Un libro da non dimenticare: Cosa nostra spiegata ai ragazzi di Paolo Borsellino

«In un tempio della cultura qual è la scuola, non si può non parlare di quella che io chiamo la cultura della legalità, una cosa che probabilmente a scuola si insegna molto poco» (Paolo Borsellino)
«Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo» (P. Borsellino)
È il 1989. La seconda guerra di mafia ha insanguinato la Sicilia ed imposto sull’isola la dittatura armata dei corleonesi di Totò Riina, ma non è ancora giunto il momento dell’attacco al cuore dello Stato. Nonostante questo, il giudice Paolo Borsellino, di fronte agli studenti di un liceo di Bassano del Grappa (VI) racconta una storia che oggi, oltre trent’anni dopo, sorprende - ed impressiona - ancora per la sua triste attualità.
Con un linguaggio chiaro, diretto ed efficace, in Cosa nostra spiegata ai ragazzi il magistrato disegna un quadro inquietante, fatto di omicidi, rapimenti ed estorsioni.
E lo fa di fronte a ragazzi del Nord Italia, una realtà apparentemente lontana da tali scenari (ma solo apparentemente. Da non dimenticare, ad esempio, il fatto che il magistrato piemontese Bruno Caccia - 1917-1983 - fu assassinato a Torino nel 1983 perché stava indagando sui traffici della ‘ndrangheta in Piemonte).
Tuttavia, i tentacoli della “piovra” sono lunghi e Borsellino lo sa molto bene. E con tale discorso cerca di mettere in guardia il giovane pubblico affinché impari a riconoscere la mafia in tutte le sue manifestazioni, dalle più eclatanti a quelle più nascoste (e, per questo, insidiose).
Un documento fondamentale che ancora oggi suona drammaticamente come monito, troppe volte rimasto inascoltato.
Paolo Borsellino (1940-1992), come è tristemente noto, verrà assassinato circa tre anni dopo, il 19 luglio 1992, in via D’Amelio a Palermo, insieme ai cinque agenti della sua scorta (Agostino Catalano, Emanuela Loi - prima donna in Italia a far parte di una scorta, nonché prima donna della Polizia a cadere in servizio - Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina) cinquantasette giorni dopo l’assassinio del suo amico e collega Giovanni Falcone (1939-1992), ucciso a Capaci il 23 maggio 1992 insieme a sua moglie (il magistrato Francesca Morvillo - 1945-1992) ed ai tre agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicilio e Vito Schifani.
La sua vita professionale di lotta alla mafia è stata la dimostrazione pratica della celeberrima frase di G. Falcone, secondo la quale «Gli uomini passano, le idee restano. Restano le tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini».
Alessandro Poggiani
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