni parvenza di interesse generale, calunniato da tutte le reazioni possibili e immaginabili (papaline, borboniche, persino asburgiche…). Dall’altro difeso con armi spuntate, quali la difesa del tricolore e dei Savoia, di Cavour e dei Bersaglieri… una retorica da guerra’15-’18 che allontana anziché avvicinare. […] Eppure se c’è qualcosa di interessante (storicamente, politicamente e culturalmente) nell’Ottocento italiano, a parte il travagliato e in alcuni casi tragicomico processo unitario, è il confronto serrato, acceso, spesso virulento tra moderati e democratici, tra savoiardi e repubblicani. È il vedere come questo attrito abbia sprigionato acute riflessioni, balzi in avanti, e un intreccio tra pensiero e azione spesso lungimirante. Il Risorgimento oggi è quasi del tutto dimenticato. Ma c’è un Risorgimento ancora più oscurato. Non quello delle corti, delle annessioni, delle trame diplomatiche e del continuismo cavouriano, ma quello di un’intera generazione che si abbeverò all’idea di rivoluzione e di insurrezione, e che bruciò i propri anni migliori sull’altare di un desiderio di liberazione che dovesse essere innanzitutto auto-liberazione. Sorgere dal basso, coinvolgere le masse, salire sulle barricate, spazzare via il vecchio, scrivere nuove costituzioni, allargare spazi di giustizia… Un Risorgimento rivoluzionario che è stato faro in Europa e che ha posto al centro della propria azione un’idea che avrebbe avuto lungo corso nel secolo successivo, in tutte le lotte anti-colonialiste: non c’è libertà senza indipendenza; e non c’è indipendenza senza un sufficiente grado di autonomia che può essere raggiunto solo nel superamento della frantumazione territoriale. Una penisola ridotta in granelli di sabbia non può non essere soggetta a quei venti esterni che spireranno più forti». (Alessandro Leogrande, L’Italia di Mazzini, Nievo e Pisacane in Carlo Pisacane, L’altro Risorgimento, edizioni dell’asino, Roma 2017).
A centosessant’anni dalla spedizione di Sapri, Carlo Pisacane incarna uno fra i maggiori esempi del cosiddetto “altro Risorgimento”, ovvero di quel Risorgimento che ha interpretato la necessità di una profonda rivoluzione dell’Italia e si è andato a fondere con le origini del socialismo. Nello stesso tempo la sua biografia rappresenta un raro caso di coincidenza fra pensiero ed azione, fra dimensione pubblica e dimensione privata, fra impegno intellettuale ed impegno politico, a cominciare dai suoi scritti (Guerra combattuta in Italia negli anni 1848-49 e Sulla rivoluzione). Tutto ciò, anche a molti decenni di distanza, non poteva non sollecitare storici, intellettuali e militanti come Nello Rosselli, il quale, sulla vita di Carlo Pisacane, ha scritto il saggio più completo.
Carlo Pisacane (Napoli, 1818 - Sanza, 1857), assieme a Giuseppe Mazzini, Goffredo Mameli e Giuseppe Garibaldi, partecipò attivamente all’impresa della Repubblica Romana, ma è passato alla Storia per aver guidato il fallimentare tentativo di rivolta nel Regno delle due Sicilie, che cominciò con lo sbarco a Sapri (SA) e verrà represso nel sangue a Sanza (SA).
L’altro Risorgimento di Carlo Pisacane, pubblicato da edizioni dell’asino (Roma), a cura di Alessandro Leogrande (autore anche del saggio L’Italia di Mazzini, Nievo e Pisacane) con uno scritto di Nello Rosselli, e La spigolatrice di Sapri di Luigi Mercantini, è disponibile in libreria e online da giugno 2017.
Alessandro Poggiani
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