La voce proibita, il libro inchiesta di Elvis Dona sulla questione albanese

La ricerca rigorosa dell’autore restituisce al lettore/lettrice un libro splendidamente documentato, denso di avvenimenti e di dolore, realizzato con il preciso obiettivo di far chiarezza su un periodo storico soggetto, come sovente capita, al vento del negazionismo. E se negare ciò che è accaduto è un cancro che tenta di uccidere la libertà, allora il libro di Elvis Dona è senza dubbio una cura.
Ciò che rende il libro di E. Dona vincente è la presenza di numerose interviste, le quali regalano uno spessore umano ad un lavoro svolto con la minuzia del caso. Le interviste che pagina dopo pagina si avvicendano danno voce a chi ha vissuto in maniera diretta le tragedie di quegli anni, a chi ha visto la morte passargli accanto, a chi ha visto uccidere uomini e donne per un capriccio. I dialoghi con questi uomini sono rapidi ed emozionanti; se taluno viene tradito dall’emozione, qualcun altro è deciso nel condannare uno Stato incapace di proteggere i deboli.
Una fra le storie più emozionanti è senz’altro quella di Don Gjergj Simoni, la cui unica colpa è quella di aver scritto poesie. La poesia diviene quindi la causa scatenante della sua detenzione. I suoi scritti, per paura, verranno sotterrati da lui stesso in giardino, all’interno di barattoli di vetro. È un’immagine forte, che Dona regala ai suoi lettori nella pienezza concreta di un’intimità violata.
Il lavoro nel campo di Spac è raccontato in maniera efficace. Nel libro, infatti, ben si evincono le condizioni di lavoro pessime in cui versavano i detenuti. Se in un primo momento il campo di Spac era destinato a uomini liberi pronti al lavoro, successivamente, esso diviene un vero e proprio campo di lavoro, simile a quelli di concentramento tedeschi. Il lavoro raccontato dallo scrittore non è dignitoso e non nobilita l’uomo, bensì, al contrario, lo schernisce e lo mette in pericolo, a tratti sembra svuotarlo da dentro. I tempi di lavoro erano dilatati e spietati; taluni a volte vi trovavano persino la morte. La vita di campo raccontata da Dona non esclude dettagli mortificanti: chi veniva aiutato dalle proprie famiglie con consegne esterne aveva maggiore possibilità di sopravvivere, gli altri andavano incontro ad una morte quasi certa. Il cibo scarseggiava, le camerate erano molto affollate. Il lettore/lettrice sembra come esser trasportato/trasportata in maniera fisica in quei luoghi pregni di morte e miseria. Perfino i legami familiari e d’amicizia sembrano venir meno se il premio è la libertà o la vita.
Nel suo testo non solo testimonianze emozionanti di vita vera, ma anche l’identikit di personaggi controversi, come quello di Enver Hoxha (1908-1985), il premier albanese di quegli anni. Dal suo potere derivano grandi privazioni come la condanna al burocratismo, il decurtamento degli stipendi, l’obbligo del lavoro dei campi da parte degli studenti, e molto altro.
Un testo d’inchiesta, quindi, il libro di Elvis Dona, il quale non intende innescare alcun risentimento, ma, al contrario, disarcionarlo, e al tempo stesso raccontare una storia vera, in cui un popolo intero ha vissuto in silenzio un periodo complesso e mortificante. Un libro coinvolgente, in grado di inglobare le voci di chi si è salvato, e le figure controverse dei personaggi di quegli anni, per cui è impossibile provare alcun tipo di pietà.
La voce proibita. Testimonianze dal carcere Spaç durante il regime comunista in Albania di Elvis Dona - genere: libro d’inchiesta; pp. 130 -, pubblicato da Jolly Roger, è disponibile in libreria e online da marzo 2023.
https://www.amazon.it/proibita-Testimonianze-comunista-Albania-segnalibro/dp/8831938770
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Alessandro Poggiani
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