La via perfetta di Daniele Nardi al Nuovo Teatro Orione

«Un alpinista è un esploratore, non resiste a una via di cui si è innamorato, non può sottrarsi al desiderio di tentarla. Perché la visione iniziale è diventata un’idea, e l’idea un progetto a cui pensa tutti i giorni e a cui dedica le sue energie migliori» (Daniele Nardi)
«Se non dovessi tornare dalla spedizione desidero che Alessandra continui a scrivere questo libro, perché voglio che il mondo conosca la mia storia» (D. Nardi)
«Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice» (Albert Camus); «Mi nacque un’ossessione. E l’ossessione diventò poesia» (Alda Merini); «La vita si rimpicciolisce e si ingrandisce in proporzione al proprio coraggio» (Anaïs Nin); «Sono cambiato io, e non il Vuoto, ho fatto tutto questo e sono andato e venuto e mi sono lamentato e ferito e ho gioito e urlato» (Jack Kerouac); «Conosciamo noi stessi solo fin dove siamo stati messi alla prova. Ve lo dico dal mio cuore sconosciuto» (Wislawa Szymborska); «Prima di essere schiuma saremo indomabili onde» (Cesare Pavese)
«Daniele Nardi è ancora un bambino quando decide che da grande diventerà un alpinista. Ma non uno qualunque. Lui vuole diventare il migliore. “Farò qualcosa che nessuno ha mai fatto prima”. Daniele è nato a Sezze, in provincia di Latina. Una zona più famosa per il calcio che non per gli alpinisti e le distese di neve. Ma insegue la sua vocazione con una ostinazione che sfiora quasi l’ossessione. La prima montagna che deve superare è quella del pregiudizio. Un’alpinista che viene dal Lazio, dal basso Lazio, non è considerato affidabile, e trovare un compagno di cordata è più difficile che arrampicarsi sulle rocce. Così lui decide che, se nessuno andrà con lui, sarà lui a scalare da solo le montagne, senza maestri e senza compagni di viaggio. Naturalmente è una pazzia. Solo che lui non lo sa. E mentre il mondo intero lo invita a lasciar perdere, Daniele raggiunge le vette di cinque degli ottomila. Ma nemmeno così riesce a guadagnarsi il rispetto nel circuito dei professionisti, dove, con un filo di ironia e, se vogliamo, di perfidia, lo chiamano “Romoletto” o “Romolé”, come si dice con i romani. “Romolé” è più forte di questi piccoli veleni e diventa il primo alpinista nato sotto il Po a scalare l’Everest e il K2. Però non gli basta, ha un’ossessione. Il suo obiettivo è in Nanga Parbat, che tutti chiamano “la montagna assassina”. Lui non solo vuole conquistarla, m vuole farlo seguendo la “via perfetta”, che è il percorso più diretto ed elegante, ma anche il più terribilmente pericoloso. E vuole farlo anche in inverno, quando nessuno ancora ci è riuscito, perché vuole entrare nel mito. Fallisce quattro volte, ma, prima di partire per il quinto tentativo, chiama la sua amica Alessandra Carati, giornalista e scrittrice, e le dice: “Se io non dovessi tornare indietro, scrivila tu la mia storia”. Daniele non torna indietro. Muore sul Nanga Parbat nel marzo 2019 e Alessandra scrive questo libro. Quando gli chiedevano come avrebbe voluto essere ricordato, Daniele rispondeva: “Voglio che mi ricordiate come un ragazzo che ha provato a fare una cosa impossibile e non si è arreso”» (Massimo Gramellini, nella bellissima dedica a Daniele Nardi, in apertura della novantottesima puntata di Le parole della settimana, 26 gennaio 2020)
L’avventura di un uomo che, partendo dalla provincia di Latina, fra difficoltà e pregiudizi, ha lasciato la sua firma nel mondo dell’alpinismo estremo. Sulla Terra ci sono quattordici montagne che superano gli ottomila metri: il Nanga Parbat è una fra queste. La nona in ordine di altezza e una fra le più difficili; in particolare se la si affronta dallo sperone Mummery, che nessuno è mai riuscito a scalare. Nei suoi cinque tentativi di conquistare la vetta in invernale, Daniele Nardi lo ha provato quattro volte. Quel «dito di roccia e ghiaccio che punta dritto alla vetta» aveva catturato la sua immaginazione. Un percorso così elegante da sembrar perfetto. L’impresa di Nardi e di Tom Ballard, suo compagno di cordata, si è interrotta ad un passo dalla conclusione, ma Daniele, come ogni alpinista avrebbe fatto, aveva messo in conto che ciò potesse avvenire, e si era rivolto ad Alessandra Carati. Hanno lavorato insieme per quasi un anno. Alessandra lo ha seguito al campo base del Nanga Parbat e, dopo essere rientrata in Italia, è rimasta in contatto con lui fino all’ultimo giorno. Nella posta elettronica aveva un’email che era un impegno: terminare il racconto che Daniele aveva cominciato.
Daniele Nardi (Sezze - LT -, 24 giugno 1976 - Nanga Parbat, marzo 2019) è stato il primo alpinista nato più a Sud del Po ad aver scalato l’Everest ed il K2, le due vette più alte al mondo. Fra le sue ascensioni più importanti ricordiamo il Broad Peak (8047 m.), il Nanga Parbat (8125 m.), la cima Middle dello Shisha Pangma (8027 m.). A partire Dal 2009 comincia un nuovo ciclo di spedizioni, in cui affrontava montagne più basse ma tecnicamente più difficili. Nel 2011 apre una via nuova sul Bhagirathi III (6454 m.) in stile alpino, che gli vale il Premio “Paolo Consiglio”, il massimo riconoscimento alpinistico italiano. Ha partecipato a numerose spedizioni scientifiche e ricevuto vari riconoscimenti internazionali. Come ambasciatore per i diritti umani nel mondo, ha sostenuto progetti di solidarietà in Nepal ed in Pakistan.
«Ecco soprattutto ciò che intendo per avventura, nell’accezione più vasta e coinvolgente del termine. Scoprire se stessi è indubbiamente la più stimolante delle avventure, ma lo è ancor più se questa ricerca ha per sfondo la grande natura intatta, rimasta ancora fuori dalla portata di chi troppo spesso non sa, o non vuole, coglierne la preziosità. La natura è vita ed è la nostra stessa salvezza, non soltanto fisica» (Walter Bonatti)
La via perfetta. Nanga Parbat: sperone Mummery di Daniele Nardi, pubblicato da Einaudi (Torino) nella collana “Stile libero extra” e disponibile in libreria e online da novembre 2019, sarà presentato (ad ingresso libero) al Nuovo Teatro Orione martedì 25 febbraio 2020.
Alessandro Poggiani
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