Un anno senza Quino, il papà di Mafalda bambina ribelle e giusta

Un anno senza Quino, il papà di Mafalda bambina ribelle e giusta
«Quello che è triste per il mondo è che man mano che crescono perdono l’uso della ragione e, diventati adulti miserevoli, non affogano in un bicchier d’acqua, ma in un piatto di minestra» (Gabriel García Márquez)

Nel primo anniversario della morte di Quino, avvenuta il 30 settembre 2020, un ricordo doveroso va al grande fumettista argentino, universalmente noto come il papà di Mafalda.

Considerato l’umorista in lingua spagnola più tradotto al mondo, Quino, il cui vero nome è Joaquín Salvador Lavado Tejón, nasce a Mendoza nel 1932 da genitori andalusi emigrati in Argentina. Scopre la vocazione artistica per mano di suo zio Joaquín Tejón, pittore e grafico, e all’età di tredici anni inizia il suo percorso di formazione artistica alla “Scuola di Belle Arti” nella sua città natale che lascia qualche anno dopo per dedicarsi al fumetto e all’umorismo.

La sua fama è legata principalmente alla creazione dell'amatissimo personaggio di Mafalda, che ideò nel 1963, ma anche alle sue strisce mute contro costumi e vizi della società contemporanea.

Per il nome di Mafalda Quino si ispira a una bambina del romanzo argentino Dar la cara, di David Viñas ma il personaggio nasce da una campagna pubblicitaria commissionata da un’azienda di elettrodomestici in cerca di una mascotte per la nuova linea di lavatrici Mansfield. Il committente non apprezza il fumetto che rimane nel cassetto fino al 29 settembre del 1964, data in cui la prima vignetta della bambina geniale e ribelle viene pubblicata sul settimanale «Primera Plana» per poi passare, l’anno successivo, al quotidiano «El Mundo».

La striscia inizia con una domanda della protagonista a suo padre:
«Tu sei un buon padre?», chiede.
«Ma… credo di sì»
«Ma sei il papà più più più buono di tutti i papà del mondo?»
«Beh… non saprei. Forse c’è qualche papà più buono»
Al che, Mafalda, va via arrabbiata e borbotta: «Mi pareva».

Le storie di Mafalda, intelligente, ironica, anticonformista, preoccupata per la pace e i diritti umani, sono state tradotte in quindici lingue e sono state stampate su giornali e riviste di tutto il mondo.

La striscia è stata vista anche come un omaggio alla popolare Nancy di Ernie Bushmiller, ma il riferimento principale di Quino sono sicuramente i Peanuts di Charles Schulz. Diversamente dal mondo disincantato e infantile di Charlie Brown e i suoi amici, però, quello di Mafalda è uno scenario fortemente contestualizzato e privo di ingenuità, in cui tutto si carica di un nuovo significato: la minestra, che è costretta a ingerire tutte le sere, diventa il simbolo dell’oppressione, il mappamondo un amico di cui prendersi cura. A differenza dei Peanuts, gli adulti ci sono, ma non sono mai all’altezza di Mafalda.

Mafalda è una bambina di sei anni che ascolta i Beatles e si occupa di grandi avvenimenti: dalla guerra del Vietnam alla fame, dal razzismo alla questione femminista. Nel suo mondo ci sono il papà impiegato, la mamma casalinga e una serie di amichetti storici: il romantico Felipe (che è la caricatura di un amico di Quino, il poeta Jorge Timossi), la borghese Susanita, il capitalista Manolito. A questi si sono poi aggiunti Guille (Nando per gli italiani) il fratellino di Mafalda, per il quale Quino si è ispirato a un nipotino diventato flautista, il fantasioso Miguelito e la minuscola Libertad, disegnata piccolissima «perché la libertà in Argentina è sempre stata poca».

Grazie alla sua dialettica coraggiosa, unita a toni fortemente critici, diviene una vera e propria paladina dei diritti umani: dice sempre quello che pensa, urla, contesta, chiede spiegazioni senza scendere a compromessi con il mondo degli adulti.

Mafalda appare in Italia per la prima volta nel 1968 in una antologia edita da Feltrinelli. Nel 1969 esce invece la prima raccolta intitolata Mafalda la Contestataria, pubblicata da Bompiani e con una prefazione firmata da Umberto Eco, che scriverà: «Mafalda è un’eroina arrabbiata che rifiuta il mondo così com’è». Paragonandola ai Peanuts di Charles M. Schultz, prosegue: «La marcata separazione del mondo infantile di Mafalda e dei suoi compagni da quello degli adulti dimostra la sua volontà di non integrarsi in esso, al contrario dei Peanuts, che sono quasi “adulti in miniatura”».

Nel 1973 Quino decide di non disegnare più Mafalda per dedicarsi a vignette di tipo politico. «Ero stanco di continuare a ripetere che il mondo funziona male, che ci sono le guerre e la povertà. Niente è cambiato da allora e questa è una tristezza infinita», dichiarerà in una intervista.

Nel ’76, a seguito del colpo di Stato in Argentina, il disegnatore si trasferisce prima a Milano poi a Parigi e nel 1990 ottiene la nazionalità spagnola (a Oviedo c’è una statua di Mafalda omaggio al disegnatore), prima di rientrare in patria con la moglie Alicia. Su quel periodo oscuro dell'Argentina non nascose mai le sue idee: «Se Mafalda fosse vissuta durante gli anni della dittatura militare sarebbe forse stata una ‘desaparecida’ in più».

Pur avendo smesso di disegnare Mafalda, Quino accetterà di rimettere mano al suo storico personaggio per le campagne di beneficenza lanciate dall'’Unicef o dal governo del suo Paese. Lo fa anche dopo il fallito colpo di stato del 1987 contro il presidente Raúl Alfonsín, quando le farà dire: «Sì alla democrazia! Sì alla giustizia! Sì alla libertà! Sì alla libertà! Tutta la vita!».

Come lui stesso ha dichiarato, le sue vignette riguardavano «il rapporto tra i deboli e i potenti». «Questo mi ha sempre perseguitato. Quella sensazione di impotenza che i poveri hanno di fronte ai ricchi». «Non lo so, a volte penso che dovrei smettere di disegnare per un po', per non vivere l'angoscia o la paura di ripetermi. Ma quando penso che aprirò il giornale e non ci saranno i miei disegni, provo più angoscia e continuo a disegnare».

Quino è stato insignito del Premio Principe delle Asturie 2014 per la Comunicazione e le Discipline umanistiche per «l'enorme valore educativo» e la ֿ«dimensione universale» del suo lavoro e per i personaggi che «trascendono ogni geografia, età e condizione sociale».

Mafalda rimane tra i protagonisti della storia dell’arte fumettistica mondiale. I temi affrontati in poco più di dieci anni spaziano dai diritti delle donne e delle minoranze alle questioni sociali ed economiche viste dai più deboli, dalle guerre all’inquinamento, dalla libertà alla violenza dello stato. Le domande che in ogni striscia Mafalda pone ai suoi genitori, o all’adulto di turno, e che spesso non ricevono risposta, sono cariche di realismo e di sincero rammarico e mostrano le contraddizioni e le difficoltà del mondo malato nel quale Mafalda rifiuta di integrarsi.

Un omaggio a Quino, quindi, e alla sua creatura più riuscita, che sogna di crescere in un mondo migliore e che ci invita a non rimanere spettatori passivi ma a mostrare con coraggio un pensiero critico e responsabile sulla vita per sfuggire alla mediocrità.