Un libro da non dimenticare: “Il testimone” di Mario Almerighi

«Non ho paura della cattiveria dei malvagi, ma del silenzio degli onesti» (Martin Luther King)
«Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano per più anni e sono ancora più bravi. Però ci sono quelli che lottano tutta la vita. Essi sono gli indispensabili» (Bertolt Brecht, Vita di Galileo)
Mario Almerighi, giudice in prima linea nella lotta alla mafia e agli apparati corrotti dello Stato, ripercorre quarant’anni di storia italiana, fra delitti dimenticati e politici mai puniti. Una storia che comincia in Sicilia alla fine degli anni Settanta, quando il magistrato Giangiacomo Ciaccio Montalto (1941-1983) avvia un’inchiesta su uno fra i clan mafiosi più attivi della zona. Ben presto Montalto si ritrova solo nelle indagini ed accerchiato dalle minacce, e, nel gennaio 1983, viene assassinato da un commando di sicari.
Da questo omicidio di un servitore dello Stato che lo Stato medesimo non ha saputo (o non ha voluto) proteggere, parte una scia di sangue e di malaffare in cui l’intreccio fra politica, corruzione e criminalità organizzata diventa una drammatica realtà: la lotta fra le procure, il ruolo del giudice Carnevale (il famigerato “ammazzasentenze”), le connessioni del potere siciliano con il governo Andreotti. In risposta alla stagione degli omicidi eccellenti di mafia (Pier Santi Mattarella - gennaio 1980 -, Pio La Torre - aprile 1982 -, Carlo Alberto Dalla Chiesa - settembre 1982 - fino all’emissario di Andreotti a Palermo, ovverosia Salvo Lima - marzo 1992), l’antimafia serra i ranghi. Sono gli anni del maxiprocesso di Giovanni Falcone (1939-1992) e Paolo Borsellino (1940-1992), i quali, come è tristemente noto, verranno anche loro assassinati (rispettivamente nel maggio e nel luglio 1992). I patti saltano uno ad uno, lo Stato forse si compromette oltre ogni misura. Mario Almerighi di quei fatti è stato protagonista, un testimone che nel libro racconta, per la prima volta, la sua versione.
Mario Almerighi (1939 - 2017), nato a Cagliari, entra in magistratura nel 1970. Componente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 1976 al 1981, è stato giudice istruttore a Roma dal 1983 al 1989, in seguito presidente di sezione del tribunale penale e presidente della quarta Corte d’Assise. È stato presidente dell’Associazione nazionale magistrati nel 1998, presidente del tribunale di Civitavecchia dal 2007 al 2012, presidente dell’Associazione “Sandro Pertini Presidente” e fondatore di “Isonomia”. Nel 1974, da giovane pretore, portò alla luce lo scandalo dei petroli, definito come “la prima Tangentopoli”. Ha indagato sulla morte di Roberto Calvi, rifiutando l’ipotesi del suicidio del banchiere, e sul sequestro Soffiantini, in cui perse la vita - in circostanze mai chiarite - l’ispettore di polizia Samuele Donatoni. Fra i fondatori (insieme a Giovanni Falcone) del Movimento per la giustizia, ha condotto alcune fra le più importanti inchieste sul rapporto fra mafia e politica.
Fra i suoi libri ricordiamo I banchieri di Dio. Il caso Calvi (Editori Riuniti, 2002), Petrolio e politica. Il padre di tutti gli scandali raccontato dal magistrato che lo scoprì, (Editori Riuniti, 2006), Tre suicidi eccellenti. Cagliari, Castellari, Gardini (2009; ripubblicato nel 2011 da Università La Sapienza), Mistero di stato. La strana morte dell’ispettore Donatoni (Aliberti, 2010), Criminalità senza confini. Dal Medio Oriente all’America (Aracne 2013), con cui ha vinto il premio letterario Ri.P.Di.Co. - “scrittori della Giustizia”, La borsa di Calvi (2015; ripubblicato nel 2018 da Chiarelettere). Ha curato la raccolta degli scritti di Sandro Pertini, La politica delle mani pulite (Chiarelettere, 2012).
Il testimone. Memorie di un magistrato in prima linea di Mario Almerighi, pubblicato da La nave di Teseo (Milano) nella collana “le Onde”, è disponibile in libreria e online da maggio 2017.
Alessandro Poggiani
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