La tuffatrice di Julia von Lucadou

«“Quello che fanno è indicarci la versione migliore di noi stessi, tutto qua”, dissi. “Ne sei sicura?”» (Julia von Lucadou, La tuffatrice, Carbonio, Milano 2020)
«Più inquietante e più radicale di Matrix e 1984, la metropoli del futuro descritta dalla Lucadou è difficile da localizzare ma è pericolosamente vicina» («Frankfurter Allgemeine Zeitung); «Un debutto inquietante e profetico» («Berliner Zeitung»); «Questo romanzo è così vicino a noi perché ci dice non solo dove potremmo andare a finire con la completa automazione ma anche a che punto dell’evoluzione siamo» («Neue Zürcher Zeitung»); «Michel Foucault avrebbe letto questo libro con entusiasmo […] La fredda prosa di Julia von Lucadou ci introduce in un mondo da incubo. Difficile credere che sia il suo romanzo d’esordio» («Falter»); «La tuffatrice è una distopia del possibile, dei device tecnologici e delle memorie digitali, della ghettizzazione periferica e del trionfo del capitalismo verticalizzato. Una lettura obbligatoria per comprendere il presente» («Nerdcore»); «La penna di Lucadou è seducente, incalzante, riflessiva; il linguaggio, moderno e cinematografico, mescola primi piani veloci ma intensi, con fotografie e istantanee, flashback suggestivi e uno slang facilmente individuabile. […] un romanzo che coniuga distopia ed esplorazione intimistica, tecnologia e mindfulness» («Vivianasbooks»)
In un tempo indistinto, ma verosimilmente a noi prossimo, in una megalopoli asettica quanto efficiente, Riva Karnovsky, stessa del “base jumping”, smette all’improvviso di allenarsi. Nessuno la vedrà più compiere mirabolanti tuffi dai grattacieli. L’inspiegabile ritiro di tale fuoriclasse da milioni di followers provoca sconcerto fra gli sponsor, gli agenti, i numerosi fans. Ora Riva trascorre le giornate seduta sul pavimento del suo lussuoso attico, muta, restia a qualunque contatto umano.
La tuffatrice segna un possente ingresso nella letteratura per Julia von Lucadou. In un romanzo che è thriller psicologico e nello stesso tempo indagine sociologica, la scrittrice tedesca ricrea perfettamente un mondo tecnologicamente avanzatissimo, dominato dall’autoottimizzazione compulsiva, dove ogni attività umana viene costantemente controllata ed il concetto di privacy non esiste, lo stato psicofisico è monitorato da un dispositivo applicato al braccio, le relazioni personali sono gestite da un’apposita app. Le autorità impongono esercizi di fitness e mindfulness, qualunque devianza si risolve con corsi di felicità e resilienza. Vigono protocolli verbali per ogni tipo di conversazione e qualunque genere di reazione emotiva è stigmatizzato. Tutte le energie sociali sono finalizzate al compimento ed al mantenimento della performance: qualunque deroga è una minaccia, un’estrosità inaccettabile e insensata, da far rientrare il prima possibile nel paradigma efficientista, pena la povertà e l’emarginazione.
È in questa dittatura del controllo che Julia von Lucadou colloca le due protagoniste di La tuffatrice: Riva, l’atleta che ai vertici del successo molla tutto improvvisamente per riprendere in mano la sua vita; e Hitomi Yoshida, psicologa del lavoro impegnata in una dura scalata sociale, oppressa dalla paura di fallire e di perdere i privilegi ottenuti. A Hitomi è stato affidato il compito di osservare Riva, attraverso un sistema di telecamere nascoste in ogni angolo della casa ed attive senza interruzione, per comprendere il motivo della sua apatia e individuare qualunque spia, indizio, sollecitazione, utile a convincerla a ritornare sotto le luci dei riflettori. Eppure, con il trascorrer dei minuti, delle ore e dei giorni, mentre il tempo si accorcia e la realtà sembra dilatarsi, comincia un gioco di specchi in cui l’invisibile osservatrice finirà per trovarsi di fronte a se stessa.
Con uno stile asciutto ed abrasivo, dialoghi scarni come una riga di codice, anglicismi asettici in linea con la glacialità delle situazioni descritte, Julia von Lucadou intercetta lo spirito del tempo e, attraverso una “distopia preterintenzionale”, svela argutamente ciò che, in fin dei conti, è già di fronte ai nostri occhi.
Il mondo di La tuffatrice è così lontano dal nostro? Mentre la sua performance al servizio di un sistema iniquo senza possibili alternative non è forse una già consolidata realtà? Quanto la nostra desiderabilità sociale dipende dalla nostra capacità di adattamento? Quanta parte di umanità stiamo già cedendo all’interno di una società dominata da una crescente sofisticazione digitale dei mezzi di controllo? In un mondo claustrofobico come questo, il tuffo nell’aria di Riva è davvero uno spiraglio di libertà o solo un conforto illusorio? Quella danza spettacolare fra vita e morte in cui ogni volta, calibrando superbamente agilità e disciplina, galvanizzava le folle adoranti.
Sulla scia di Yevgeny Zamyatin, George Orwell, Ursula le Guin e Margaret Atwood, a fianco di Dave Eggers, Kazuo Ishiguro, Naomi Alderman, passando per Metropolis e Black Mirror, Julia von Lucadou consegna al lettore un romanzo che incide le coscienze, smascherando le falle di un sistema in cui ci sentiamo meno liberi di quanto non credessimo.
In epoche di emergenza sanitaria mondiale, La tuffatrice si trasforma in un testo inquietamente attuale, emblematico di come il controllo sociale possa divenire realtà globalizzata e pervasiva dall’oggi al domani a causa di eventi imponderabili; emblematico di come l’uomo sia costretto a barcamenarsi in un delicatissimo equilibrio fra massiccia eterodirezione ed istinto di libertà
La tuffatrice di Julia von Lucadou, traduzione di Angela Ricci, pubblicato da Carbonio (Milano) nella collana “Cielo stellato” e disponibile in e-book, sarà in libreria dal 14 maggio 2020.